Una gioia, il romanzo di Lea Landucci
'Una gioia' è il romanzo di Lea Landucci edito da Sperling and Kupfer che racconta una storia d'amore nata tra mille difficoltà, incluso il lockdown del 2020.
di Erika Pomella / 25.05.2021
Nel mondo della letteratura sembra esistere un luogo comune e, insieme, un errato pregiudizio per cui i romanzi rosa e i chick-lit non siano degni di far parte della sfera della narrativa, come se fossero figli minori di una qualche divinità che non concede misericordia. Ed è spesso a causa di questo pregiudizio pieno di snobismo che molti lettori non si avvicinano a un genere che, pur fortemente stereotipato come altri, non manca di offrire piccole perle da scoprire. È il caso di Lea Landucci che, con Sperling e Kupfer, porta in libreria Una Gioia, midquel del romanzo precedente Mai una gioia, che copre un lasso temporale molto ampio, abbracciando anche il periodo di lockdown che ha caratterizzato il 2020.
La storia è quella di Alex e Cristina. Lui è un medico, un uomo appassionato del suo lavoro, gentile, simpatico e con un grande amore: sua figlia Gioia. Quest'ultima è una bambina dotata di un'intelligenza sopra la norma, le cui capacità spingono l'austero nonno a voler prendere ogni decisione inerente l'educazione della bambina. Alex è contrario ai modi e all'autorità del suocero, ma è spinto soprattutto alla ricerca del bene della figlia, soprattutto perché Gioia dimostra di soffrire ancora per il divorzio dei suoi genitori e per le disattenzioni di sua madre Marina. Cristina, invece, è un'investigatrice digitale che non ha molta fortuna in amore e sembra essere sempre attratta dalla persona sbagliata. I mondi di Alex e Cristina sono lontani, tanto per professione quanto per mera questone geografica, eppure per un sinistro scherzo del destino i due non solo si conosceranno, ma finiranno con il passare il lockdown sotto lo stesso tetto: quello del suocero di Alex.
La prima cosa che salta subito all'occhio leggendo Una gioia è che la sua autrice, Lea Landucci, di ChickLit Italia, sa scrivere davvero bene. Senza bisogno di trincerarsi dietro uno stile altisonante o troppo aulico per reclamare a sé l'attenzione di un pubblico più snob, l'autrice offre ai suoi lettori uno stile pulito, lineare, che pure non manca di un invisibile (e per questo ancora più prezioso) controllo della materia narrativa. Questo fa sì che il romanzo abbia un ritmo pressoché perfetto per tutta la durata delle oltre trecento pagine, con un ottimo equilibrio tra la necessità di far avanzare la trama e l'uso sapiente di una buona dose di ironia e dialoghi brillanti.
Il world building – termine che di solito si usa soprattutto per il fantasy, dove la creazione di un mondo ex novo è pressoché la norma – appare davvero molto curato, anche nei dettagli più piccoli. Sebbene sia – almeno sulla carta – più facile scrivere di un mondo reale e perciò facile da riconoscere, Lea Landucci non si è mostrata affatto pigra e ha reso molto credibile ogni aspetto della realtà che ruota intorno ai protagonisti. L'unica pecca che si può trovare a questo romanzo è da ricercarsi soprattutto nei personaggi secondari: alcuni dei quali – come Marina e il professor Guglielmi – appaiono un po' troppo monocorde, troppo ancorati nel loro ruolo di "villain" e perciò a tratti poco credibili.