Recensione Transformers 4 – L’era dell’estinzione
Il quarto capitolo della saga Transformers è uno spettacolo pirotecnico di detonazioni e combattimenti di quasi tre ore di minutaggio, che non offre niente di nuovo allo spettatore e si contenta di creare scenari quasi post-apocalittici, sacrificando la storia.
di Erika Pomella / 09.07.2014 Voto: 6/10
Quando, nel 2011, nei cinema arrivò Transformers 3, Michael Bay aveva dichiarato che la sua storia d'amore registica con i giocattoloni Hasbro finiva lì, in quel momento. Nessun altro capitolo con Bay alla regia, questa era la promessa. Ma a Hollywood sembra difficile tener fede alla parola data, specie se di mezzo c'è un potenziale incasso stratosferico che, già in mezzo mondo, sta spingendo Transformers 4 sull'Olimpo del box office. Il numero 4 che campeggia nel titolo, tuttavia, inganna: sebbene, narrativamente parlando, questo quarto capitolo si lega, in ordine cronologico, al terzo film della saga, quello che abbiamo davanti è un prodotto "nuovo", un reboot in piena regola, che abbandona i personaggi del passato – almeno quelli umani – per costruire una storia ex novo.
Sono passati cinque anni dalla guerra che ha raso al suolo Detroit e ora gli Autobot vivono in clandestinità, da quando il governo ha deciso di dar loro la caccia e ucciderli. Questo non solo per sottolineare una qualche supremazia umana, ma anche per impossessarsi di una tecnologia che, se sfruttata, potrebbe garantire alla Terra una difesa senza eguali e ai suoi scopritori un numero imprecisato di milioni. In questo scenario da guerra fredda tra (alcuni) umani e gli Autobut c'è la figura di Cade, un ottimo Mark Wahlberg, un inventore texano che, nel tentativo di trovare qualcosa con cui arricchirsi per mandare sua figlia al college, si imbatte in un vecchio camion, per scoprire poi che si tratta niente meno che di Optimus Prime, il leader dei Transformers. Inizia così una caccia all'uomo: mentre il governo dà la caccia a Cade e alla sua famiglia, dei robot-alieni-mercenari danno la caccia a Optimus Prime, mentre uno strano oggetto, denominato Seme, rischia di far estinguere la razza umana. In questo collage si inseriscono anche un miliardario potente ma poetico (Stanley Tucci), un cattivo stile Matrix (il Titus Welliver di Lost), decepticon, strani robot dalle forme preistoriche e decine di altre sottotrame che cooperano a far sfiorare a Transformers 4 le quasi tre ore di minutaggio.
La prima cosa che si nota, in Transformers 4, è che, nonostante il primo capitolo del 2007 rimanga senz'altro il più riuscito dei quattro, ponendosi su di un livello inarrivabile per gli altri tre, lo spettatore non sente affatto la mancanza dei vecchi protagonisti. Michael Bay, coadiuvato nella scrittura da Ehren Kruger, ripropone un canovaccio già visto e dunque pone l'obiettivo della macchina da presa su personaggi che sono stereotipati e che rispondono ad una struttura ben calibrata, le cui origini sono facili da ritrovare nei primi tre capitoli. Nonostante questo, però, Shia LeBoeuf rimane solo un lontano ricordo e Mark Wahlberg riesce senza sforzo a recuperare l'eredità, facendola propria. Dopo aver lavorato con Michael Bay in Pain and Gain, l'attore di The Fighter torna a costruire il suo fisico come quello di uno statuario Dio greco, avvolgendolo in tshirt lise che, pur non essendo aderentissime, lasciano intravedere le forme di un padre texano baciato dal sole che, tuttavia, cerca di trovare una via di uscita ad una vita difficile non attraverso le proprie doti estetiche, ma attraverso quelle intellettuali. Sì, perchè proprio come il protagonista che l'ha preceduto, anche Cade è un uomo dal cervello attento, attivo, assetato di conoscenza. E' un aspirante inventore, che si imbatte in Optimus per il desiderio di capire come funzionano le cose. Naturalmente poi quando la guerra entra nel vivo, il personaggio di Mark Wahlberg diventa il portatore di un numero imprecisato di sottotrame e sfumature: è il padre geloso e fin troppo ossessivo; è il "suocero" sempre pronto a minacciare un ragazzino ventenne; è l'amico leale che torna indietro per salvare i propri amici … E così via.
Ed è questo il problema principale di Transformers 4: ci sono troppi e così via. Come abbiamo accennato poco più sopra, la pellicola dura poco meno di tre ore. Un minutaggio che sembra eccessivo anche per un blockbuster firmato Michael Bay. La pazienza dello spettatore, infatti, viene così messa a durissima prova e quando l'ennesima sottotrama chiede di essere risolta si arriva ad un punto di impazienza tale che le immagini sullo schermo scorrono senza che il pubblico riesca a seguirle, infastidito com'è. A questo si aggiunge un 3D che, pur nella sua buona riuscita e nella sua capacità di non oscurare tutto, finisce con l'affaticare l'occhio di chi guarda. Il regista, alla fine dei conti, mette troppa carne al fuoco: troppi eventi, troppi personaggi, troppi intrecci. E se è vero che Michael Bay è, per eccellenza, il regista delle esagerazioni, bisogna dire che in Transformers 4 ha superato se stesso. Lo stile patinato, da videoclip, pieno di effetti visivi – veramente impressionanti, bisogna ammetterlo – che da anni rendono le pellicole di Bay facilmente riconoscibili, tornano anche in questa operazione cinematografica, ma tutto è talmente sovraccarico che dopo circa due ore di visione lo spettatore è già saturo.
Quello che si ha davanti è un continuo spettacolo di esplosioni – non mancano le scene tanto care al regista in cui i personaggi si muovono davanti ad un fuoco appena esploso -, profili spiati nella controluce di tramonti quasi aridi, città distrutte e combattimenti tra palazzi e tetti. Due ore di lotta, di guerra, di detonazioni provenienti dai luoghi più inaspettati. A questo si aggiunga inseguimenti nei cieli, astronavi rubate e anche il tentativo di domare autobot dall'aspetto di dinosauri. Il film finisce così con il diventare ridondante e ripetitivo e, soprattutto, troppo simile ai film che lo hanno preceduto, di modo che manchi anche l'effetto sorpresa o quel tocco di originalità che avrebbe potuto rappresentare una scintilla in mezzo all'oscurità del niente. A mancare è l'usurata anima, il cuore palpitante che si deve nascondere dietro qualsiasi azione. Lo spettatore – almeno fino allo scoccare della seconda ora – si diverte, certo, ma non riesce comunque a trovare una forte empatia con i personaggi messi in gioco. Se si ripensa, ad esempio, al bellissimo rapporto che legava Sam con Bee – specie nel primo capitolo – ci si sente depauperati di una fetta importante di fruizione spettatoriale.
Detto questo, però, va riconosciuto che Transformers 4 è, per i fan puri di Bay, l'ennesimo giocattolone che se ne frega della qualità (ad esempio) narrativa, contentandosi al contrario di creare un universo diegetico pensato quasi ed esclusivamente per il pubblico maschile – anche se l'entrata in scena di Mark Wahlberg potrebbe accontentare anche alcuni esemplari del gentil sesso – dove a farla da padrone sono gli effetti speciali, le esplosioni e i combattimenti. Un giocattolone senza pretese che si contenta di tenere il pubblico incollato alle poltrone per tutta la durata del film, cercando di indovinare quale sarà il punto in cui apparirà la parola fine e in cui l'ombra del quinto, inevitabile capitolo comincerà ad aleggiare su tutti noi, poveri mortali.