Recensione del film Terraferma (2011) diretto da Emanuele Crialese e con protagonisti Donatella Finocchiaro, Giuseppe Fiorello, Martina Codecasa, Mimmo Cuticchio, Filippo Pucillo, Filippo Scarafia.
Terraferma è la quarta pellicola di Emanuele Crialese, regista di enorme talento e grande risorsa per il nostro cinema. Uno di quegli autori con la a maiuscola che possiamo vantarci di avere. Le sue opere sono poesia, non ha mai sbagliato un colpo e anche questa pellicola lo dimostra. Dopo il piccolo gioiello Respiro, che riesce a rendere simpatica anche la Golino, applaudito a Cannes, e il toccante Nuovomondo, meritato Leone d’argento a Venezia nel 2006, è ora il momento di Terraferma e del suo Gran premio della giuria all’ultima mostra cinematografica di Venezia.
Una famiglia di pescatori, tra cui il capofamiglia Ernesto (Mimmo Cuticchio), legato alle vecchie tradizioni, suo figlio Nino (Beppe Fiorello), rappresentante della nuova generazione di idee, Giulietta (Donatella Finocchiaro) e suo figlio Filippo (Filippo Pucillo, attore feticcio del cinema di Crialese), in un’isola non identificata della Sicilia (ma è ovvio il riferimento a Lampedusa), si trova a dover salvare una donna incinta e il suo bambino dall’annegamento, dopo aver intercettato un gommone di immigrati al largo. Senza denunciare la loro presenza alla finanza, decidono di prendersi cura dei tre fino a quando non saranno pronti a lasciare l’isola.
Il mare, fil rouge di tutto il cinema di Crialese, qui è assoluto protagonista. A lui il regista riserva lunghe riprese che ne mostrano la bellezza e al tempo stesso il mistero. Sulle leggi del mare si basa la vecchia generazione di pescatori, capeggiata dal pater familias; è il mare che diventa luogo di morte per alcuni e di salvezza per altri, che porta denaro attraverso i turisti e guai a causa degli immigrati; ed è sempre con il mare che si chiude il film, con il giovane Filippo che lo affronta alla ricerca della sua terraferma.
Giulietta (Donatella Finocchiaro) è l’ennesimo bel ritratto di donna che Crialese ci offre, dopo la fragile e ingenua Grazia di Respiro e la nobile e determinata Luce di Nuovomondo. Giulietta è forte e testarda ma l’incontro con un’altra donna, Sara, prima disprezzata poi compresa e amata, la renderà più dolce e generosa.
Lo stile registico di Crialese è sempre maestoso e folgorante, alcune scene sono estremamente poetiche e rimangono fortemente impresse nella memoria. Forse il cinema del regista siciliano sarà ripetitivo e a volte poco originale ma i risultati sono sempre emozionanti, quindi ben venga il suo cinema. Lunga vita a Crialese.
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