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Synecdoche, New York, la recensione

Arriva anche in Italia, dopo anni di attesa, il film che segna esordio alla regia dello sceneggiatore Charlie Kaufman, con protagonista Philip Seymour Hoffaman. La pellicola ha degli aspetti interessanti e un inizio buono ma poi si perde e diventa un qualcosa di poco comprensibile e ripetitivo.

Finalmente, dopo anni dalla sua produzione, Synecdoche, New York, film del 2008, esce anche in Italia e tutto questo avviene solo dopo la morte del compianto Philip Seymour Hoffman, protagonista assoluto della pellicola. Il film rappresenta l'esordio alla regia del famoso sceneggiatore Charlie Kaufman, vincitore del premio Oscar nel 2005 per la miglior sceneggiatura originale per Se mi lasci ti cancello di Michel Gondry e anche sceneggiatore dei primi tre film di Spike Jonze. L'opera è stata presentata in concorso al Festival di Cannes del 2008 e vanta un cast eccellente: oltre al già citato Hoffman troviamo Samantha Morton, Michelle Williams, Catherine Keener, Emily Watson, Dianne Wiest, Jennifer Jason Leigh e Hope Davis.

Raccontare di cosa parla Synecdoche, New York è quanto mai complicato perché la storia narrata è talmente personale e particolare da impedirne un racconto chiaro. Ciò che si può dire è che un regista teatrale acclamato, Caden Cotard (Philip Seymour Hoffman), sposato con Adele (Catherine Keener), una pittrice famosa, viene premiato con un importante riconoscimento e grazie ai fondi messi a sua disposizione decide di allestire un nuovo spettacolo basato sulla sua vita, riproducendo tutti i luoghi per lui importanti in un enorme magazzino abbandonato. Nel frattempo sua moglie lo lascia per trasferirsi a Berlino, dando più importanza alla sua carriera, ma soprattutto portando con sé anche la loro piccola Olive, la loro figlia, mancanza che Caden sentirà enormemente. La sua vita va avanti tra nuove relazioni e un nuovo matrimonio e di pari passo cresce e si modifica anche la sua opera che è un continuo work in progress fino alla fine.

Le attese per l'esordio da regista di Kaufman erano molto alte. Come sceneggiatore è assolutamente stimato e ha scritto alcuni piccoli gioielli come di Essere John Malkovich e soprattutto Se mi lasci ti cancello, grazie al quale ha anche vinto il premio oscar. Quando le aspettative sono così alte è anche molto facile deluderle e infatti è quello che avviene in questo caso. La pellicola parte bene, è divertente, ha alcuni momenti interessanti e alcune battute esilaranti, lo stile rispecchia perfettamente il nonsense e l'assurdità tipica degli script di Kaufman, con personaggi stravaganti, spesso sopra le righe, affetti da manie o da caratteristiche bizzarre. La seconda metà della pellicola diventa però troppo confusionaria e al limite del comprensibile, tutto si complica e si fatica sempre di più a distinguere la realtà dalla messa in scena.

Cosa è vero e cosa è invece solo un'invenzione della mente contorta di Caden? Così anche il pubblico viene trasportato all'interno di questo turbinio di idee e scene inverosimili, tanto da perdersi e uscirne confuso. È assolutamente da apprezzare la cifra stilistica alla quale Kaufman non rinuncia, la messa in scena, la bravura degli attori, ma nel complesso l'opera perde di interesse e si chiude in se stessa, all'interno di una ripetizione di situazioni assurde e quanto mai incomprensibili. In Synecdoche, New York il regista si lascia prendere troppo la mano, esagera e perde il controllo della pellicola, rovinando quello che sarebbe potuto essere un buon esordio se fosse stato meno compiaciuto e più coerente. 

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