Wish o del perché la Disney continua a farci sognare
'Wish' è finalmente arrivato al cinema: dopo avervene parlato nella recensione, ecco una lista di motivi per cui non dovreste perderlo.
di Erika Pomella / 27.12.2023
Il 21 dicembre è arrivato al cinema Wish, il nuovo lungometraggio di casa Disney (qui la nostra recensione) che punta a portare le famiglie in sala durante le festività natalizie. Ma il nuovo film d’animazione porta sulle spalle un peso maggiore rispetto a quello dei ”semplici” incassi. Wish infatti è la storia che è stata scelta per celebrare il centesimo anniversario della Disney e, in qualche modo, se ne fa manifesto. Ecco allora che la storia di un regno incantato di nome Rosas diventa la metafora di quel regno magico che tutti gli spettatori hanno attraversato almeno una volta nella vita e che ha finito col diventare una corrente culturale che non si ferma e, probabilmente, non si fermerà mai. A ben guardare, quindi, Wish è un film sulla Disney, su quello che questa fabbrica dei sogni ha fatto sin dalla sua fondazione: convincerci che possiamo continuare a sognare anche quando siamo con gli occhi spalancati o quando l’orizzonte si fa così nero che non ci permette di guardare ‘‘più in là del nostro naso.”
L’importanza della stella dei desideri
Ed è di sogni e speranza che parla Wish, diventando però quasi una sorta di prequel dei Disney Studios, raccontando la nascita di quella stella dei desideri che ha guidato moltissimi personaggi. Dal più canonico Pinocchio a cui si deve il brano When you wish upon a star – diventato poi il theme di tutte le produzioni Disney – fino al sottovalutato Il pianeta del tesoro e al brano Ci sono anche io, dove la voce di Max Pezzali canta: ”E so che non è una fantasia, non è stata una follia, quella stella la vedi anche tu.” Da decenni, ormai, i personaggi della Disney alzano lo sguardo verso un cielo pieno di stelle e ad esso affidano i propri desideri, i propri dubbi, il proprio bisogno di credere che ci sia davvero qualcosa di magico che ci attende oltre la linea dell’orizzonte. Simba e Mufasa guardano al cielo cercando l’eredità dei re del passato. Tiana de La principessa e il rinocchio prega le stelle affinché esaudiscano il suo desiderio di aprire un ristorante e far rivivere il ricordo del padre. E di certo non serve ricordare a nessuno le indicazioni necessarie a raggiungere la magica Isola che non c’è. Wish racchiude tutte queste storie e queste emozioni che ci hanno accompagnato nel corso della vita e in qualche modo le reinventa, inserendole all’interno di un contesto narrativo che serve soprattutto a celebrare una formula vincente, un mondo incantato dove i sogni, come cantava Cenerentola, possono effettivamente diventare realtà.
La storia è quella di Asha, una ragazzina di diciassette anni che vive a Rosas, regno guidato da Re Magnifico. Un sovrano che ha le capacità magiche necessarie per proteggere i desideri e i sogni dei suoi sudditi che, allo scoccare dei diciotto anni, offrono volontariamente il proprio sogno al sovrano, affinché lo custodisca. Ben presto, però, Asha capisce che c’è qualcosa di sbagliato nel modo in cui il sovrano gestisce i desideri e nel tentare di risolvere la situazione la ragazza chiede l’aiuto di una stella che le si presenta davanti agli occhi e diventerà la chiave per cercare di salvare tutti i desideri delle persone che popolano Rosas. La trama della pellicola diretta da Chris Buck e Fawn Veerasunthorn non presenta nulla di nuovo o sconvolgente, ma forse non è mai stato questo l’obiettivo del progetto.
Wish o il ritornare a casa
Wish non è stato realizzato per offrire un nuovo punto di vista o stravolgere le aspettative del pubblico. Come la proverbiale coperta di Linus che ci rassicura per la sua familiarità, così Wish ha il compito di essere un film sulla Disney. Dai rimandi citati già qualche riga più su, passando per le tematiche affrontate, Wish vuole essere una festa, una celebrazione. Meglio, un promemoria che metta gli spettatori davanti alla consapevolezza che parte del proprio bagaglio emotivo e immaginifico è stata proprio la Disney a plasmarlo. In qualche modo, per parafrasare un’opera ben più importante, siamo composti tutti da quella stessa sostanza di cui sono fatti i sogni che ci ha regalato la Disney e guardare Wish significa condividere quell’emozione con persone che non conosci, ma che sai che hanno fatto i tuoi stessi passi, percorso strade simili a quelle che hai calpestato tu.
Wish è un film che parla di amicizia e di coraggio, di autodeterminazione e volontà: un film che è pensato non per fare la storia del cinema, ma per celebrare coloro che, al cinema, la storia l’hanno fatta già. E questo è un proposito che viene evidenziato bene anche dai titoli di coda, dove si affacciano tutti i personaggi del passato, a mo’ di quei re di cui parlava Vittorio Gassman quando dava la voce a Mufasa. Sullo schermo nero passano decine di costellazioni che formano i volti dei personaggi che abbiamo amato, delle storie che abbiamo finito con l’imparare a memoria e degli insegnamenti che abbiamo fatto nostri guardando a ripetizione film di cui, anche da adulti, anche quando non abbiamo il coraggio di confessarlo ad alta voce, non ci stanchiamo mai. Ecco che cos’è Wish: un desiderio lucido e bellissimo che si rinnova, anno dopo anno.