Venere in Pelliccia
Venere in pelliccia di Roman Polanski è un gioco di ruoli in cui l'uomo diventa donna e la donna diventa uomo. Buono dal punto di vista tecnico. Polansky stupisce ancora, in positivo.
di redazione / 29.10.2013 Voto: 9/10
Thomas è al telefono, a sfogare la sua frustrazione per non essere riuscito a trovare l'attrice giusta per interpretare Vanda, la protagonista del suo adattamento del romanzo di Leopold Von Sacher-Masoch La Venere in Pelliccia. Ha passato un'intera giornata in teatro per le audizioni, ma nessuna era adatta al ruolo, tutte troppo disincantate, tutte incapaci di capire il personaggio. Quando sta per andarsene ecco apparire un'ultima provinante, arrivata in ritardo. E' una donna volgare, sciatta, ignorante, il tipo di ragazza che Thomas detesta, il suo unico pregio è forse quello di chiamarsi Vanda, come la protagonista del romanzo. Dopo lunghe insistenze da parte di lei, Thomas le lascia fare l'audizione e, con grande sorpresa, vedrà questa donna trasformarsi nel personaggio che egli aveva in mente. Il provino va avanti, si allunga e si espande fino ad abbattere quella parete che c'è tra finzione e realtà che Polansky simbolicamente raffigura con i due protagonisti che continuano a recitare i ruoli di Vanda e Kushemsky anche dopo essere scesi dal palcoscenico. Non c'è più differenza fra il copione e la vita, la platea diventa un palcoscenico allargato, simbolo del mondo, del quotidiano che si trasforma in spettacolo per smascherare i desideri più intimi, le perversioni più nascoste e il marcio che c'è dietro l'apparente serenità borghese.
Venere in pelliccia è un gioco di ruoli in cui l'uomo diventa donna e la donna diventa uomo, per poi tornare all'origine e scompigliare nuovamente le carte, il debole diventa forte e viceversa, lo schiavo diventa padrone, il teatro diventa vita e la vita teatro. E Polansky compie il prestigio più grande di far diventare cinema il teatro. Persino la location è alienante e anti-cinematografica, sul palcoscenico ci sono i resti della scenografia di un adattamento teatrale di Ombre Rosse, che non c'entrano sicuramente con lo spettacolo di Thomas in preparazione, anche se un elemento in particolare riuscirà a divenire simbolo del gioco dei personaggi. Mentre il cinema si basa sul far vedere concretamente quello che accade, in teatro molte cose devono solo essere immaginate, e così accade anche in questo film che molti oggetti usati non siano in realtà sulla scena. C'è solo il loro rumore (il tintinnio dei cucchiaini nelle tazze ad esempio), come a voler anticipare ed aiutare l'immaginazione dello spettatore, a renderli concreti. Molto di Venere in pelliccia di Polansky è basato sul simbolico, sull'interpretazione individuale dello spettatore. La vittoria della donna e la sconfitta dell'uomo è racchiusa nella figura di Thomas umiliato sotto il faro del palcoscenico, truccato come una donna, mentre è legato ad un enorme simbolo fallico che, a differenza di ciò che ha sempre rappresentato in passato e nella storia, stavolta è simbolo di debolezza e umiliazione maschile.
Il film è assolutamente inattaccabile dal punto di vista tecnico: una fotografia accattivante; una regia che non corre mai il rischio di essere piatta o noiosa. Meravigliose le interpretazioni degli attori, in particolare Emmanuelle Seigner, bravissima nell'essere prima una Vanda comune, volgare, fastidiosa, poi una Vanda nobile, affascinante, e infine persino un uomo, non si può non ammettere che Venere in pelliccia sia un film riuscito in buona parte grazie alla sua eccelsa interpretazione.
Polansky stupisce ancora, in positivo, per fortuna.