Wolf Call - Minaccia in Alto Mare è una pellicola dalla messa in scena sontuosa, interpretato dall'astro nascente del cinema francese François Civil, che risente di una prima parte introduttiva un po' troppo lenta
Chanteraide (François Civil) ha una capacità innata davvero sorprendente: riesce, infatti, a riconoscere ogni suono che colpisce anche solo leggermente il suo orecchio. Un'abilità che gli risulta senz'altro utile per il suo lavoro. Chanteraide, infatti, fa parte della marina francese ed è arruolato all'interno del sottomarino, per sondare gli echi sotto la superficie del mare. Durante una missione, un errore di valutazione mettono a repentaglio la stima che il ragazzo ha di se stesso. Da quell'errore ne nasce una situazione diplomatica davvero delicata, che potrebbe portare persino alla guerra. Ecco perché Chanteraide decide di mettere da parte i suoi dubbi e si rende utile al suo comandante Grandchamp (Reda Kateb) e al suo amico D'Orsi (Omar Sy). Insieme all'ammiraglio Alfost (Mathieu Kassovitz), Chanteraide dovrà impegnarsi al massimo per evitare che delle azioni senza possibilità di perdono vengano messe in atto.
Il titolo originale dell'opera di Antonin Baudry, Le Chant du Loup (il canto del lupo) indica, nel gergo militare dei sottomarini, il rumore di un sonar che riesce a individuare la posizione del vostro sottomarino. In genere quando un orecchio puro, come lo è Chanteraide, riesce a cogliere il canto del lupo è troppo tardi e la fine è giunta. In questo senso il film di debutto di Baudry rimane coerente con la natura che si presenta al pubblico sin dalla prima scena, quando la tensione passa attraversi gli echi che popolano le profondità del mare, sotto un manto d'acqua che sembra in grado di separare la Terra in due mondi distinti. Tuttavia si ha come l'impressione che il mondo dei sottomarini e della marina francese sia in qualche modo uno scudo, una facciata che serve al regista per trattare una certa idea di dovere, di risposta ad ordini che paiono ineluttabili.
Wolf Call riflette molto su cosa significa accettare l'insubordinazione e sul fatto che possa essere pericolosa tanto quanto la più diligente realizzazione di ordini ricevuti. Ed è proprio in questa dicotomia che sfiora l'ossimoro che si riscontra l'elemento più interessante del film. Dopo un'introduzione utile a far familiarizzare lo spettatore con una terminologia sconosciuta ai più e che risulta un po' lenta, il film decolla e si pone a metà strada tra l'intrigo internazionale, l'azione e una lettura più intima, adagiata sulle spalle dei personaggi.
Personaggi che rimangono tutti privi di un passato, di un percorso che li ha portati a diventare quello che sono. Nessuno di loro ha un nome e cognome, di nessuno conosciamo la storia o i legami familiari. Il regista pone lo spettatore davanti a delle maschere che vengono definite dal loro ruolo e dalle scelte che prendono davanti il loro dovere. La macchina da presa, allora, insiste sui volti, sugli sguardi spaventati. E in questo il volto del protagonista François Civil ne esce privilegiato: è su di lui che si basa il livello emotivo del film, quella ricerca di empatia che non passa attraverso i facili ricatti emotivi ma che sorprende per la sua potenza, pur derivando da una messa in scena che cerca di rimanere il più freddo possibile, con l'austerità che di solito siamo abituati a trovare negli ambienti militari.
Un cenno va fatto senz'altro all'attenzione data all'impianto sonoro della pellicola. Proprio perché estremamente importante a livello di trama e narrazione, il suono così come i cosiddetti rumori di fondo rappresentano la vera colonna sonora di Wolf Call, che si adagia anche su inquadrature precise e immagini perfettamente studiate. Sembra non esserci niente lasciato realmente al caso, in questa tragedia (nel senso greco del termine), dove gli uomini combattono soprattutto per l'onore e la difesa della Francia. Peccato davvero per la parte introduttiva, che appesantisce un film che, altrimenti, avrebbe potuto ambire al cielo, pur partendo dai recessi delle profondità marine.
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