Un piano perfetto: intervista a Dany Boon
Vi presentiamo l'intervista fatta a Dany Boon, protagonista della commedia francese Un piano perfetto, dal 19 settembre al cinema.
di Redazione / 20.09.2013
Vi presentiamo l'intervista fatta a Dany Boon, protagonista della commedia francese Un piano perfetto, dal 19 settembre al cinema.
Lei lavora relativamente poco e quindi deduco che scelga con estrema cura i suoi progetti. Che cosa l'ha attratta sin da subito di "Un piano perfetto" ?
Tutto è cominciato con una telefonata ricevuta due anni e mezzo fa da parte di Laurent Zeitoun della QUAD, che conosco da più di 20 anni. Voleva che leggessi una sceneggiatura che era appena stata completata. Ricordo molto chiaramente di averla ricevuta in formato pdf a Los Angeles e di averla stampata subito per poterla leggere visto che sono stato immediatamente conquistato dal lato comico delle varie situazioni. Ricevo e leggo tanti progetti e generalmente mi prendo una decina di giorni prima di dare una risposta definitiva. Per "Un piano perfetto" l'indomani mattina (ora della California) ho richiamato Laurent dicendogli quanto mi fosse piaciuta. L'ho trovata molto moderna.
Nell'ambito del genere correntemente definito 'commedia romantica' possiamo dire che in "Un piano perfetto" il lato comico viene prima di quello sentimentale…
Bisogna dire che il mio personaggio compie una parabola molto commovente. Se all'inizio appare un po' 'coglione' e maldestro – cosa divertentissima per un attore – a poco a poco si passa a qualcosa di molto più realistico se non addirittura duro, a volte. E' una cosa abbastanza forte che una bomba sexy interpretata da Diane Kruger dica a un tipo come Jean-Yves, con un fisico sicuramente non aitante scelto a caso: « Ti amo e vorrei sposarti». Lui non capisce cosa gli stia succedendo, è sconvolto, ma alla fine ci crede sul serio. Abbiamo voluto rendere tutto questo con una grande sincerità e Pascal Chaumeil possiede questa qualità: riesce a rendere credibile un'idea che all'inizio appare assolutamente irreale. Era già successo ne "Il Truffacuori" dove nei primi quindici minuti del film bisogna entrare nel personaggio di questo rovina famiglie di professione. In effetti la sceneggiatura era stata rifiutata da tanti produttori perché era un soggetto un po' rischioso. Pascal è stato bravissimo nel dare forza e verità alla storia e ai personaggi. E' la stessa cosa capitata con i personaggi di "Un piano perfetto"…
Pensa di avere dei punti in comune con Jean-Yves, redattore militante per guide turistiche, un po' goffo e farfallone?
Certamente! Soprattutto la tendenza a fare battute poco eleganti! Tuttavia, quando fai il comico e fai delle battute che non funzionano, l'umiliazione e la frustrazione sono fortissime, ma sopravvivi. A volte è addirittura salutare, diversamente da quello che accade a medici e chirurghi se sbagliano qualche cosa… Noi ci giustifichiamo dicendo: <<Almeno ho cercato di farvi ridere!>> Questo tizio, Jean-Yves, soprannominato 'Gengive' ha preso da me questa caratteristica. Per quanto riguarda il suo successo con le donne, devo confessare che non è una cosa che ho sperimentato molto presto. Sarà per questo che mi piace tanto!
Ma voglio raccontarle una storia. Ho un amico, Pascal, che lavora nella mia società di produzione e la cui futura moglie ha deciso un giorno di organizzargli un matrimonio a sorpresa, celebrando la cerimonia nel Grand Canyon, vicino Las Vegas. Ci siamo incontrati tutti lì e durante la permanenza a Las Vegas mi sono imbattuto in un tizio alla Jean-Yves, che lavora nel turismo e il cui soprannome era 'Gencives', la cui ex-moglie si chiama Isabelle, come nel film: una cosa pazzesca! Ho telefonato immediatamente ai produttori dicendogli: è qui! Un tizio commovente che fa delle battute non proprio esilaranti. Ecco, ce lo avevo sotto gli occhi!
Nel film si insiste molto sul lato commovente, emotivo, con scene piuttosto dure come quella nella birreria di Mosca dove Jean-Yves rivela a Isabelle di aver capito il suo gioco. Un registro, questo, nel quale non si era ancora cimentato pienamente finora. Possiamo dire che oggi ha meno pudore a interpretare un ruolo nel quale deve mostrare i suoi sentimenti?
A essere sincero non so risponderle. Ricordo che in "Joyeux Noël-Una verità ignorata dalla storia" avevo già interpretato scene piuttosto toccanti, ma è vero che più il tempo passa e più ho voglia di semplificare le cose. Oggi, quando serve, mi butto. In "Un piano perfetto" ho interpretato fino in fondo il senso di umiliazione provato dal personaggio, ma mentre recitavo non ero consapevole dell'effetto che avrebbe prodotto la scena in birreria che lei ha citato. Me ne sono accorto solo rivedendola. E' una scena potente. Credo di utilizzare, in modo più o meno cosciente, il pudore proprio nei momenti in cui non voglio dar spazio alle emozioni. Mi era giù successo verso la fine di "Giù al Nord" quando parlo a quattr'occhi con Kad. Mentre scrivevo quella scena ero soddisfatto, durante le riprese avevo capito che avrebbe funzionato, ma ero concentrato soprattutto sull'idea di spingerlo fino alle lacrime, cosa che lui esitava a fare perché i comici in realtà si lasciano andare difficilmente a quel tipo di emozioni. Invecchiando, mi rendo conto che mi riesce molto più facile lasciarmi andare…
Un'altra novità o piuttosto un ritorno alle origini per lei che ha debuttato come mimo: la gestione e l'uso del corpo in "Un piano perfetto". La vediamo ballare, camminare con difficoltà dopo un'anestesia speciale…
Adoro girare scene come queste soprattutto oggi che le commedie sono tutte basate su dialoghi molto serrati e assenza o quasi di movimenti e fisicità, anche se devo confessare che è stato difficilissimo! La danza russa è estremamente complessa: i movimenti non sono sincronizzati, non bisogna seguire il ritmo. Mi ci sono voluti mesi di prove per imparare e quando abbiamo girato quella scena avevo il cosiddetto 'trac', come se si trattasse del mio primo spettacolo teatrale. Ci abbiamo messo due giorni: eravamo in cinque a ballare insieme, ero angosciato di sbagliare e di far sbagliare gli altri. Per quanto riguarda la scena del dentista e dell'anestesia, sono stato io a volerla caricare. La troupe esitava, Pascal mi chiedeva se non stessi esagerando: ma io ho insistito per girarla così e alla fine devo dire che funziona. E' anche per questo che sono felice e fiero del film.
Il suo personaggio scrive per una guida turistica, nella fattispecie la famosa "Le guide du Routard". Le riprese vi hanno portato in giro per il mondo, dal Kenya a Mosca. Ha bei ricordi di quei luoghi?
Certamente sì, perché è stata un'esperienza umana molto appagante, soprattutto per un ipocondriaco come me. All'inizio l'idea di ritrovarmi sperduto in mezzo alla savana non mi entusiasmava affatto. Sono partito con due valigie: una per i vestiti e l'altra per le medicine e devo confessare che non avrei avuto nessuno problema se avessi perso il bagaglio con i vestiti! Alla fine, non ho avuto nessuna malattia, ma ho fatto molta attenzione a tutto: doccia con la bocca chiusa per non bere neanche una goccia d'acqua, l'indispensabile clic da sentire quando aprivo una bottiglia d'acqua per essere certo che fosse sigillata, e cose simili… Siamo stati in luoghi molto selvaggi e abbiamo girato con dei veri Masai. E' stata l'unica volta durante le riprese che non sono riuscito a recitare per quanto ero affascinato e sconvolto dalla forza delle loro danze, soprattutto nella scena del matrimonio. C'era la musica, si sentivano le loro voci, le scenografie naturali e autentiche con le giraffe in lontananza: è un altro mondo, incredibile… Dell'Africa sub sahariana conoscevo solo il Gabon, ma in Kenya abbiamo visitato luoghi sublimi, soprattutto durante un safari di una giornata dove avrò scattato 3.000 foto! In realtà, anche la troupe ha vissuto seguendo i ritmi della storia del film. Risultato: spaesamento totale per tutti perché dopo il Kenya siamo andati dritti dritti a Mosca. Inutile dire che si è trattato di un bel cambiamento! Ho trovato sia la città, sia i suoi abitanti molto duri. Si sente che vivono sotto un governo autoritario. E' una megalopoli impressionante, con delle differenze sociali enormi tra la popolazione e i pochi multimiliardari.
Se il film funziona, è anche perché la coppia che formi con Diane è perfetta. "Un piano perfetto" vi ha permesso di incontrarvi nuovamente…
Conosco Diane da "Joyeux Noël" e sapevo che poteva interpretare benissimo un ruolo comico …
E' stata comunque una rivelazione per tutti…
Assolutamente sì… E' la sua prima commedia e sin dall'inizio si è fidata ciecamente di Pascal. Avevamo cenato insieme a Los Angeles due anni e mezzo. All'epoca Diane aveva letto come me la sceneggiatura, ne avevamo parlato, ma non l'avevo mai vista spingersi così tanto verso il burlesco. Diane è una persona semplice e disponibile. Non avevo nessun dubbio su di lei anche se so che con gli anni si cambia. Diane avrebbe potuto avere qualche esitazione, pensare alla sua carriera americana, ma invece si è gettata anima e corpo nel personaggio, senza freni. Sono rimasto parecchio colpito perché per essere la sua 'prima volta', è stata magnifica. E' credibile, buffa, divertente, la nostra coppia funziona. E non dimentichiamoci che è bellissima!
Visto che questa volta si è limitato a vestire solo i panni dell'interprete, come si è sentito a dover mettere da parte il suo sguardo da regista?
Si è trattato di un lavoro diverso da quello che faccio di solito perché io, oltre a dirigerli, spesso scrivo anche i miei film. Quindi si tratta di un processo creativo molto diverso che comincia tre anni prima dell'inizio delle riprese e durante il quale devo controllare l'intero processo di 'fabbricazione'. Per citare un esempio, conosco già a memoria tutti i dialoghi del mio prossimo film a forza di scrivere e di modificarli… L'arrivo sul set è solo la fine o il completamento di un processo molto lungo. Invece, quando faccio solo l'attore, arrivo sul set dopo aver letto tutta la sceneggiatura e la cosa più difficile da fare è imparare a memoria le battute! Oggi, dopo diversi anni di teatro, ho migliorato la mia capacità di memorizzazione e quindi quando arriva il momento di girare generalmente sono pronto. Ma conosco solo il mio ruolo, le mie battute, il resto non è di mia competenza e appartiene solo al regista. Francamente, di tanto in tanto è molto piacevole lasciarsi coccolare e guidare da qualcuno! Inoltre, da quando faccio il regista oltre che l'attore, so bene perché passa tanto tempo tra un ciak e l'altro…
Se dovesse individuare la morale, il messaggio del film, direbbe che tutti noi abbiamo diritto alla felicità, anche se spesso per ottenerla dobbiamo andare al di là delle apparenze, dell'opinione degli altri, delle convenzioni e anche delle maledizioni?
Il messaggio del film mi ricorda un libro di psicanalisi che ho letto tanti anni fa, intitolato "Une saison chez Lacan" di Pierre Rey. E' la storia di un tizio al quale va tutto bene sia nel lavoro, sia nella vita personale. A un certo punto viene però colpito da una spaventosa depressione senza capirne le ragioni. Ecco, all'inizio di "Un piano perfetto" c'è questa idea della coppia perfetta, con le sue piccole abitudini, i suoi riferimenti, la sua felicità. All'improvviso poi emerge la paura di questa maledizione familiare che pesa sui matrimoni e che metterà tutto in discussione. Abbiamo vissuto tutti dei momenti simili, quelli legati all'immagine dell'amore ideale: 'è lei', è lui, è fatta!'. E poi poco a poco, le convenzioni, gli altri, la vita quotidiana ci fanno vedere le cose in maniera diversa. Ed è questa l'attualità del film: oggi ci si impegna meno a far durare le storie, a recuperare situazioni difficili e si ha la tendenza a mettere fine rapidamente ai rapporti già a partire dalle prime difficoltà. E' quasi un miracolo oggi trovare in una classe dei bambini con genitori non separati, mentre trent'anni fa era esattamente il contrario. La cosa bella del film è che è una sorta di istantanea del modo in cui la gente, le coppie e le famiglie vivono oggi. La cena familiare che fa da 'fil rouge' al film ci fa pensare a Capra, quindi è estremamente moderna, almeno nello spirito. E' raro vedere oggi commedie in cui la qualità si respira in ogni dettaglio della storia, dell'immagine, della sceneggiatura…
Ho poi avuto modo di incontrare attori con cui ho voglia di lavorare di nuovo come la formidabile Alice Pol o Jonathan Cohen che interpreta il cognato di Diane Kruger, un attore molto divertente. Tutto merito di Pascal Chaumeil: sa distribuire i ruoli alla perfezione, rendendo il tutto efficace, coerente e divertente!
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