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Venezia 70: intervista a Kelly Reichardt, regista di Night Moves

Kelly Reichardt ci parla del suo 'Night Moves', film con Alia Shawkat, Jesse Eisenberg, Peter Sarsgaard presentato a Venezia 70.

Presentato in Concorso alla 70a Mostra del Cinema di Venezia, ecco l'intervista fatta a Kelly Reichardt, scrittore e regista del film Night Moves, con protagonisti Dakota Fanning, Alia Shawkat, Jesse Eisenberg, Peter Sarsgaard, James Le Gros, Katherine Waterston, Logan Miller, Nate Mooney, Matt Malloy, Griffin Newman, Kai Lennox, Bart McCarthy.

Dove ha trovato l'ispirazione per Night Moves? Ha scritto la sceneggiatura insieme a Jon Raymond. Come avete costruito la storia e il cast di attori?
Come per "Meek's Cutoff", tutto è iniziato perché siamo rimasti affascinati da un determinato paesaggio. Alcuni amici di Jon Raymond hanno una fattoria biologica in Applegate Valley, nell'Oregon del Sud, e Jon era entusiasta all'idea di girare un film in quelle zone. Mi ha portato lì, mi ha presentato i suoi amici, abbiamo conosciuto gli amici dei proprietari della fattoria e le persone che ci lavoravano. Ho anche visitato i dintorni e visto tutto ciò di cui Jon mi aveva parlato. Era davvero un luogo molto interessante per ambientare un film. Abbiamo fatto il nostro primo viaggio alla fattoria in estate, il secondo in autunno: è stato incredibile. Somigliava molto a un dipinto di Charles Burchfield e proprio le opere di questo artista sono diventate il riferimento per Chris Blauvelt (il nostro direttore della fotografia), Elliott Hostetter (scenografo), Vicki Farrell (costumista) e per me.

Per i personaggi avevamo numerosi spunti: da Patty Hearst e la Symbionese Liberation Army, ai membri di Weather Underground, i Black Panthers, Earth First!, l'Earth Liberation Front, il bombarolo mancato sotto l'albero di Natale a Portland, un ragazzino che ha appiccato il fuoco al McDonald's della sua città, fino al personaggio immaginario di Raskolnikov in "Delitto e castigo". Lasciando da parte film, libri e vicende di cronaca, abbiamo pensato alle persone, nel nostro giro di conoscenti, che potessero compiere un'azione radicale o avere quel tipo di caratteristiche. Infine abbiamo delineato i personaggi di Josh, Dena e Harmon. Jon Raymond ha iniziato a definire ognuna delle tre figure nella prima stesura dello script e quella versione è diventata la base su cui lavorare. Ci siamo posti domande del tipo: "Come si comportano i personaggi da soli e come sono, invece, nel gruppo?" Josh, per esempio, è una figura a cui ci si può avvicinare solo attraverso l'interazione con gli altri. L'anno successivo ho passato molto tempo a cercare location. In questa fase ci sono sempre episodi in cui emergono nuove sfumature e dettagli. Per esempio una volta, mentre davamo un'occhiata alla tenuta di un uomo come possibile location, abbiamo notato che aveva perso alcune dita. Alla fine della giornata ha fornito a me e al mio produttore, Neil Kopp, alcuni dettagli sull'esplosivo per fabbricati. Quell'uomo si era costruito la casa da solo. Era un muratore, ma si capiva che aveva la passione di far saltare in aria gli edifici. Credo che si guadagnasse da vivere sgomberando aree per imprenditori edili. Insomma, nel personaggio di Harmon troviamo anche un po' di quell'uomo. Tutta la fase del casting alla fine aiuta i personaggi a crescere. E poi ci sono aspetti che rientrano nel genere di film specifico: è inevitabile che lo spettatore sia dalla parte del personaggio che ha un obiettivo da raggiungere. Per esempio quando Dena vuole acquistare del fertilizzante a base di nitrato d'ammonio; o quando Dena (come Lucy in "Wendy And Lucy") a un certo punto sparisce per un po': quell'assenza, in un certo senso, la pone al centro della storia. Perciò ci sono alcuni aspetti che sono caratteristici di un certo tipo di narrazione: aspetti che emergono via via. 

Che metodo segue nel lavoro con gli attori? Quest'ultimi contribuiscono a definire i personaggi con la loro personalità o attraverso l'improvvisazione? 
Non ho un procedimento ben preciso. Cerco di adattarmi al loro metodo e aiutarli come posso, il che a volte significa farmi da parte. Credo sia importante, come in qualsiasi rapporto di lavoro, che ci sia la fiducia. È fondamentale che l'attore si fidi del regista. Nel film niente è lasciato all'improvvisazione. Ci sono un paio di scene chiave in cui Jesse non riusciva a immedesimarsi, per come erano scritte, perciò abbiamo passato molto tempo a rielaborarle. Ha provato alcune sue variazioni e poi da quella traccia ho preso gli elementi che mi sembrava funzionassero meglio e li ho inseriti nella sceneggiatura, in modo tale che Dakota e lui avessero un supporto concreto su cui lavorare. Ho usato questo tipo di metodo con Jesse e lavorato in modo simile anche con Will Oldham in "OLD JOY". Ma non è un procedimento casuale in cui gli attori possono scrivere la propria parte. I dialoghi sono affidati per lo più a Jon Raymond. Mi piace il suo modo di scrivere, perciò a meno che non troviamo dettagli che disturbano e che si possono eliminare dalla lista dialoghi, di norma restiamo fedeli al copione. Detto ciò, è chiaro che ogni attore contribuisce molto a costruire il proprio personaggio. Quando si lavora a una sceneggiatura e si prepara un film, si immagina i personaggi in modi diversi e in giorni diversi: si lavora di fantasia, è un procedimento fluido – tutto è possibile. Oppure ci si fissa su un certo tipo di un personaggio che magari, in parte, è basato su una persona conosciuta precedentemente. È un'immagine con cui si convive per molto tempo. E poi gli attori propongono le proprie idee, contribuiscono con la loro voce e gestualità, e il personaggio diventa una nuova versione di ciò che l'autore aveva in mente. All'inizio resto sempre un po' sconcertata, ma allo stesso tempo è davvero eccitante! È qualcosa di nuovo, inaspettato; ed è vivo, quindi del tutto imperfetto, perciò ancora più interessante. Jesse è arrivato prima delle riprese ed è vissuto e ha lavorato nella fattoria per qualche tempo. Gli piace capire esattamente ogni dettaglio. È molto metodico e appena pensi di aver esaurito tutti gli aspetti possibili del personaggio e della loro situazione, Jesse te ne propone altri. Il metodo di Dakota è un mistero per me. Entra nel suo personaggio in modo molto personale, pacato. Peter è arrivato quando avevamo iniziato le riprese da una settimana. Avevamo parlato al telefono diverse volte, ma non ci eravamo mai visti di persona e non avevamo mai provato. Ci siamo organizzati al volo. È come trovare qualcuno in mezzo a un ciclone, prepararsi mentalmente e lanciarsi nella tempesta sperando di lavorare bene insieme. Mi considero estremamente fortunata a lavorare con questi tre attori.

È cresciuta in Florida ma i paesaggi del Pacifico nord-occidentale ricorrono in tutti i suoi film. Perché ha scelto di fare dei film in cui "l'Ovest" compare come paesaggio americano fisico e simbolico?
Ho girato il mio primo film nella Contea di Miami-Dade, Florida. Ma negli ultimi anni ho lavorato con lo scrittore Jon Raymond, che vive in Oregon, e le sue storie sono ambientate qui. Anche uno dei miei produttori e molti membri della troupe sono originari dell'Oregon. Sono luoghi molto diversi, con una foresta pluviale, la costa, il deserto… Inoltre sono convinta che i paesaggi nord-occidentali mi affascinano perché sono nettamente diversi dall'ambiente in cui sono cresciuta. Ormai vivo a New York da 25 anni e passo molto tempo in viaggio fra la costa orientale e l'Oregon. È un tragitto che è diventato una costante su diversi piani, ma appena arrivo in South Dakota (se mi sposto verso Ovest), finalmente mi si libera la mente: una condizione che può esistere solo dove internet non arriva. Sono in una specie di luogo a metà. Viaggiare verso Ovest a volte mi fa sentire come se mi immergessi, in qualche modo, nell'ignoto – in genere perché parto per provare a realizzare un film e non so come andrà a finire. Invece quando punto verso Est è perché torno nel mio appartamento in affitto e al mio quotidiano lavoro di insegnamento. Ma ci sono altri aspetti del viaggio a Ovest che lo rendono più intrigante di quello a Est: pensate al fatto di dirigersi verso spazi più aperti, paesaggi più estremi. Perfino sulle autostrade si nota meno l'impronta del consumismo. Tutti questi viaggi a Ovest si sono fatti strada nei miei film. Ma forse può bastare. Probabilmente dovrei spostarmi ancora, trovare un nuovo luogo da scoprire. 

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