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Tutta colpa di Freud, intervista a Laura Adriani

Intervista a Laura Adriani, protagonista del film di Paolo Genovese, Tutta colpa di Freud.

Di seguito l'intervista a Laura Adriani, che interpreta Emma nel film di Paolo Genovese Tutta colpa di Freud.

Come è stata coinvolta in questo film?
La decisione di scritturami è stata piuttosto sofferta, ho sostenuto un primo provino con la casting e poi ho incontrato varie volte Paolo Genovese in tre lunghi mesi in cui ho lavorato molto sul personaggio e sulle scene perché volevo fortemente questo ruolo. La telefonata con l'ok definitivo mi è arrivata proprio nel giorno in cui avevo ormai perso le speranze ed ero rassegnata alla sconfitta; erano già trascorse due settimane dall'inizio delle riprese del film a New York, ma dentro di me sapevo che sarei stata scelta, me lo sentivo e per questo mi sono sempre impegnata tanto.

Chi è questa ragazza che lei interpreta?
Si chiama Emma, è la più giovane delle tre sorelle, ha 18 anni, frequenta l'ultimo anno del liceo e ha intrapreso da pochi mesi una storia d'amore appassionata con un affascinante architetto cinquantenne interpretato da Alessandro Gassmann: i due si sono incontrati perché lui avrebbe dovuto arredare la sua stanza ed Emma ha avuto un vero e proprio colpo di fulmine, ha cercato in ogni modo di conquistarlo e sedurlo. Ne è nata subito una relazione ma il vero problema per la ragazza è quello di raccontare l'accaduto a suo padre: data l'età matura del fidanzato, vorrebbe essere più sicura e aspettare un po', ma a tre mesi dall'inizio della love story decide che è arrivato il momento giusto salvo poi fare i conti con la circostanza che l'uomo è già sposato con una bella signora borghese.

Come si è trovata con Paolo Genovese?
Lo stimo tantissimo come regista e sceneggiatore, sono molto contenta di questa bellissima opportunità che mi ha concesso: sul set lo ringraziavo ogni giorno perché mi ha fatto vivere un'esperienza splendida. Paolo realizza dei film che a me piacciono molto e per quello che mi riguardava l'obiettivo principale era fare un bel lavoro in modo che lui fosse soddisfatto; ho cercato di dare il meglio che potessi. Il nostro è stato un po' un rapporto da maestro ad allieva, da zio a nipote, amichevole ma molto rispettoso, non ho mai cercato di conquistare una totale confidenza perché per me lui rimane un maestro da cui imparare.

Che rapporto si è creato con Alessandro Gassmann?
Un rapporto meraviglioso, non mi aspettavo di trovare una persona così speciale, per me ha rappresentato una grande e bella sorpresa. Sul set è un grande partner di lavoro, è rispettosissimo, molto professionale, ci tiene che la scena venga filmata al meglio e dà tutto se stesso, ad ogni ciak succedeva qualcosa di nuovo con una trovata inedita. D'accordo con Genovese cercavamo e trovavamo sempre qualcosa di meglio, di più rifinito. Alessandro con me è stato gentilissimo, mi ha aiutata tanto, mi ha fatto i complimenti quando era il caso di farli, ma mi ha anche criticato quando era necessario: è stato un ottimo insegnante, è davvero un grande attore ma soprattutto è una bellissima persona, se lo si considera dal'esterno lo si immagina magari diverso invece è totalmente dedito al ruolo con umiltà, semplicità e il piacere della normalità. E poi è simpaticissimo, fa morire dal ridere.

Come è andata invece con Marco Giallini?
Marco è un altro bel tipo che ti fa sbellicare dalle risate. Sul set ha sempre la battuta pronta, vuole sempre scherzare: interpretava mio padre con cui io vivo una conflittualità profonda come nella maggior parte dei rapporti, e questo ci metteva già in una posizione differente: io e Marco ci punzecchiavamo sul set così come accadeva ai nostri personaggi in scena, era come se ci portassimo il compito a casa per ripassare.

Vi capitava anche di improvvisare?
Ogni tanto sul finale di qualche scena succedeva, ma non sentivamo il bisogno di cambiare granché, essendo Paolo l'autore del copione voleva fortemente che rispettassimo le pagine scritte senza stravolgere la scena. A volte è capitato che Gassmann e Giallini aggiungessero qualcosa di comico, ma se una sceneggiatura è scritta bene gli attori hanno le frecce già pronte nel loro arco e non hanno bisogno di aggiungere troppo.

Di che commedia si tratta secondo lei?
Intanto devo dire che ho riso tantissimo da sola fin da quando ho letto la sceneggiatura: è una commedia romantica ma non troppo, non cade mai nel ridicolo involontario, è l'ideale per una commedia vera. Credo che abbiamo tanto bisogno di ridere perché è un momento difficile ma c'è anche bisogno di riflettere e di non dimenticare la propria umanità.

Ricorda qualche episodio particolare avvenuto sul set?
Ricordo ahimè di esser caduta molto spesso perché ho una caviglia che a volte mi cede e mi rende molto impacciata… Quando cadevo però cercavo sempre di riprendere la situazione e la posizione in scena, e più mi davo da fare più tutto diventava involontariamente molto buffo: Genovese in questi casi non dava mai lo stop, forse per vedere dove volevo andavo a finire.

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