Recensione The Lesson – Scuola di vita
Una storia semplice al confine tra il giusto e l'ingiusto: un viaggio nel mondo interiore di una professoressa perbene.
di Marica Miozzi / 11.03.2016 Voto: 8/10
The Lesson- Scuola di vita parla della storia di Nadia, un'austera e rigorosa professoressa d'inglese che ci tiene particolarmente ad insegnare e a far rispettare il valore dell'onestà ai suoi alunni; quando infatti una di loro viene derubata, non ammette che l'azione resti impunita e pretende fermamente che il colpevole esca allo scoperto e riconosca il suo sbaglio per potergli dare una lezione. Tutto cambia però, quando, di ritorno a casa da suo marito e dalla sua tenera bimba, Nadia scopre il pericolo di uno sfratto imminente e pur di trovare un modo per recuperare i soldi necessari perché ciò non avvenga, si vedrà disposta a tutto e di conseguenza sarà costretta a rivedere in toto il suo granitico sistema di valori. Non trovando alternative possibili, la donna compierà azioni poco morali, cosicché, una volta scovato il piccolo ladruncolo della classe, non si sentirà più nella posizione di potergli dare alcuna lezione.
La storia di Nadia è tratta da un fatto di cronaca vera. Qualche anno fa al telegiornale fece scalpore la storia di una donna che aveva rapinato una banca. Tutti erano sicuri che si trattasse di una poco di buono o di una tossicomane, nessuno avrebbe mai immaginato che invece la colpevole fosse un'insegnante perbene con due lauree. Questo episodio di così forte contraddizione – un'insegnante rispettabile stride parecchio con il concetto di rapina in banca- ha subito incuriosito i due giovani registi Kristina Grozeva e Petar Valchanov, che hanno deciso di scavare nelle complesse dinamiche e nei conflitti interiori di questa donna che si è vista costretta ad agire contro la sua stessa moralità.
"Quale è la ragione che spinge una persona rispettabile a diventare una criminale?"– questo è l'interrogativo a cui hanno voluto dar voce, corpo e immagini i due registi con la loro avvincente opera, narrata con uno stile autentico e realistico, che va dall'utilizzo della telecamera che segue le azioni in maniera naturale e mai invadente, alla semplicità di ogni elemento in scena come il trucco, gli abiti usati, le luci, i suoni, le location usate. Stesso discorso vale anche per gli attori: i registi non volevano che si notasse la differenza tra i professionisti e non. La protagonista infatti, la bravissima Margita Gosheva che ha dato una prova attoriale impeccabile, ha recitato con una vera classe di 30 alunni. Il registro narrativo scelto è inoltre freddo e distaccato, e ciò produce nello spettatore empatia e coinvolgimento emotivo ancora maggiore. Questo perchè l'intento è raccontare una storia ispirata alla vita reale di persone semplici alle prese con situazioni difficili e attuali più che mai, non delle biografie che santifichino il protagonista.
Davvero un bel film. Crudo, che lascia l'amaro in bocca allo spettatore anche dopo l'uscita dal cinema, ma fa riflettere sul come spesso si ricorre a preconcetti affrettati nel giudicare le azioni degli altri e come tutto cambia quando ci si addentra nel mondo interiore delle persone, indossando i panni "di". E soprattutto, questa storia è un ottimo esempio di quanto la linea di confine tra il giusto e l'ingiusto sia molto, molto sottile.