Taboo: la serie di Stevn Knight con Tom Hardy
Serie in costume che si basa quasi interamente sulle capacità istrioniche di Tom Hardy, 'Taboo' offre un pilot denso di eventi, di indizi, di teorie. Tutto ciò è aiutato da una regia attenta e, in qualche modo, accelerata, che non vuole accompagnare lo spettatore lungo la visione, ma punta piuttosto a spiazzarlo, a confonderlo.
di Erika Pomella / 13.01.2017 Voto: 8/10
Dopo un'attesa che si è prolungata per circa un anno e mezzo, ha finalmente debuttato – prima su BBC e poi su FX – Taboo, serie televisiva in otto puntate creata da Steven Knight (sua la sceneggiatura di Allied), Chips Hardy e l'attore Tom Hardy, che nel progetto appare anche come interprete principale. Taboo segna un ulteriore tassello alla sempre più prolifica collaborazione tra Steven Knight e Tom Hardy: i due, infatti, avevano già lavorato insieme sia in Peaky Blinders – serie capolavoro creata da Knight in cui Hardy interpreta l'ebreo Alfie Solomons – che nel film Locke. Nel cast, oltre all'attore di Mad Max: Fury Road, anche Oona Chaplin e Jonathan Pryce, entrambi già visti nel mondo di Game of Thrones, la prima nelle vesti di Talisa Stark – suo malgrado responsabile delle nozze rosse – e il secondo nei panni dell'Alto Passero.
La serie segue James Delaney (Tom Hardy) che, nel 1814, torna a casa sua, a Londra, per dire addio al padre defunto. Il suo ritorno, però, non sembra incontrare il favore dei gentiluomini britannici, che non perdono occasione per parlare alle spalle di James, ritornato dall'Africa dopo che in molti lo avevano creduto morto. Tuttavia, James non ha molto tempo per dar retta alle chiacchiere che seguono la sua ombra; la morte del padre, infatti, gli ha lasciato in eredità una striscia di terra che sembra interessare molto la compagnia delle Indie Orientali, nonché il marito della sorellastra (Oona Chaplin), alla quale James sembra essere legato non solo da legami di sangue. James Delaney allora dovrà tenere testa a tutti coloro che cercheranno di fare di lui un debole o una vittima. L'uomo non ha intenzione di permettere a nessuno di farlo sentire in colpa e/o sbagliato: nemmeno ai fantasmi che lo hanno inseguito dall'Africa.
Taboo – stando almeno al pilot appena andato in onda – è una serie in costume che sembra voler chiamare le atmosfere e gli ambienti di storie oscure e tragiche, che passano per Cuore di Tenebra di Conrad e per Cime tempestose di Emily Bronte. Proprio a quest'ultima, infatti, la serie ideata da Steven Knight, deve tantissima della sua estetica: la figura granitica di Tom Hardy, ripresa spesso di spalle e in controluce, mentre lentamente si allontana in scenari brulli, quasi paludosi, pieni di indomabile natura selvaggia, sembra richiamare quasi come un omaggio palese il personaggio di Heathcliff. Somiglianza che non ha solo a che vedere con l'aspetto visivo della messinscena, ma che affonda le proprie radici anche nella costruzione di un personaggio quasi sempre silenzioso, che parla quasi a monosillabi, abbaiando minacce con la marmorea certezza del proprio potere e della propria superiorità intellettuale. Tuttavia, nella costruzione del mondo scenico, Taboo strizza l'occhio anche a dettagli dell'universo dickensiano, giocando su stereotipi visivi che permettono allo spettatore di riconoscere quasi immediatamente l'epoca del racconto.
Serie in costume che si basa quasi interamente sulle capacità istrioniche di Tom Hardy – per le quali ormai non abbiamo più epiteti adatti a descriverle – Taboo offre un pilot denso di eventi, di indizi, di teorie. Lo spettatore si trova in qualche modo colpito ripetutamente da colpi di scena, da fugaci visioni spettrali che infestano non solo i ricordi di James Delaney, ma che riescono a riempire il quadro. Tutto ciò è aiutato da una regia attenta e, in qualche modo, accelerata, che non vuole accompagnare lo spettatore lungo la visione, ma punta piuttosto a spiazzarlo, a confonderlo, a spingerlo a partorire teorie, facendo sì che i cinquantacinque minuti di durata della serie volino via senza che a chi guarda sia permesso avvertire il peso soverchiante del tempo che passa.
Trattandosi solo del pilot, ovviamente, tutto ciò che viene messo in scena è appena suggerito; ci sono indizi sparsi per tutta la diegesi, ma il tutto rimane ancorato ad un livello ancora superficiale, che non permette del tutto di entrare a pieno titolo nella storia. E' come se il pilot fosse una creatura da guardare a distanza, un qualcosa che è in movimento, che si sta evolvendo e che ancora non ha mostrato il suo vero volto. Per questo, secondo chi scrive, Taboo è una di quelle serie diesel, una di quelle che migliora episodio dopo episodio e, considerato già l'alto livello della prima puntata andata in onda, non vediamo l'ora di scoprire cosa questa serie è pronta a regalarci nelle settimane a venire.