Un fidanzato per mia moglie, la recensione
'Un fidanzato per mia moglie' è un film dignitoso che, forte della presenza di comici come Ale e Franz oltre che ai protagonisti Luca Bizzarri e Paolo Kessisoglu, riesce a portare a casa una storia poco originale e sbilanciata, ma confezionata in modo discreto.
di Erika Pomella / 29.04.2014 Voto: 6/10
Camilla (Geppi Cucciari) è un'ex speaker radiofonica che ha lasciato il suo lavoro in Sardegna per trasferirsi a Milano con il neo-marito Simone (Paolo Kessisoglu). Il futuro che i due avevano sognato insieme sembra infrangersi dopo appena tre anni di convivenza. Simone, infatti, scopre nella moglie una donna perennemente scontenta, che mal sopporta i suoi amici e sembra detestare ogni singola cosa sul pianeta. L'uomo è così esacerbato dalla continua infelicità della moglie che accetta il consiglio dell'amico Carlo (Dino Abbrescia) e assolda il Falco (Luca Bizzarri), un ex playboy che deve sedurre Camilla in modo da spingerla a lasciare suo marito. Per rendere "il lavoro sporco" più facile, Simone spinge l'amico Andrea (Corrado Fortuna) ad assumere la moglie nella sua radio. I piani di Simone, però, cominceranno sin da subito a mostrare le proprie falle e l'uomo sarà costretto a rivedere non solo le sue strategie, ma anche i suoi stessi sentimenti.
Remake tutto italiano della pellicola spagnola Un novio para mi mujer di Juan Taratuto, Un fidanzato per mia moglie è il nuovo film di David Marengo, che in molti ricordano per il buon esordio nella fiction di Notturno Bus. Si tratta di una commedia che vuole indagare, senza troppe pretese idealistiche, la situazione dei rapporti umani al giorno d'oggi. Più di tutto, però, ci troviamo davanti ad un film pensato essenzialmente per divertire gli spettatori, giocando su due dei duo più famosi d'Italia. Da una parte Luca e Paolo, e dall'altra Ale e Franz, assolutamente adorabili nei panni di una coppia gay molto affiatata. Tra di loro si pone anche la figura di Geppi Cucciari, che di certo non è nuova nell'ambiente comico del Bel Paese e che qui vediamo interpretare una donna con idee precise su tutto quello che non le piace e che odia della società e del mondo che la circonda. Gli elementi per confezionare un buon film c'erano tutti: le musiche originali di Massimo Nunzi, alternate a grandi successi come Ma che freddo fa di Nada, accompagnano molto bene questa surreale avventura che, ahinoi, pecca di avere quell'allure di già visto.
A ben guardare non c'è niente di proprio sbagliato nella pellicola, eccezion fatta per qualche caduta di ritmo che rende più pesanti i novantasette minuti di durata. Gli attori funzionano tutti molto bene e anche le interazioni fra i vari interpreti riescono a fluire senza troppe difficoltà. Persino la sceneggiatura – a cui il regista stesso ha collaborato insieme a Francesco Piccolo e Dino Gentili -, pur nelle sue lacune e nel suo attingere a situazioni che palesano la propria mancanza di originalità, non è malvagia, ma anzi si presta a questa operazione che però pecca dell'elemento centrale: le risate. Pur non essendo un film (solamente) comico, la costruzione generale è quella di una commedia simil-leggera, che dovrebbe inserire risate – siano anche velatamente amare – in un contesto dove a fare da mattatori sono comici consumati. Invece questo aspetto viene a mancare troppo spesso, tanto che le (poche) risate si concentrano tutte nella prima parte, lasciando il film a danzare su un equilibrio precario. Peccato, perchè la pellicola aveva tutti i numeri potenziali per trasformarsi in un grande successo. Un ultimo cenno va fatto alla presenza – inutile e spesso fastidiosa – di Daria Bignardi nei panni di un'invisibile (e costosa) terapeuta che invece di risolvere problemi sembra pronta ad affossare matrimoni.