The Front Runner, la Recensione
Hugh Jackman protagonista del film che ricostruisce la vicenda di Gary Hart, politico americano al centro di uno scandalo sul finire degli anni '80 che avrebbe cambiato i rapporti fra politica, giornalismo e intrattenimento.
di Matilde Capozio / 12.02.2019 Voto: 6/10
Nella primavera del 1987 il senatore Gary Hart, appartenente al partito democratico, emerse, tra sondaggi e opinione pubblica, come il candidato favorito (questo il significato di Front Runner) per le successive elezioni presidenziali. Nel giro di tre settimane, però, tutto cambiò per il senatore, quando uno scoop del Miami Herald rivelò alla nazione una sua presunta relazione extraconiugale con la giovane e affascinante Donna Rice, portando così Hart al centro di uno scandalo che ne avrebbe definitivamente compromesso la carriera politica.
Il giornalista politico Matt Bai ha ricostruito la vicenda nel suo libro All the truth is out: The week politics went tabloid, portato al cinema da Jason Reitman, reduce dal malinconico Tully con Charlize Theron.
The Front Runner non è quindi un classico biopic, poiché lascia in secondo piano la vita privata e la carriera politica di Gary Hart (interpretato da Hugh Jackman) per concentrarsi sul momento in cui cominciò a venire meno il confine tra politica e intrattenimento, anticipando quindi l'odierna forma di attenzione mediatica che si muove fra giornalismo e gossip.
Per anni, infatti, agli uomini di potere, politici inclusi, era stata lasciata una certa libertà di movimento all'interno della sfera privata, ma le cose erano cambiate soprattutto con lo scandalo del Watergate (immortalato al cinema da Tutti gli uomini del Presidente che, insieme a Il candidato, altro titolo con Robert Redford, è stato una delle ispirazioni per questo film): quel caso aveva infatti spinto a indagare maggiormente su integrità e principi morali dei politici, in modo da non lasciare dubbi sulla correttezza del loro comportamento. Questo valeva in particolar modo per i cronisti più giovani, che si erano formati dopo i suddetti eventi, e che si trovavano di fronte a cambiamenti sociali e tecnologici che avrebbero cambiato anche il giornalismo, privilegiando lo scoop e l'immediatezza a danno dell'approfondimento dei fatti.
Il film infatti non esplicita se fra Hart e la Rice ci fu davvero una relazione, ma mostra l'impatto che il semplice porsi la domanda ebbe sulla vita di tutte le persone coinvolte, spingendo quindi a chiedersi se e perché andare a scavare nel privato sia interessante e importante (sottolineando poi come ci sia sempre una persona che ci si occupa meno di proteggere dalla gogna mediatica, in questo caso la presunta amante).
La storia si snoda su tre livelli: la campagna elettorale (dove troviamo J.K. Simmons nel ruolo di consulente), la stampa (Alfred Molina interpreta l'editore del Washington Post) e famiglia (Vera Farmiga è la moglie di Hart). L'obiettivo del regista era infatti evitare il racconto in prima persona per avere una panoramica più neutrale sui fatti, che però non sempre aiuta il film: i personaggi vengono guardati da una certa distanza (emblematico il primo incontro con Donna su una barca) che, invece di dare profondità, finisce per appiattirli contro lo sfondo, senza dare modo allo spettatore di sentirsi davvero coinvolto da ciò che vede. Le scene più riuscite sono quelle in cui i dialoghi danno vita a duelli verbali tesi e intelligenti, in altri momenti il film risulta più dispersivo e i personaggi sottotono: manca insomma quel mix fatto di dramma, acume e sarcasmo che contraddistingueva i film più riusciti di Reitman jr.
I riferimenti al presente sono chiari, e The Front Runner si inserisce nel dibattito, molto attuale, sui rapporti fra i media e il potere.