'Demons' è un episodio che si concentra soprattutto sulle ferite emotive dei personaggi. La storia rallenta, per far emergere i personaggi, i loro fantasmi, ma anche il loro bisogno di andare avanti.
Da quando sono arrivati sulla terra, i 100 ragazzi dell'Arca – il cui numero continua ad assottigliarsi – hanno imparato a dover convivere con i propri demoni. Capacità, questa, che alcuni di loro avevano già dovuto imparare a conoscere, quando erano ancora nello spazio. Ma è sui demoni personali, su quelle voci infernali che perseguitano gli esseri umani a seguito di una decisione importante e difficile, che si focalizza questa puntata di The 100, che, non a caso, porta il titolo di Demons. In effetti l'episodio dodici non porta quasi a nulla di nuovo sul versante narrativo; la storia si ferma un momento, come se ci fosse bisogno di uno stop del viaggio per poter guardare dentro di sé, per scendere a patti proprio con i molti fantasmi che ormai popolano la Terra. Al centro della storia c'è ancora una volta Clarke, che al momento continua ad essere un personaggio a metà; tutte le sue scelte coraggiose, il suo tentare (ci dispiace, senza successo) di essere un leader, sono tutte cose encomiabili, ma il personaggio ha il grandissimo difetto di avere la memoria corta, di dimenticare quello che le sue mani hanno fatto, accusando gli altri di crimini simili a quelli che lei stessa ha compiuto. Fino ad ora, come abbiamo già detto in passato, Clarke è scappata.
Scappata dalle responsabilità del Mount Weather, scappata dal dolore che altri hanno provato per via di quelle scelte. Scappata persino davanti al tradimento di Lexa. Clarke, in altre parole, sa prendere decisioni difficili, ma poi non sa gestire le conseguenze. Come scrive anche Stephen King (ormai grande fan della serie) su twitter, Clarke non sa fare altro che chiedere scusa un numero imprecisato di volte, non capendo che è proprio da quegli errori che potrebbe prendere lezione, se solo si decidesse ad affrontare i suoi demoni. E questo episodio ne è l'esempio e (forse) la risoluzione. Perché, in uno scenario che sembra aver rubato gli archetipi al genere horror, Clarke deve affrontare un vecchio fantasma: Emerson. L'uomo, che Clarke aveva lasciato vivere nel suo mantra il sangue non deve chiamare altro sangue. Emerson però non ha dimenticato gli orrori di Mount Weather né il ruolo giocato da Clarke. Per questo l'uomo imprigiona uno ad uno tutti gli amici di Clarke (lasciando, simbolicamente, Bellamy per ultimo), per farla assistere alla morte a cui lui stesso ha dovuto assistere, perdendo anche il figlioletto. Clarke, però, grazie all'A.I. riesce a salvare non solo la situazione, ma anche gli amici. Tutto questo, inoltre, ha il merito di far riavvicinare Bellamy e Clarke. Al di là delle futili ship war che in questi mesi hanno preso possesso dei social network, il legame tra i due è qualcosa su cui si è sempre basata la serie. Sono tutti e due leader, sebbene in modo diversi. E sono tutti e due deboli. Specie quando sono separati o su fazioni opposte.
I due ragazzi, in questo episodio, hanno trovato una via per provare ad avvicinarsi di nuovo. Una via per soprassedere a tutti gli errori che hanno visto e che hanno commesso. Perché nessuno dei due è più innocente, nessuno dei due fa più parte della schiera dei buoni. Sono demoni anche loro, demoni che ancora anelano un tocco di luce. In tutto questo, intanto, Murphy non sembra cavarsela troppo bene: lavora ancora al fianco di Ontari quando incontra Emori. Ma non sa che quest'ultima è pronto a tradirlo. Non sa ancora che Jaha è pronto a manovrare anche Ontari con questa storia della città della Luce, che ha abbastanza deluso le aspettative e che ha portato Jaha ad essere il primo nome nella lista delle persone che devono morire. Un ultimo cenno, tuttavia, va fatto ad Octavia, che continua ad essere il personaggio più tosto e più completo della serie. Il suo pianto davanti al corpo di Lincoln, che alla fine viene messo su una pira per permettergli di riposare in pace, è di quelli che spezzano il cuore.
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