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Un anno difficile: la commedia francese torna a farci riflettere sui problemi del nostro tempo

In un mondo sempre più complesso e difficile da capire, due amici incorreggibili, Albert e Bruno, si ritrovano coinvolti nelle attività di un gruppo ambientalista. Tra inganni, maldestri sotterfugi e sgangherate azioni di protesta, per i due amici sarà forse l'occasione di redimersi e rimettere ordine nelle proprie vite.

Un anno difficile si rivela un nuovo bijoux del cinema francese, con la coppia Olivier Nakache ed Éric Toledano che alla regia ci offrono un nuovo film di denuncia sociale. Era difficile far meglio dell’intramontabile Quasi amici, eppure nuovamente i due registi riescono a creare una narrazione che entra a gamba tesa sulle problematiche della nostra attualità e soprattutto l’affronta con il carattere della commedia francese.

Un anno difficile e la rappresentazione della società francese

Da una parte Albert (Pio Marmaï di I tre moschettieri: D’Artagnan) e Bruno (Jonathan Cohen di Asterix & Obelix: il regno di mezzo), due uomini inginocchiati per motivi diversi dai debiti finanziari. Dall’altra troviamo la giovane Cactus (Noémie Merlant del Ritratto della giovane in fiamme), convinta attivista ambientale che mette in piedi una battaglia contro il consumismo sfrenato della società francese.

Il focus sulla disperazione in Un anno difficile

I destini di questi tre protagonisti s’intrecceranno in maniera quasi casuali, soprattutto con Albert e Bruno che sperano di trovare un profitto per sfamarsi e sopravvivere frequentando il gruppo ambientalista della giovane attivista francese: due mondi che s’intrecciano, con l’ironia francese che viaggia tra il dramma personale e il fanatismo ambientale che contraddistingue quest’epoca.

La critica a cinquant’anni di Presidenzialismo francese

In una commedia che tiene il pubblico incollato alla poltrona e che scorre splendidamente, Nakache e Toledano creano una storia ironica che parla degli ultimi cinquant’anni di Francia. Come menzionano il susseguirsi dei Presidenti della Repubblica francese dalla metà degli Anni ’70, ogni singolo anno è stato “un anno difficile”. Da qui il titolo del film, che altro non è che il continuo motivetto detto dalle istituzioni ai cittadini francesi.

I problemi di questa epoca secondo Olivier Nakache ed Éric Toledano

Se ogni epoca comporta dei particolari problemi, Nakache e Toledano focalizzano quelli che toccano il 2023: il lavoro; i salari precari; i soldi che non bastano per pagare le bollette; il consumismo sfrenato e che santifica il Black Friday; l’emergenza climatica; la gestione delle economie familiari e gli sprechi nel mondo.

L’appello al risveglio delle coscienze in questa epoca

I due registi toccano le note di un film simpatico, ma che guardano anche a risvegliare le coscienze di un mondo sempre più omologato al disegno del consumo e i grandi marchi degli elettrodomestici. Dall’altra, una visione critica anche a quel mondo che vorrebbe opporsi alla realtà del consumismo, spesso però utilizzando un fanatismo politico che nuoce a una visione sana di società e soprattutto rischia di degenerare in un limite per le libertà altrui.

La fotografia della società nel 2023 tra problemi e battaglie politiche

In tanti spunti ottimi di questa pellicola, che intrattiene, fa ridere e riflettere, l’impresa di Nakache e Toledano emerge nel saper fare una corretta fotografia di due mondi completamente distanti ma che per la casualità s’incontrano: il sopravvivere alla giornata di Albert e Bruno per non rimanere schiacciati dalla vita e i debiti; la linea ultra ambientalista di Cactus, la sua critica alla società attuale “dormiente” e le contraddizioni forti che si porta dietro.

La previsione per il 2050 di Nakache e Toledano

Un film, che nella sua umiltà, forse prova a raccontarci le donne e gli uomini del futuro provenienti dalla Generazione Alpha, che ballano tra una mancanza di responsabilità o un eccesso delle stesse, senza però trovare una via corretta per essere costruttivi verso la società che li circonda e il mondo dove vivono. Un esercizio non semplice di narrativa, che fa meritare a questa pellicola un abbondante “8” per il materiale messo in campo.

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