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Un letto per due-The Flatshare, recensione della rom-com britannica

Un ragazzo e una ragazza abitano nello stesso appartamento, lui di giorno, lei di notte, senza essersi mai incontrati, per una commedia romantica leggera e surreale che ironizza anche su alcuni aspetti delle relazioni al giorno d'oggi.

Si può essere coinquilini senza essersi mai incontrati? È quello che succede ai protagonisti di Un letto per due-The Flatshare, una delle novità targate Paramount+.

Tiffany (Jessica Brown Findlay, arrivata alla notorietà grazie alle prime stagioni di Downton Abbey) è una giovane donna inglese che lavora come giornalista per una testata online, si è appena lasciata con quello che credeva fosse l’uomo della sua vita e di conseguenza ha bisogno di un nuovo posto in cui abitare; dato che i prezzi degli affitti sono esorbitanti per una persona sola, accetta la proposta singolare di Leon (Anthony Welsh, tra le serie cui ha preso parte Hanna e The Great): lui, che è infermiere notturno in un hospice, ha urgente bisogno di denaro extra per una complicata situazione familiare, e ha così deciso di subaffittare il suo appartamento ma solo per mezza giornata, nelle ore in cui si trova al lavoro. I due si trovano quindi ad abitare in una casa in cui tutto è in comune, il bagno, la cucina e persino il letto, ma a condizione di rispettare rigorosamente ciascuno i propri orari, senza incrociarsi mai. Inizialmente la situazione, come si può immaginare, presenta qualche difficoltà, ma poi Tiffany e Leon cominciano a comunicare a distanza, scambiandosi post-it colorati che permettono di scoprire qualcosa l’una sull’altro e magari decidere anche di aiutarsi a vicenda a risolvere alcuni problemi.

La miniserie in sei puntate è tratta dal romanzo omonimo di Beth O’Leary, ed è una rom-com che punta lo sguardo sui trentenni di oggi, tra la ricerca dell’amore romantico e l’esitazione nei confronti di un impegno a lungo termine, sempre sull’orlo di una precarietà che è tanto affettiva quanto economica, in un mondo in cui app di incontri e la condivisione continua sui social media spesso non fanno che alimentare ansie e insicurezze senza colmare i vuoti e la solitudine.

L’idea di partenza è accattivante per quanto improbabile, per come gioca sulla singolare sensazione di intimità che si viene a creare quando ci si trova a conoscere abitudini e vizi più privati di una persona, occupando gli stessi spazi seppure senza mai sfiorarsi.

Ma la trama non è tutta qui, anzi i protagonisti saranno coinvolti in una serie di peripezie che coinvolgono di volta in volta i loro familiari, amici, colleghi, pazienti, fidanzati passati e presenti (in cui fra le altre cose si indaga su un crimine sospetto e si prova a ricongiungere una coppia di amanti perduti).

È una storia che punta su situazioni facilmente riconoscibili, fra commedia, romanticismo, una punta di dramma, e in cui si mette anche in luce, tra critica e ironia, qualche fenomeno contemporaneo come, parlando di giornalismo digitale, il clickbait e la ricerca frenetica di contenuti che diventino virali, un mondo quindi in cui tutto diventa moneta di scambio, anche e soprattutto i rapporti umani.
A tratti la serie viene un po’ indebolita dall’accumulo di equivoci e ostacoli che possono diventare ripetitivi, anche perché danno spazio ad alcuni personaggi secondari veramente sgradevoli ma senza riuscire a essere complessi, intriganti o quantomeno divertenti, come la collega pungente e manipolatrice, e soprattutto l’ex fidanzato narcisista e bugiardo.

È comunque una serie leggera e godibile, i cui episodi (alcuni dei quali diretti da Peter Cattaneo, il regista del cult Full Monty) si possono consumare tutti d’un fiato e che funziona soprattutto grazie a due protagonisti spigliati e simpatici, che mantengono un’atmosfera credibile con un pizzico di fiabesco.

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