Sweet Sue, recensione del debutto di Leo Leigh
'Sweet Sue' è il film che segna il debutto alla regia di Leo Leigh, figlio di Mike: ecco la nostra recensione
di Erika Pomella / 29.10.2023 Voto: 6/10
Sue (Maggie O’Neill) è una donna inglese che possiede un negozio di articoli per feste e celebrazioni. Appena lasciata al palo da un uomo con il quale stava intessendo una relazione, Sue deve affrontare anche una condizione familiare tutt’altro che idilliaca. Sua madre, che si trova in una casa di riposo, non sembra particolarmente affezionata alla figlia e suo fratello minore, a cui era molto affezionata, muore improvvisamente. Ed è proprio durante il funerale che Sue incontra un amico di suo fratello, Ron (Tony Pitts), con il quale inizia una relazione che ben presto si trasforma in un rapporto serio. Tutto però cambia quando nel quadro entra Anthony (Harry Trevaldwyn), figlio di Ron, influencer wannabe con una relazione con quello che oggi chiameremmo uno sugar daddy e che ha velleità da ballerino. Sebbene i rapporti tra Sue e Ron e Anthony all’inizio sembrino partire con il piede giusto, ben presto la vita della donna prende una piega inaspettata.
Questa, in breve, è la trama di Sweet Sue, pellicola che è stata presentata in anteprima alla 18a Festa del Cinema di Roma e che segna il debutto dietro la macchina da presa di Leo Leigh, figlio del regista Mike Leigh. Sweet Sue è un lungometraggio che fa del grottesco il proprio marchio di fabbrica. La storia di Sue, che inizia con i toni alienanti di una commedia inglese un po’ fuori dai bordi, vira ben presto verso sfumature inaspettate, che sembrano quasi richiamare il tono perturbante dei film di Lanthimos, pur senza la qualità artistica a cui il regista greco ci ha abituato. Il film d’esordio di Leo Leigh non riesce ad essere una commedia divertente – sebbene ci siano parti in cui si ride -, ma forse non vuole nemmeno esserlo. C’è sempre la sensazione che ci sia qualcosa fuori posto, qualcosa che lo spettatore dovrebbe notare e che pure continua a sfuggirgli.
Forse il vero punto debole di Sweet Sue è il fatto che sia e rimanga una storia senza sbocco: un film, cioè, che non sa bene cosa voglia raccontare e che sembra procedere alla cieca, lasciandosi guidare da una storia che tuttavia offre buchi di trama, con personaggi che vengono introdotti ma poi lasciati del tutto indietro, come se non fossero mai esistiti. Sembra piuttosto un film ad episodi: una sequenza più o meno pedissequa di situazioni e personaggi, in una galleria che sembra voler mostrare il lato più strano dell’umanità, capace di “svendersi” a degli sconosciuti per qualche like o di rimanere totalmente in silenzio anche davanti a a chi la conosce e, forse, la ama. Non si tratta di un brutto film e sicuramente ha qualche guizzo interessante, ma in definitiva Sweet Sue è una pellicola dal potenziale sprecato.