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Snaps – Oltre Lo Sport su Sportitalia: Alessandro Melli ospite dell’ultima puntata il 20 aprile

Snaps - Oltre Lo Sport è una serie di interviste senza filtri, un faccia a faccia fra chi cerca la possibilità di raccontare la propria storia con la propria voce e chi si pone in ascolto per accogliere, capire e condividere.

Dal 2 marzo al 20 aprile ogni lunedì alle ore 20.00 su Sportitalia è andata in onda Snaps – Oltre Lo Sport, serie condotta da Roly Kornblit che, in otto puntate, raccontando le vicende umane e sportive di altrettanti personaggi del mondo dello sport.

Otto interviste per mettere in risalto la stretta relazione tra sport e vita: da una parte l'impegno e i risultati dell'attività agonistica del protagonista, dall'altra la prospettiva personale, lo sguardo privilegiato e umano attraverso cui tale esperienza si è dipanata.  

La comunicazione tra il protagonista della puntata e il conduttore è con l'ospite avvolto nella semi-oscurità di una "stanza delle verità". In ogni puntata, il flusso di comunicazione complice e autentica, quella dei sentimenti, dei valori, delle intime verità del protagonista parte da frammenti visivi – Snaps per l'appunto – che Roly Kornblit invita a scoprire. Ogni immagine corrisponde a uno specifico istante di vita, a una sensazione precisa – a volte scomoda – sulla quale solo l'intervistato può realmente fare chiarezza narrandola dal proprio punto di vista, spesso distante da quello comune. 

Il primo appuntamento ha visto protagonista la campionessa italiana Carolina Kostner, vincitrice di un titolo mondiale e di una medaglia olimpica nei singoli del pattinaggio di figura. I successivi ospiti sono stati: l'ex dirigente sportivo Luciano Moggi; Donata Bergamini, sorella del giocatore Denis del Cosenza trovato morto nel 1989; Andrea Aiello, campione di pallavolo; Roberto Pregnolato, massaggiatore del ciclista Marco Pantani; l'atleta paralimpica Giusy Versace; l'ex attaccante di Napoli e Milan Giuseppe Incocciati. Nell'ultima puntata, in onda il 20 aprile, l'ex attaccante e team manager del Parma Calcio con un breve trascorso anche in maglia rossonera Alessandro Melli.

Il programma è stato registrato poco prima dello scoppio dell'emergenza sanitaria Covid-19, ha continuato ad andare in onda con regolarità.

Sportitalia è visibile in chiaro e gratuitamente sul canale 60 del digitale terrestre. Per i possessori di una Smart Tv dotata di tecnologia HbbTv, dallo scorso mese di luglio è possibile accedere a SI Smart, la nuova offerta di quattro canali tematici gratuiti targata Sportitalia. Basta premere il pulsante rosso per entrare nel mondo Si Smart che regala agli appassionati l'esperienza di Sportitalia HD, SI Live24, Si Solo Calcio e SI Motori. Tutti senza spendere un euro e senza la necessità di alcun abbonamento.  

KOSTNER: "NON APPENDO I PATTINI AL CHIODO"

"Sono stata squalificata dodici mesi: un tempo lungo ma così pieno di eventi che alla fine è quasi volato". Così Carolina Kostner, posta di fronte a una polaroid, si confida al conduttore Roly Kornblit nella prima puntata di Snaps – Oltre lo sport su Sportitalia. "Non amo piangermi addosso ho un carattere tale per cui voglio affrontare i problemi, superarli e trovare delle soluzioni. Ed è quello che ho fatto, mi sono rimboccata le maniche e penso che chi mi ha seguito in questi anni ha capito che non sono una persona che si arrende facilmente".

La campionessa del pattinaggio aggiunge: "Dopo una vita passata a lottare per il successo in modo pulito, con dedizione e sacrificio, senza mai prendere nessuna scorciatoia è stato difficile giustificarmi, anche se avevo la consapevolezza di non avere avuto mai niente a che fare con il doping. È stato un periodo molto duro – ammette – ma ora è passato. Certo, in quella circostanza, come qualunque donna mi sono sentita delusa, arrabbiata ma oggi con onore posso dire che sono testimonial della Wada" (l'Agenzia mondiale antidoping, ndr)". La squalifica però non è l'unico tema affrontato dalla campionessa del pattinaggio di figura che si dichiara oggi "innamorata" e fiduciosa che "amore e carriera possano conciliarsi".

Dall'infanzia vissuta in famiglia sul ghiaccio, dove "lo sport e l'arte sono stati argomenti molto presenti", alla decisione di lasciare l'Italia per continuare ad allenarsi, dall'amore per il pattinaggio che per lei è stato "un destino più che una scelta" ai suoi progetti futuri, Carolina si racconta senza filtri in un faccia a faccia in cui lascia trasparire tutte le sue emozioni. "Dopo la squalifica ho dovuto ricominciare  ma i periodi di stop delle volte sono anche molto importanti per fare un punto, per riflettere e per reinventarsi". Per la campionessa olimpica infatti "è difficile arrivare alla vetta ma ancora più difficile è rimanere lì". E ha aggiunto: "Quello che è sicuro è che non appendo i pattini al chiodo: sogno di continuare a condividere le mie emozioni sul ghiaccio con le persone, a prescindere che si tratti di una gara, di un'esibizione, di altri progetti in cantiere o di Cortina 2026, anche se l'idea di rivivere un'Olimpiade nel proprio paese   è bellissima".

Per la Kostner il pattinaggio artistico è stato "un sogno diventato realtà; un sogno che è andato oltre le medaglie e le vittorie". E racconta: "Le medaglie  sono sicuramente una grandissima motivazione per dare il meglio di sé, ma per me conta più il percorso, ciò che s'impara strada facendo, come affronti i problemi e come li superi: è questo che fa la differenza".

Kostner ha poi ricordato i tanti sacrifici fatti negli anni, tra cui uno in particolare rivelatosi però "positivo" per la propria carriera: "Sono andata via da casa a 13 anni dopo il crollo della pista di ghiaccio di Ortisei: è stato molto difficile per me, ma anche per la mia famiglia. Tanti anni fa quando sono dovuta partire le strutture non erano così adeguate, per questo  sogno di creare un circolo virtuoso che permetta alle nuove generazioni di rimanere a casa". Ma questo non è il solo sogno nel cassetto della Kostner che precisa: "Sogno di avere un giorno uno spettacolo tutto mio qui in Italia e di portare il pattinaggio in giro per il paese molto più spesso".

DONATA BERGAMINI: "IN UNA LETTERA A NICOLA GRATTERI LA MIA RABBIA PER IL TRASFERIMENTO DI FACCIOLLA"

Donata Bergamini è l'ospite dell'intervista con Roly Kornblit nella terza puntata di "Snaps – Oltre lo sport", in onda lunedì 16 marzo alle 20.00 su Sportitalia: l'ultima rilasciata prima della morte di papà Domizio avvenuta il 30 gennaio.

Posta di fronte a tante polaroid che raccontano il legame profondo che aveva con il fratello Denis, centrocampista del Cosenza trovato morto a soli 27 anni il 18 novembre 1989, Donata Bergamini rievoca gli anni felici della sua infanzia vicino a un fratello che adorava e aveva pochi mesi di differenza da lei ma ripercorre soprattutto 30 anni di lotte, per arrivare a fare luce su una "triste verità": quella di una "morte fatta passare per un suicidio". Le prime indagini conclusero infatti che Denis si era lanciato sotto un camion e una foto in bianco nero lo aveva immortalato. Ma quella foto a Donata e a suo padre non ha mai convinto e oggi dopo 30 anni, grazie alla sua ostinazione è emerso chiaramente che Denis è stato ucciso.

"La prima verità l'abbiamo già raggiunta quando abbiamo riesumato il corpo di Denis il 10 luglio del 2017", spiega Donata Bergamini a Roly Kornblit. "Quel giorno il suo corpo ha parlato e grazie alle nuove tecnologie è emerso che era stato prima soffocato e poi adagiato sull'asfalto e schiacciato dal camion. Adesso però cerchiamo la giustizia, i responsabili" aggiunge con voce ferma.

Alla domanda di Roly Kornblit se ha ancora fiducia nella magistratura, Bergamini risponde: "Avevo trovato un procuratore che mi aveva ridato fiducia nella magistratura, anche se non l'avevo mai del tutto persa. Ma nel momento più bello, quando finalmente pensavo di essere arrivata alla verità, la magistratura mi ha fucilato: è arrivato il trasferimento del procuratore Eugenio Facciolla: trasferimento che non riesco proprio a digerire.", afferma Bergamini.

"Ho scritto una lettera al procuratore Nicola Gratteri in cui esprimo tutta la mia rabbia perché non siamo ancora arrivati alla verità. Non è accettabile per una famiglia a un passo dalla verità e dalla giustizia, che a un procuratore non venga data l'opportunità di portare a termine il proprio lavoro. Certamente lo può portare a termine qualcun altro, ma bisogna vedere come lo fa". E precisa: "Senza nulla togliere al procuratore che arriverà, ritengo che la giustizia sia veramente crudele: il primo procuratore è stato promosso, il secondo è andato in pensione e chi ha effettivamente lavorato è stato trasferito. Non credo sia giusto e non riesco a credere che sia casuale. In 30 anni ne sono successe troppe".

E conclude: "Io non mi fermerò, non mi posso fermare. E sarebbe giusto che nessuno si fermasse, neanche la magistratura e che il CSM mi appoggiasse visto come sono stata trattata per 30 anni".

ANDREA AIELLO, L'ULTIMO CAPITANO DELLA MAXICONO PARMA

Era il 9 maggio del 1990 quando una squadra di pallavolo di una piccola città conquistava tutto il possibile, in Italia e nel mondo: Coppa Italia, Coppa delle Coppe, Mundialito e Supercoppa europea. Era l'ultimo atto di una stagione mai più ripetuta della Maxicono Parma: un club composto da grandi campioni, da una vera "generazione di fenomeni" e chi ha vissuto quei giorni di gloria non può certo dimenticarlo. Lo sa Andrea Aiello, l'ultimo capitano della Maxicono ospite di Roly Kornblit nella quarta puntata di "Snaps – Oltre lo sport", in onda lunedì 23 marzo alle 20.00 su Sportitalia.

"La Maxicono del Grande Slam era una squadra simbolo – dice Aiello – e il 1990 è stato un anno incredibile, un anno capolavoro. Ero il numero 11 – ricorda – e nella squadra c'erano campioni come Giani, Zorzi, Bracci, Gravina, giocatori di alto livello e da cui ho appreso molto non solo dal punto di vista tecnico ma anche personale. Tra noi c'era un'armonia totale" – aggiunge. "Insieme abbiamo fatto un'impresa storica".

Poi il tempo passa, arrivano i grandi investimenti, una stagione si chiude e il volley non è più lo stesso. La nascita della Polisportiva Milan che riunisce diverse discipline e acquisisce squadre e giocatori cambia lo scenario del volley italiano. "Milano significa soldi, Berlusconi e l'inizio di una nuova era – ricorda Aiello – quella di una pallavolo di alto livello con uno sponsor molto importante come Mediolanum che voleva vincere tutto. Milano ha preso tanto da Parma, ha fatto investimenti importanti, mai visti fino ad allora nella pallavolo, ha acquistato giocatori a fior di milioni, miliardi nel caso di Zorzi. Però non sempre portando via tanti giocatori formi una squadra" – puntualizza l'ex capitano della Maxicono. "Puoi formare individualità, formi un gruppo ma non sempre formi una squadra: una squadra è un'altra cosa. E Milano non a caso non ha mai vinto lo scudetto: questa è la legge dello sport". – conclude.

Nel corso della sua intervista con Roly Kornblit Aiello ripercorre i primi passi mossi nella palestra di San Benedetto, gli inizi della sua carriera, i fasti con la Maxicono ma anche gli anni del cambiamento, la sua avventura con Cariparma, fino alla drammatica chiusura della società Pallavolo Parma. "Per me è stata una grande delusione. – dice Aiello – Per una squadra con una storia come la nostra uscire di scena per qualche centinaio di migliaia di euro, in un contesto in cui ci sono investimenti milionari, e non aver trovato un pool di sponsor è stato un peccato. Forse se ci fosse stata una maggior attenzione mediatica per questo problema un pool di sponsor si sarebbe trovato. Non lo so. Sarebbe bastato poco, un investimento minimo per avere un grande risultato. Sono stato molto deluso – ripete – e mi dà ancora molto fastidio parlarne".

Adesso nella città di Parma la grande pallavolo manca ormai da tanti anni. "Oggi i giovani a Parma fanno fatica ad avere come punto di riferimento una squadra di pallavolo come lo è stato per me", sottolineando come il calcio invece sia più attraente per i ragazzi rispetto agli sport minori. Suo figlio, però, nonostante un iniziale interesse verso il rugby, ha deciso di seguire le orme paterne e di giocare a pallavolo. E chissà che la grande storia non si ripeta.

ROBERTO PREGNOLATO

"Raccontare Pantani è quasi impossibile oppure troppo facile: tutti sanno cosa sia un fenomeno, ma lui era qualcosa in più, nemmeno io so descriverlo anche se sono stato con lui 14 anni". Così Roberto Pregnolato ex massaggiatore di Marco Pantani interviene da Roly Kornblit nella quinta puntata di "Snaps – Oltre lo sport", in onda lunedì 30 marzo alle 20.00 su Sportitalia.

Parlare del campione del ciclismo però vuol dire non solo rievocare le sue grandi imprese, ma anche tornare sul caso della sua morte, avvenuta nella stanza di un residence di Rimini il 14 febbraio 2004. "Non è facile essere qui in questo momento, però credo che lui mi stia ascoltando e che quello che sto facendo sia un bene per lui" confessa davanti alle telecamere Pregnolato .

Pregnolato, che Pantani amava chiamare Robespierre, conosceva bene sia l'uomo che l'atleta: "L'uomo era diverso dall'atleta, perché Marco nella vita di tutti i giorni era una persona semplice, che viveva tra la gente, che non si nascondeva dietro alla bicicletta o al fatto che era famoso". E prosegue: "Aveva dinamite nelle gambe. L'ho massaggiato per 14 anni, ero ormai più il suo papà che il suo massaggiatore. E durante i massaggi parlavamo di tutto, si rideva".

Alla visione della polaroid su Madonna di Campiglio Pregnolato torna al giorno in cui è iniziato il declino del campione: a quel 5 giugno del 1999 quando Pantani venne escluso dal Giro d'Italia per valori anomali del sangue che gettano su di lui l'ombra del doping. "Non era doping all'epoca si poteva fare uso di questa sostanza per aumentare l'ossigenazione del sangue, bastava non andare oltre il 50%. Quando Marco ha saputo la notizia della squalifica è rimasto scioccato. E da lì è iniziato il declino".

Per Pregnolato in quell'occasione Pantani "è stato abbandonato": "Il direttore sportivo non ha fatto niente per proteggerlo e non l'hanno protetto neanche le istituzioni e la federazione… perché Pantani era fuori del sistema. Se un corridore bara è giusto che venga sospeso ma Pantani era in maglia rosa, non aveva bisogno di questi espedienti".

Secondo l'ex massaggiatore, ci sono troppe cose "che non quadravano", come la massiccia presenza dei giornalisti ancora prima di conoscere i risultati dell'ematocrito. Un complotto? Chiede Kornblit "Lo volevano fermare". Chi? "Il sistema: la federazione, il Coni, i gruppi sportivi stessi. Dava fastidio che lui vincesse così tanto". E ricorda: "La sera prima di Madonna di Campiglio il secondo direttore sportivo Alessandro Giannelli ha detto a Marco che bisognava lasciar andare via la fuga perché stavamo antipatici a qualcuno, che se vincevamo troppo avremmo potuto avere dei problemi". Dichiarazioni mai confermate dal dirigente sportivo.

Per Pregnolato tutti sono responsabili della fine del campione, anche i giornalisti che "l'hanno gettato in pasto ai leoni", ricordando che era costretto a nascondergli i giornali "perché lui altrimenti andava in crisi".

Complotto, giro di scommesse, valori del sangue alterati, cocaina: tutti elementi che messi insieme hanno determinato la fine di una carriera sportiva e di una vita. "La somma è facile: l'hanno ucciso" dice Pregnolato senza troppi giri di parole.

E sull'uso della cocaina, l'ex massaggiatore punta il dito contro l'ex manager Manuela Ronchi. "Ultimamente andava spesso con la sua manager e lei non l'ha accudito, lei quel giro lì ce l'aveva"– dice precisando che "Marco non aveva bisogno della cocaina per andare in bicicletta". E tu non potevi aiutarlo? chiede Kornblit "C'era la sua manager e lui si fidava di lei" – replica. "Probabilmente lei lo ricattava, era lei che l'ha messo in crisi". Accuse pesanti che vanno ad aggiungersi ai dubbi sollevati di recente anche da Fabio Miradossi, l'uomo condannato per spaccio nella vicenda del Pirata, e che andranno ad alimentare nuove polemiche a poco più di un mese dal sedicesimo anniversario della morte del campione.

"Quel 14 febbraio 2004 ero a casa e mi ricordo che ero al piano terra quando mia moglie mi ha detto che Marco era morto" dice Pregnolato con le lacrime agli occhi e la voce strozzata in gola.

"Marco è morto e sono morto anch'io", ma per lui "non è mai andato via. "Eh caro Pata… qualche tappa la starai vincendo ancora" ha concluso.

GIUSY VERSACE

"La vita mi ha tolto un paio di gambe ma mi ha dato tantissimo, molto più di quanto potessi pensare". Parla così Giusy Versace ospite di Roly Kornblit nella sesta puntata di "Snaps – Oltre lo sport", in onda lunedì 6 aprile alle 20.00 su Sportitalia.

Nel periodo in cui tutto il mondo dello sport è fermo per arrestare la diffusione del Covid – 19 al punto che le Olimpiadi e le Paralimpiadi sono state rimandate, l'esperienza e la determinazione di Giusy Versace, atleta paralimpica, conduttrice tv, scrittrice e deputata della Repubblica sono quanto mai emblematiche e capaci di infondere forza e coraggio, suggerendo non poche riflessioni anche per chi oggi lotta per combattere la malattia o semplicemente vede limitare la propria libertà personale dalle misure di contenimento. L'incidente in auto che l'ha catapultata nel 2005, a soli 28 anni, nel mondo della disabilità ha rappresentato per lei una caduta ma anche un'occasione di rinascita. "Lo sport mi ha regalato una nuova opportunità di vita – ha dichiarato Giusy Versace – mi ha aiutato ad alzare l'asticella, mi ha incoraggiato ad andare oltre e mi ha reso più forte e consapevole. Non credevo di arrivare ai livelli a cui sono arrivata" – ammette.

Giusy si rialza, spinta dall'amore per la vita, indossa le sue protesi in carbonio e diventa la prima donna in Italia a gareggiare con un'amputazione bilaterale. Vince una serie di titoli italiani sui 100 e 200 metri, per i bambini diventa "Wonder Giusy". Ma tutto le costa sacrificio, fatica e impegno.

"Quando ho iniziato a correre, cosa che ho fatto solo per dare uno schiaffo morale a tutti quelli che dicevano che sarei caduta, ero una papera che saltellava anche perché quando ero 'intera' e avevo le gambe non ero un atleta ma una sportiva come tanti", e c'è "una bella differenza", ricorda Giusy, Ad aiutarla nel suo percorso oltre la sua famiglia e il suo allenatore, c'è stata anche la fede grazie a cui ha invertito la domanda che da mesi occupava la sua testa: da "perché a me?" a "perché non a me?".

"Non so se c'è un motivo per cui ho perso le gambe" ha poi confidato Giusy "quello che so è che oggi non posso far finta di niente e dato che ho scoperto di avere questa forza, questa determinazione e questo amore immenso per la vita ho bisogno di raccontarlo alla gente, di contagiarli, perché sogno di vedere un mondo molto più generoso, più inclusivo e più propositivo. Basta piangersi addosso".

Quanto hanno contato i soldi e il suo cognome per rialzarsi? – chiede Kornblit. "Il mio è un nome importante di cui vado fiera ma che è anche pesante da portare. Tanti dicono che se non fossi una Versace non parlerebbero di me, ma io ho scelto di mettermi in gioco e di mettere il mio volto nello sport, in tv e in politica per uno spirito di condivisione", certa che è necessario raccontare più apertamente il mondo della disabilità. Quanto alle spese sostenute, Versace, a cui è stato riconosciuto l'infortunio sul lavoro, ricorda che in Italia c'è un Sistema Sanitario Nazionale che "garantisce la copertura base" ma "non la tecnologia avanzata" ed è per questo che ha fondato la Onlus "Disabili No Limits", proprio "per garantire la stessa opportunità a chi non se lo può permettere".

Di fronte poi alla polaroid che la ritrae con le protesi in vista sul Red Carpet di Venezia lo scorso anno, Versace ammette che "è stata un'esperienza molto forte" e spiega: "Volevo che le donne imparassero a guardarsi allo specchio pensando che anche con una disabilità non si può e non si deve rinunciare a sentirsi un po' fashion e glamour". E aggiunge: "Quella passerella ha colpito molto di più all'estero, dove mi hanno dedicato pagine di copertina e servizi televisivi, che in Italia, forse perché in questo paese, per una questione culturale abbiamo ancora paura di parlare di disabilità". Per fortuna lo sport "è un grande veicolo" per combattere i pregiudizi e "aiutare gli altri a guardarci non come dei 'poverini' ma come persone che hanno delle difficoltà".

GIUSEPPE INCOCCIATI

"Maradona è ancora il re di Napoli, un re in esilio ma sempre un re. Ed è un re molto amato". Non ha dubbi Giuseppe Incocciati, amico di Maradona, ex attaccante di Milan e Napoli e ora allenatore dell'Atletico Terme Fiuggi su chi detenga ancora oggi lo scettro della città partenopea. Ospite di Roly Kornblit nella settima puntata di Snaps – Oltre lo sport, in onda lunedì 13 aprile alle ore 20.00 su Sportitalia.

Incocciati ripercorre la sua lunga amicizia con il pibe de oro nata nella metà degli anni Ottanta proprio sul campo del San Paolo, alimentata da una complicità forse dettata dagli astri ("siamo entrambi degli scorpioni") rievocando gli anni di gloria del campione, i goal memorabili, ma anche i giorni più bui che hanno travolto Maradona e la squadra, lo scandalo della droga, l'arresto, la caduta di un campione a cui è seguita una lenta e faticosa rinascita fuori dall'Italia.

Per Incocciati tra "Maradona e Napoli è stato un gran bel matrimonio", di quelli che durano per tutta la vita e vanno al di là del tempo e delle incomprensioni. Testimone privilegiato di quegli anni straordinari "dove la gente era felice, entusiasta ed orgogliosa di quella maglia e di appartenere a quel territorio" Incocciati ha poi spiegato: "Maradona ha fatto qualcosa di grandissimo, di entusiasmante che forse neanche Totò è riuscito a fare: è stato l'unico in assoluto a unire un popolo e a farlo sentire padrone di qualcosa di bello".

Quanto all'abuso di droga da parte del numero 10 del Napoli, Incocciati ha spiegato: "Maradona non aveva bisogno della droga per migliorare le sue prestazioni, che erano nettamente superiori della media. La droga è stato un vizio nato come un gioco, come succede a tanti, e lui ha capito al limite che quel gioco stava diventando pericoloso per la sua salute. Ora so che ha smesso e sono contento per lui, perché altrimenti non c'è ritorno. I giovani devono sapere che con la droga non si gioca, che sia leggera o pesante".

Alla domanda di Roly Kornblit se lui e Maradona si siano più rivisti racconta: "Qualche anno fa è venuto a trovarmi a Fiuggi dove ha anche giocato a golf con me ed è rimasto meravigliato perché questa città è abituata ai personaggi e non usa disturbarli": una vera novità per un icona dello sport come lui. E conclude: "Se Maradona fosse nato oggi avrebbe guadagnato numeri da fantascienza", pensando agli introiti che generano oggi i calciatori tra sponsor e media e a quanto Maradona, nonostante le tante cadute, "resti ancora una fonte di guadagno per tanti". 

ALESSANDRO MELLI

"Calisto Tanzi? Un imprenditore della porta accanto" Così Alessandro Melli, ex bomber del Parma, definisce il patron che portò la squadra gialloblu sul tetto d'Europa, ospite di Roly Kornblit nell'ultima puntata di Snaps – Oltre lo sport, in onda lunedì 20 aprile alle ore 20.00 su Sportitalia.

Melli rievoca gli anni d'oro dei ducali di cui fu uno dei grandi protagonisti, passando alla storia come il primo marcatore della squadra in serie A e il pensiero va anche a Tanzi e alla sua famiglia di cui "non può non parlare bene" nonostante la vicenda giudiziaria che li ha travolti. "A noi ragazzi non facevano mancare nulla – racconta – non solo sotto l'aspetto materiale ma anche dal punto di vista affettivo. Cristiani praticanti, i Tanzi ci invitavano a casa loro a pranzo o a cena, a Natale, a Pasqua: la loro porta era sempre aperta, non era un imprenditore lontano, potevi andarci a parlare in qualunque momento", sottolineando come per la città di Parma lui fosse diventato un simbolo, grazie alle vittorie ottenute "in Italia e in Europa". 

Melli rivive gli anni del successo vissuto nella propria città, quando da tifoso è diventato un calciatore "applaudito dalla sua stessa curva", ripensa ai grandi campioni incontrati sulla sua strada primo fra tutti Roberto Baggio, per lui "il più grande calciatore italiano che abbia mai solcato i campi i verdi", ma ripercorre anche il crack Parmalat e i dieci anni vissuti da team manager a partire dal 2005, quando si trovò a guidare una squadra "molto diversa" rispetto a quello in cui militava da giocatore, pronta a ripartire ma con un "profilo decisamente più basso".

Consumatosi il divorzio tra Melli e il Parma calcio, la squadra viene prima commissariata e in seguito gestita da una serie di imprenditori da lui definiti senza troppi giri di parole "buffoni". "Manenti è stato l'apice totale di una barzelletta dove ci sono stati tanti interpreti, tanti colpevoli ma anche tante vittime innocenti" – puntualizza. Ma dopo la caduta in serie D per il Parma calcio arriva il momento della rinascita: la fenice risorge in serie A e Melli prova invano a tornare a far parte della storia della sua squadra del cuore.

La vita invece gli riserva un'altra strada: l'ex attaccante fonda una scuola di formazione professionale e lavora a contatto con i giovani con i quali condivide passione ed entusiasmo riuscendo a mettere a frutto la sua grande esperienza. Il mondo del calcio nel frattempo è cambiato, la presenza dei media ha fatto scemare il rapporto tra giocatori e tifosi raffreddando un rapporto in cui per Melli risiede l'essenza di questo sport: "La gente ti fa dare qualcosa in più, ti spinge a correre, a sudare, a lottare. Il calcio senza i tifosi sarebbe qualcosa di asettico, di triste e di molto noioso".  Parole che fanno riflettere oggi che si pensa un'ipotetica ripresa del campionato a porte chiuse.

 

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