The Idol, recensione film su Mohammed Assaf
The Idol è una piccola grande storia di riscatto e speranza per vedere con occhi diversi Gaza
di Marica Miozzi / 30.03.2016 Voto: 6/10
In The Idol ci troviamo a Gaza. Mohammed Assaf scopre ben presto di avere una voce bellissima e con la sua sorellina Nour e altri amichetti formano una simpatica band senza pretese aiutandosi con vecchi strumenti musicali. Trascorrono le loro giornate di bambini semplici e felici all'aperto tra giochi, pedalate e scorribande varie, continuando intanto a sognare ad occhi aperti e ad alimentare il loro più grande desiderio: cantare un giorno all'Opera Hall del Cairo, perchè, come ricorda sempre la piccola Nour al fratello quando lo incoraggia -"non devi far sminuire i tuoi sogni mai da nessuno". Raggiungere e realizzare il suo sogno si rivelerà per Mohammed un incentivo ancora maggiore quando egli incontrerà lungo la sua strada il dolore della tragedia per la perdita della tanto amata sorellina. Ma il ragazzo non si perderà mai d'animo.
Nonostante la vita sembra aver preso direzioni diverse, in quanto il ragazzo lavora ai matrimoni e guida un taxi per pagarsi i corsi universitari, ecco che una sera egli avrà l'occasione che aspettava da una vita: sente in tv che fanno i provini per Arab Idol, lo show canoro più famoso nel mondo arabo che si svolge al Cairo. Incoraggiato dalla famiglia e dall'incontro inaspettato con una cara amica d'infanzia, il ragazzo prende in mano la situazione e, anche se i confini della Striscia sono chiusi e apparentemente non sembrano esserci vie d'uscita, Mohammed riesce finalmente a coronare il suo più grande sogno: quello di cantare e dar voce e momenti di gioia e di evasione anche al suo popolo, sempre più oppresso.
The Idol è una piccola grande storia vera. E, come tutti i film che raccontano di storie di riscatto da situazioni difficili come può esserlo la guerra, la povertà e la miseria, anche questo gradevole film di Hany Abu-Assad vuole testimoniare il trionfo del singolo sulle avversità che diviene simbolo e modello positivo per il suo popolo tutto. Le vicende di Mohammed sono narrate secondo il filone del melodramma, e, si è certi che si riuscirà nell'intento di far sorridere, coinvolgere e commuovere il pubblico, in quanto è bello vedere piccole storie che hanno un epilogo positivo nonostante lo scenario di devastazione e disperazione a cui siamo abituati quando sentiamo parlare di Gaza; fanno bene allo spettatore e in primis al popolo stesso che in tanto dolore ha un minuscolo pretesto per gioire.
Sono apprezzabili anche le difficoltà logistiche che il regista e la sua troupe hanno dovuto affrontare per girare proprio nella Striscia di Gaza e lo stesso va ammirato il suo desiderio di autenticità nel volere nel suo film solo bambini originari di Gaza, provinandoli in tutte le scuole dell'area. Felice è anche come Abu-Assad abbia dato corpo a piccoli momenti di bellezza tra le macerie della città.
La pecca della pellicola, però, è il narrare il tutto in maniera un pò troppo semplicistica e romanzata: gli ostacoli incontrati dal protagonista durante il percorso verso il coronamento del suo sogno sembrano essere superati ogni volta in maniera fin troppo semplice e fortunata, per essere veramente credibile. Chissà, forse siamo fin troppo abituati a vedere una Gaza ferita e disperata per crederci veramente. Ma quel che è certo è che questa semplice storia regala sorrisi e motivazione per guardare avanti con ottimismo e speranza.