Se sposti un posto a tavola
Se sposti un posto a tavola

Se sposti un posto a tavola, Christelle Raynal parla del film


Intervista a Christelle Raynal, regista della commedia francese Se sposti un posto a tavola.

Di seguito vi proponiamo l'ntervista fatta a Christelle Raynal, regista della commedia francese Se sposti un posto a tavola che uscirà nelle sale italiane il 25 Luglio 2013.

Lei viene dalla pubblicità. Ha sempre desiderato realizzare un lungometraggio?
Mi è sempre piaciuto creare immagini e raccontare, a prescindere dal tipo di supporto che usavo: cartoni animati, pubblicità, cinema. Ho sempre disegnato personaggi, esclusivamente ragazze, e per ognuna di loro inventavo delle storie.
Vengo da Clermont–Ferrand, non conoscevo nessuno e mi sono trasferita a Parigi per studiare in una scuola di grafica; volevo confrontarmi con gli altri per sapere quale era il mio livello.
Appena diplomata un giorno ho visto alla tv Jacques Seguela: mi sono presentata nella sua agenzia, il direttore creativo ha guardato il mio book e mi ha assunto. Poi sono diventata assistente alla direzione artistica, lavoravo sui promozionali della Citröen. Ho cominciato a trasformare le idee degli altri in immagini, a fare lo storyboard per i registi. E quando mi sono resa conto che ogni inquadratura che disegnavo arrivava sullo schermo, mi sono sentita autorizzata a sognare di fare la regista…

Comunque ho dovuto aspettare altri dieci anni prima di girare una pubblicità. Ne ho fatto cento, anche la campagna per la Croce Rossa con Adriana Karembeu. E poi un giorno Bruno Le Moult, il mio mentore, l'uomo che mi ha insegnato tutto quello che so, un genio della pubblicità, l'uomo che ha inventato le campagne della Kodak e di Kookai, solo per ricordare quelle più famose, è morto improvvisamente. E questo mi ha fatto passare la voglia di lavorare per gli altri. Ho creato la mia agenzia e da cinque anni mi occupo delle campagne pubblicitarie per Bourjois.

Cosa l'ha spinta a girare un cortometraggio?
Un giorno il mio produttore di pubblicità mi ha detto "Hai un corto nel cassetto? Ti dò otto giorni per farmelo leggere. E io gli ho risposto: "Certo!" Anche se non avevo niente. Ma sentivo che era arrivato il momento, che ero pronta e che quella era un'occasione che non potevo perdere. E ho scritto "J'attendrai", la storia di un principe affascinante… dei tempi moderni.

Ho girato questo cortometraggio sperando che poi un produttore cinematografico mi proponesse di realizzare un lungometraggio. E' andata così. Gilles Paquet-Brenner e Stéphane Marsil hanno visto il mio lavoro e mi hanno chiesto un film vero e proprio. Ho letto una sceneggiatura della quale avevano acquisito i diritti, ma da quel testo non sono riuscita a trarne alcuna ispirazione. Allora mi hanno parlato di questo pitch che avevano ricevuto da Francis Nief: "Plan de table (Se sposti un posto a tavola". L'idea di base c'era: tre posti tavolo e l'innamorato che vuole riprendersi la sposa. Francis, abituato a scrivere per la televisione, l'aveva trasformata in un poliziesco. E invece a me sembrava che a un matrimonio si dovesse parlare di sentimenti. Gli ho chiesto di considerare il film come una commedia romantica. Ho pensato che andare su quel terreno poteva essere una sfida e spero di averlo dimostrato. Basta con gli stranieri che monopolizzano le commedie romantiche…

Come è stato scrivere insieme?
Ho capito subito che io e Francis eravamo un binomio perfetto. Ci piacciono l'eleganza e lo stile.  Il mio lato combattivo, quello da ragazzo mancato -anche un po' rozzo- si adatta perfettamente alla sua sensibilità, che è più sottile, più femminile. Ridiamo delle stesse cose, siamo complementari, anche considerate le nostre esperienze precedenti, io con la pubblicità  e lui con la televisione. Io ero ossessionata dal realizzare un film a sketches e lui era ossessionato dallo scrivere un telefilm. La nostra coppia ha funzionato da subito.

Abbiamo lavorato per due anni, ma giravamo intorno alla storia. I produttori erano entusiasti, ma non abbastanza costruttivi ed erano presi da un film importante che gli impediva di dedicarsi a noi. Abbiamo chiuso il rapporto senza rancore. E il caso ha voluto che indirettamente, grazie ad un matrimonio, io abbia incontrato la persona che poi è diventata il produttore del film. La mia migliore amica si sposava a Saint-Tropez: sulla spiaggia ho conosciuto Maxime Japy, per caso, e abbiamo cominciato a chiacchierare. Mi dice "Sono un produttore". E io " Ah, io sono una regista!" E continua " Non ho ancora prodotto niente. Mi piacciono solo le commedie"  Io rincaro la dose  "Anche a me!" Il nostro sodalizio è nato così!

Come sono andate le riprese?
Ero preoccupata di riuscire a dare uno spessore a ognuno dei miei personaggi, non volevo che fossero delle caricature, ma persone reali. Volevo che lo spettatore che li vedeva sullo schermo li potesse seguire, amare, che provocassero empatia, risate, anche rifiuto. Perché se la recitazione dell'attore non è abbastanza, sullo schermo resta solo la forma.

E poi dovevo imparare a delegare. Mi sono fidata, e sono riuscita a concentrarmi il più possibile sui miei attori. Anche perché con la sceneggiatura eravamo arrivati a delle riprese abbastanza complesse: i posti tavola, le scene, gli attori principali. E il meccanismo infernale della commedia…

La cosa più difficile è stata fare in modo che tutti gli attori fossero bravi nello stesso momento. Per alcuni era buona la prima, altri dovevano arrivare all'ottavo ciak per dare il meglio. Ognuno di loro ha esperienze, riflessi e bisogni diversi. Se poi aggiungi le varie affinità, le nevrosi di qualcuno, le angosce di tutti, e un po' di messa in scena comunque…Avevo parecchio di cui occuparmi! Il film è finito e tutti gli attori sono geniali. E' un film divertente, ma c'è anche dell'altro. E spero che tra le risate si insinuino anche le emozioni…

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