The Impossible, quando l’impossibile diventa tragedia
Vi presentiamo The Impossible, il film di Juan Antonio Bayona con Naomi Watts, Ewan McGregor, tratto da una storia vera di una famiglia sopravvissuta alla tragedia del 26 dicembre del 2004, giorno dello tsunami più violento della storia che ha colpito la costa sudorientale dell'Asia.
di Redazione / 07.01.2013
Nel 2004, il giorno dopo Natale, il mare si è intorbidito e, mugghiando, ha divorato la costa occidentale della Tailandia – il disastro naturale più terribile che avesse mai colpito la nazione. Schiantandosi contro i villaggi costieri a intervalli di dieci minuti, le onde letali hanno provocato solo in quel paese più di cinquemila morti e oltre duemilaottocento dispersi e si sono lasciate alle spalle 1480 orfani.
Henry e Maria, marito e moglie, e i loro figli Lucas, Simon e Thomas – in Tailandia per trascorrere le feste di Natale – rimangono intrappolati nelle spire dello tsunami. Separati nell’arco di pochi secondi e gravemente feriti, combattono per sopravvivere e si riuniscono in una storia vera di perseveranza, amore e fede incrollabile gli uni negli altri e nelle altre migliaia di stranieri travolti dalla catastrofe.
Questa è la storia raccontata in The Impossible è il secondo film diretto da Juan Antonio Bayona, già regista dell’horror di successo The Orphanage (presentato in anteprima al Festival di Cannes nel 2007, dove ha ricevuto una standing ovation, e ha poi rappresentato la Spagna all’ottantesima edizione dei premi Oscar). Il film ha ottenuto numerosi premi nazionali (tra cui sette Goya) e internazionali. È anche il film in lingua spagnola che ha registrato il più alto incasso nella storia della Spagna e uno dei maggiori successi all’estero come film straniero.
Benché The Orphanage sia un’opera di pura finzione, Bayona l’ha affrontata, per citare le parole con cui l’ha descritta al New York Times, “come un dramma, come un pezzo di vita vera. Gli aspetti horror erano soltanto meri ingredienti.” Lo stesso può essere detto di “The Impossibile”, anche se in questo caso la componente horror è amplificata al 200% perché rappresenta la vita reale. The Impossibile è basato sulla storia vera di una famiglia che ha affrontato uno dei più grandi disastri degli ultimi anni. La forza e l’immenso amore reciproco dimostrato dai protagonisti in una circostanza tanto sconvolgente ha profondamente colpito Bayona.
The Impossible raccontato dal cast
Affermato il regista:
“Non si tratta soltanto di un film che parla di sopravvivenza. L’interrogativo che solleva è: per chi puoi sopravvivere e in che modo. Dietro la tragicità del tema c’è qualcosa di molto forte, un richiamo alla condizione umana, qualcosa che commuove profondamente chiunque ascolti la storia“
Affidare allo schermo un’esperienza come la loro non è stato facile. I soli aspetti tecnici erano a dir poco scoraggianti, per non parlare del complicato equilibrio tonale fra gli orrori della realtà e il trionfo dello spirito umano – e la difficoltà nel mantenere la suspense in una storia di cui si conosceva già la fine. Come ricorda Bayona,
“per me era un progetto estremamente personale, ma non eravamo affatto sicuri dell’esito”. Ma Bayona e la sua squadra erano determinati. Per citare le parole del produttore Belén Atienza, “Per una ragione o per un’altra c’era sempre un pizzico di follia in questo film: abbiamo sempre creduto che ce l’avremmo fatta, anche se all’inizio non sapevamo come“
Benché The Impossible sia basato sulla storia di una famiglia spagnola, gli Alvarez-Belon, incredibilmente scampata al disastro, i protagonisti del film sono inglesi. Tuttavia, le loro controparti cinematografiche, interpretate da Naomi Watts e Ewan McGregor nel ruolo dei genitori e da Tom Holland, Oaklee Pendergast e Simon Joslin nei panni dei figli, sono veri è propri cittadini del mondo. Benché parlino i propri dialetti britannici – con una preferenza per l’accento scozzese da parte di McGregor – il personaggio di Henry lavora in Giappone, mentre Maria, interpretata da Watts è un medico che si è concesso una pausa dal lavoro per poter viaggiare con la propria famiglia.
Per gli Alvarez-Belon non era semplicee affidare a qualcuno la trasposizione delle loro vite sullo schermo, ma come ha osservato Maria Belon, si sono resi conto di aver vissuto una storia più grande di loro e che raccontarla sarebbe stato catartico per la famiglia. La troupe ha fatto tutto il possibile per coinvolgere gli Alvarez-Belon nell’impresa e, alla fine, Bayona e il suo team sono riusciti a convincerli.
“Durante il nostro primo incontro ero molto nervosa. Non potevano saperlo, ma avevo un enorme bisogno di raccontare la mia storia, benché non fossi in grado di farlo da sola. E subito prima dell’incontro, prima che si presentassero, mi sono detta: ‘Maria, devi prendere una decisione entro oggi’. Abbiamo avuto una conversazione di tre ore e ho capito che dovevano fare questo film e che la loro visione rispecchiava quasi perfettamente ciò che era successo. In un certo senso, le emozioni che ho vissuto nel corso delle riprese sono state le stesse che avevo provato durante lo tsunami. Ho pensato che non ci saremmo riusciti e invece ce l’abbiamo fatta ed è stato fantastico“
Tutto è iniziato quando il produttore Atienza ha sentito la storia della famiglia alla radio. Lo sceneggiatore Sergio Sánchez ricorda:
“[Bélen] è arrivato in ufficio in lacrime e ce ne ha parlato. Immediatamente, J.A. ha detto: ‘Dobbiamo farci un film!’ È una storia incredibilmente avvincente e di grande impatto emotivo, e tutti hanno avuto la stessa reazione quando gliel’abbiamo raccontata. Il film inizia con un episodio che in pochi secondi cambia completamente le loro vite, ma da quel momento in poi si trasforma in un viaggio, in una fuga senza sosta. Tutti noi avevamo visto la calamità e la forza devastante dello tsunami in televisione e su Internet, quasi in tempo reale. Ciò che The Impossible esplora è la storia umana, commovente ed emozionante della gente che l’ha vissuta in prima persona. Non ha niente a che vedere con ciò che abbiamo sentito al telegiornale“.
Sanchez, autore di The Orphanage, ha aggiunto che trovare il giusto equilibrio e il tono adatto rappresentava una sfida molto impegnativa. The Impossible fa paura come un horror ma è anche una grandissima dimostrazione di coraggio. È una storia vera, e non tutti sono stati fortunati quanto la famiglia Alvarez-Belon. Ha detto Sanchez:
“Ciò che mi spaventava e mi frenava di più era l’idea di raccontare le vicende di cinque sopravvissuti in un contesto in cui erano morte quasi trecentomila persone. La cosa che mi sembrava più importante era trovare il modo di raccontare con rispetto le dinamiche di una tragica perdita che avrebbe profondamente turbato il pubblico – raccontare una storia drammatica, fedele alla realtà, che avrebbe spinto la gente a identificarsi con questa famiglia e con chiunque avesse perso una persona cara – nello tsunami o in altre circostanze. Poi dovevamo trovare la struttura adatta, ed era la parte più difficile perché avevamo cinque persone che avevano una storia in comune e sapevamo che alla fine del film sarebbero sopravvissute. Tuttavia i personaggi subiscono una separazione – un’esperienza che vivono con grande dolore dall’inizio alla fine perché sono convinti che l’altra metà della famiglia sia morta. La sfida per noi era raccontare la storia dei cinque membri mantenendo però la tensione che avevano provato, in modo che anche chi non la conosceva restasse con il fiato sospeso“
Fortunatamente, Sanchez ha avuto l’opportunità di lavorare a stretto contatto con la famiglia, in particolare con Maria Belon, un’esperienza unica e gratificante per chiunque l’abbia vissuta. In effetti, Sanchez ha dovuto in un certo senso aiutare i membri della famiglia a ricordare alcuni dei terribili eventi di cui erano stati protagonisti perché, come molte persone che soffrono di stress post-traumatico, tendevano a rimuovere o a reinventare le circostanze più dolorose. Ricorda Maria:
“Sergio è una persona davvero speciale. Fra noi si è stabilito un rapporto molto stretto e ho imparato un sacco di cose. Ha un’etica incredibile – lotta per le cose in cui crede. Ricordo la prima volta che Sergio mi ha ri-raccontato la mia storia. Sono rimasta molto impressionata. Era così partecipe e vedeva cose che io stessa non riuscivo a vedere“
La storia della famiglia ha anche toccato McGregor in modo molto personale:
“Mentre leggevo la parte della sceneggiatura in cui Henry vede finalmente i figli all’ospedale dopo che lo tsunami li ha divisi e si riunisce alla sua famiglia sono scoppiato a piangere. Era un momento così toccante. Ho quattro figli. Ed era la prima volta che interpretavo il ruolo di un genitore. Ho sentito l’impulso a trasformare Henry in una sorta di mio alter ego. Potevo interpretare il personaggio, ma volevo anche scoprire che cosa significasse essere un genitore in un evento tanto catastrofico. Ho pensato che il modo più efficace per riuscirci fosse interpretarlo come se fossi io“
McGregor ha cercato di incontrare il suo sosia spagnolo, prima di iniziare a girare il film, ma gli impegni di entrambi non glielo hanno permesso. Eppure, come ha affermato lui stesso, nel leggere la sceneggiatura ha avuto l’impressione di conoscere quelle persone. Naomi Watts, invece, ha trascorso molto tempo con la vera Maria, prima e dopo la realizzazione del film. Ha raccontato Watt:
“Quando ho letto la sceneggiatura per la prima volta ho pensato: wow, sembra così vera e trasparente; non ha l’aria di voler sfruttare lo tsunami come mero sfondo per questa famiglia. Più avanti ho scoperto che molto della storia era basata sulle parole di Henry e Maria e sulle loro esperienze. Incontrare Maria e parlarne con lei mi ha dato un’emozione fortissima. Ogni volta era così gentile, disponibile e corretta. Era come se tutto fluisse dalla sua persona. È una donna incredibilmente forte e coraggiosa“
Anche le scene fra Luca e Maria hanno commosso l’attrice. Lo tsunami inghiotte tutto come un treno impazzito che corre a tutta velocità, ma fortunatamente madre e figlio si ritrovano in quel mare spaventoso e si aiutano a vicenda per sopravvivere. Di conseguenza, Watts ha girato numerose scene con Tom Holland, che interpreta il ruolo di Lucas. Ha affermato Watts:
“Mi piace molto la relazione che nel corso del film si sviluppa tra madre e figlio, e Tom ha un talento incredibile. Lavorare con lui è stato facile e mi ha ispirata moltissimo. Ha valorizzato l’interpretazione di chiunque lo circondasse perché la cosa che gli riesce meglio è dire la verità. E abbiamo affrontato subito la parte più orribile, più fisica dello tsunami. In realtà non abbiamo dovuto recitare molto, per quella – venivamo colpiti da acqua e detriti e sembrava che fossero le onde a dettare le emozioni, come immagino sia successo anche nella vita reale. Era quasi impossibile parlare. Potevamo solo sentire e vivere quell’esperienza. Tom ed io abbiamo avuto un paio di momenti in cui recitavamo insieme e mi sono resa conto di quanto fosse fantastico e incredibilmente abile e geniale. Uno degli aspetti più belli è stato sviluppare un rapporto di amicizia con Tom sia sul set che fuori ed esplorare questa splendida relazione tra madre e figlio“
Mentre nel film è la madre a contare sul figlio, Holland ha affermato che nel suo rapporto con Naomi Watts è successo esattamente il contrario. Ovviamente, nel film Holland ha ereditato anche due fratelli, Simon e Thomas, interpretati rispettivamente da Oaklee Pendergast e Samuel Joslin. I tre ragazzi hanno sviluppato un vero e proprio rapporto di fratellanza e Holland ha condiviso con Pendergast e Joslin tutto ciò che aveva imparato da Watts. Come Watts, anche Holland ha trascorso del tempo con il vero Lucas.
I tre ragazzi hanno colpito profondamente Ewan McGregor, sul piano sia personale sia professionale:
“Mi sono piaciuti moltissimo. Credo che Tom, Oaklee e Samuel siano dei ragazzi speciali. Ed è stato incredibile osservare Tom, che non aveva mai lavorato davanti a una telecamera prima di allora, vederlo entrare completamente nel ruolo e crescere come attore cinematografico man mano che giravamo. Ha un grandissimo talento ed è gentile con tutti. Per i bambini è molto facile perdere la concentrazione, ma Tom è assolutamente sulla strada giusta ed è già un attore brillante. Anche gli altri due bambini, Samuel e Oaklee sono fantastici. Oaklee è piccolissimo, ma quando gira è completamente assorbito, preso nella scena. Per lui non è una recita scolastica. Si immedesima fino in fondo“
Certo, sono sempre ragazzi, e prima dello tsunami si trovavano in un incantevole villaggio turistico con la piscina… McGregor ha girato il maggior numero di scene con Pendergast e Joslin, e per lui sono stati i momenti più gratificanti del film:
“Quei due bambini sono la cosa che mi ha dato di più. Il mio rapporto con loro è cresciuto pian piano ed è diventato fantastico. All’inizio li intimidivo un po’, ma dopo un mese è cambiato tutto. Mi stavano sempre intorno e salivano sulla mia roulotte tra una ripresa e l’altra, e la cosa mi faceva molto piacere. Lavorare con quei due bambini è stata la parte più bella di tutto il film“
La preparazione di The Impossible è durata quasi due anni e le riprese si sono svolte per venticinque settimane in più di sessanta set compresi fra la Spagna e la Tailandia. La maggior parte della fotografia ha avuto luogo negli studi di Ciudad de la Alicante, in Spagna, e in numerose location in Tailandia, molte delle quali erano state teatro della catastrofe. Poiché il film racconta la vera storia di persone che hanno vissuto un’indescrivibile esperienza di orrore e devastazione, in segno di rispetto nei loro confronti Bayona ha insistito per rappresentarla con la massima autenticità. Benché all’inizio ricordi molto un horror, dove l’oceano infuriato fa la parte del mostro, il film assume presto uno spessore maggiore, trasformandosi in un racconto di coraggio e redenzione ispirato a una storia vera.
McGregor ha aggiunto che il loro obiettivo era rendere omaggio non solo ai personaggi che interpretavano ma a tutte le vittime dello tsunami:
“Quando racconti una storia vera hai sempre una responsabilità verso le persone che interpreti, ma in questo film più che in tutti gli altri ho sentito di averla nei confronti di chiunque fosse stato coinvolto dallo tsunami. Le persone che sono morte, quelle che sono sopravvissute, gli stessi tailandesi, perché moltissime persone sono state colpite dalla tragedia. Se lo tsunami fosse stato ridotto a mero sfondo, ci sarei rimasto molto male. Ma non era questo che cercavamo di fare“
Ricreare lo Tsunami
Per poter ricreare lo tsunami, la produzione ha lavorato con sei società che si occupano di effetti speciali. Ci è voluto un anno per ricostruire la terribile, spaventosa sequenza di dieci minuti in cui la prima onda mortale inghiotte la costa. Gli esperti di effetti speciali e visivi più volte premiati Félix Bergés e Pau Costa avevano il compito di creare quello che forse è il personaggio più importante del film: lo stesso tsunami. Per Bergés l’unica opzione era usare l’acqua vera. La decisione li ha posti di fronte a scoraggianti problemi di ordine pratico. Per esempio, la truppa ha dovuto trasportare oltre 35.000 galloni d’acqua ogni giorno per ricreare la massa violenta dell’onda. La squadra di Bergés ha condotto test approfonditi per ricostruire il diluvio nel modo più realistico e feroce possibile senza sommergere realmente gli attori. Ha affermato Bergés:
“L’idea era di realizzare un canale di circa sessanta metri. Ma ci siamo resi conto che dovevamo costruirne uno tra i dieci e i quindici metri, per proteggere gli attori e guidarli senza rischi quando usavamo elementi come alberi, macerie e molti altri. Mi riferisco a una sequenza che, fin dall’inizio, sapevamo sarebbe durata circa otto minuti e avrebbe richiesto un centinaio di riprese e che pertanto doveva essere qualcosa di molto versatile”
La troupe ha filmato le scene in cui l’onda trascina via la famiglia, soffermandosi soprattutto sui primi piani di Maria mentre viene letteralmente inghiottita e travolta dall’acqua. Le riprese hanno avuto luogo in una cisterna in Spagna e sono durate circa un mese e mezzo, un’operazione che Bergés ha definito “un incubo”. Ricorda Bergés:
“Abbiamo filmato l’inondazione con due squadre, e le scene sott’acqua erano molto complesse e richiedevano una grande abilità tecnica. La cisterna misurava 100 metri per 80 e aveva uno schermo azzurro sullo sfondo. Non potevamo usare uno schermo verde perché gli elementi di quel colore erano già moltissimi, ma un tradizionale schermo blu sarebbe stato troppo scuro, così lo abbiamo dipinto noi. La difficoltà maggiore nel riprendere un’inondazione è che l’acqua si muove a una velocità vertiginosa, o meglio, che tutto si muove. Perciò ogni cambio richiedeva una gru enorme, capace di muovere una massa di quattro tonnellate“
Benché le riprese dell’onda furiosa fossero sotto controllo, l’esperienza non si è rivelata per questo meno spaventosa, soprattutto per Naomi Watts, che ne ha retto il peso maggiore. Per lo scenografo vincitore dell’oscar Eugenio Caballero invece le orribili conseguenze del maremoto si sono rivelate l’ostacolo più grande. Come Bergés, Caballero ha cercato di evitare trucchi digitali e ha preferito “sforzarsi di realizzare il film alla vecchia maniera… usando set veri e propri e favorendo una fisicità che permettesse agli attori di sentire come i personaggi, di avere l’impressione che la loro storia fosse reale. Gli strumenti digitali sono utili per ricreare tutto ciò che sarebbe difficile realizzare fisicamente, ma, nei limiti del possibile, abbiamo cercato di farne a meno“.
Come rappresentare al cinema gli eventi realmente accaduti
Tra i vari tentativi di Caballero di presentare le circostanze nel modo più realistico possibile per il cast e la troupe va ricordata la ricostruzione del paesaggio devastato, le cui dimensioni erano otto volte maggiori di quelle di un campo da calcio. L’elemento del set più complesso da realizzare è stato un “semplice” albero, che per Maria e Lucas diventa un rifugio dalla tempesta. Ha spiegato Caballero:
“Il set più difficile è stato quello con l’albero di Maria. Era molto grande, per niente facile da gestire. È il primo set che abbiamo iniziato a costruire in Tailandia. Quando siamo arrivati ci siamo resi conto che lo spazio che avevamo scelto presentava molti problemi di accesso. Il livello della falda freatica è molto alto. Abbiamo dovuto costruire una diga per contenere l’acqua perché, quando c’era l’alta marea, l’inondazione che la seguiva ci impediva di lavorare. Dal punto di vista tecnico era molto complicato e, concettualmente,l’albero mi sembrava il cuore del film. Credo che in un altro paese sarebbe stato difficilissimo realizzare un albero simile, ma noi avevamo il vantaggio che, in Tailandia, se tagli un ramo spuntano fuori le radici e, in un batter d’occhio, da un ramo ricavi un albero vivo. È stato un lavoro molto importante sul piano sia strutturale sia plastico. Una volta delimitato lo spazio in cui volevamo costruire l’albero e l’ambiente circostante, abbiamo iniziato a realizzare un fossato di calcestruzzo per controllare l’acqua e mantenerla sempre allo stesso livello, in modo che restasse pulita e gli attori si potessero muovere. Poi ci siamo resi conto che non potevamo scavare per costruire il fossato. Dovevamo ricavarlo partendo dal livello del suolo in su, così abbiamo dovuto aggiungere della terra e rialzare un po’ l’area circostante per creare un’atmosfera di caos e distruzione. Da lì abbiamo creato le basi per l’albero di Maria, che misurava circa sette metri. Abbiamo testato più volte il ramo sul quale stavano per assicurarci che fosse comodo e per permettere agli attori di montarci sopra e a noi di raccontare la storia come volevamo“
Caballero ha poi aggiunto che, forse, il momento più significativo nella ricostruzione del mondo di The Impossible è stato osservare la reazione dei nativi che lavoravano al film o avevano un ruolo come comparse nel rivivere la furia devastatrice dello tsunami. In effetti, la produzione ha girato nello stesso ospedale in cui Maria era stata ricoverata e la troupe di Caballero l’ha riportato alle condizioni di caos del dopo tsunami.
La produzione ha anche realizzato un impianto speciale per permettere alla squadra di Fauro di riprendere le scene critiche in cui Watts è sott’acqua, una sequenza particolarmente difficile, perché la protagonista è intrappolata nel mare infuriato e l’acqua è tutt’altro che cristallina. Buona parte della sequenza è stata girata non nella cisterna ma in una piccola fossa.
The Impossible di Juan Antonio Bayona arriva nei cinema italiani, distribuito da Eagle Pictures, da giovedì 31 Gennaio 2013.