Dopo la morte di Aureliano Adami, Spadino ha lasciato Roma e si è ricostruito una vita a Berlino. Tuttavia, il suo ritorno a Roma è inevitabile quando sua madre muore e lui deve prendere in mano le redini della famiglia.
E’ arrivata su Netflix, nella giornata del 14 Novembre, l’attesissima serie televisiva di Suburræterna. Il prodotto cinetelevisivo, altro non è che lo spin-off della più nota trilogia di Suburra, che creò nell’immaginario collettivo l’immagine di personaggi cult contemporanei come Aureliano Adami, Spadino e Manfredi Anacleti.
Dopo la morte di Aureliano Adami (Alessandro Borghi), la storia per la presa di Roma da parte della malavita non è per nulla finita. Tenendo forte quel filo conduttore con la cronaca e l’attualità romana, oggi il prodotto cinematografico si concentra a raccontare l’ascesa dei nuovi clan nella Capitale e soprattutto l’emergere di nuovi politici al soldo della criminalità organizzata. Al centro di questa polveriera che si sviluppa nel triangolo tra Ostia, il Vaticano e il Campidoglio, un nuovo progetto urbanistico destinato a cambiare l’immagine della Città Eterna.
A ereditare le redini di questo spin-off è il personaggio di Spadino, che da tre anni ha deciso di lasciare il proprio soprannome per farsi chiamare pubblicamente con il suo nome: Alberto Anacleti (Giacomo Ferrara). Un protagonista nuovo e che ha visto un ampio restyling sotto la guida di Ciro D’Emilio e Alessandro Tonda: troviamo un personaggio più oscuro, lontano dalle movenze delle famiglie sinti (che invece caratterizzavano lo Spadino della trilogia di Suburra) e che soprattutto deve fare i conti con il proprio passato.
La serie televisiva di Netflix, al di là di raccontare – in maniera cinematografica – le vicende dello “Stadio della Roma”, cerca anzitutto di provare ad andare avanti nonostante il trionfale passato. Si cerca, per intenderci, di andare oltre alla presenza di Alessandro Borghi e il suo leggendario personaggio, in un progetto che però riesce solamente in parte. Tanti ed eccessivi sono i richiami costanti ad Aureliano Adami, con Nadia Gravone (Federica Sabatini) che finisce per essere solamente la sua copia al femminile in questa stagione televisiva: stesso look, stessi tatuaggi, stessi atteggiamenti. Nonostante si voglia rappresentare una ragazza in lutto per il suo amato, sorge esagerata una snaturalizzazione del personaggio nell’arco narrativo come in questo caso.
Per personaggi che non hanno brillato, meglio è andato per i nuovi esordi. Ottimo l’ingresso di Giulia Luciani, interpretato dall’attrice Yamina Brirmi. Il nuovo che avanza all’interno della malavita del litorale, ma capace d’interpretare perfettamente il ruolo della criminale che viene dall’Idroscalo di Ostia e ha voglia di fare strada, per lasciarsi alle spalle un presente fatto di miseria e povertà: emblematici anche le rappresentazioni degli atteggiamenti, che sembrano riportarci alle atmosfere di Amore Tossico. Efficace anche l’inserimento di Ercole Bonatesta (Aliosha Massine), nuovo pupillo della politica romana e che mira a sottrarre lo scettro di “Re di Roma” ad Amedeo Cinaglia (Filippo Nigro).
Se la trilogia di Suburra aveva visto il malaffare della Capitale attraverso gli occhi della criminalità organizzata, la Chiesa e la politica romana, oggi l’esercizio è leggere la Città Eterna attraverso l’occhio delle comunità nomadi impegnate negli affari illeciti del territorio romano. Un racconto che ci porta a viaggiare tra grande sfarzo, miseria, tensioni da famiglie della stessa etnia per comandare su Roma.
Merita un capitolo l’esplorazione del nuovo Alberto Anacleti, che riflette più un viaggio interiore del personaggio che la definitiva ascesa di un nuovo boss all’interno della Capitale. Il protagonista affronta un percorso non solo fatto di malavita e vendette, ma anche in dinamiche dove dovrà fare scelte importanti di vita e dove viene attenzionato il suo profilo psicologico, con paure e desideri che vorrebbe realizzare.
La serie televisiva Suburræterna si rivela un buon prodotto, che io valuto con un “7”. Plauso alla capacità di creare una narrazione cinematografica attorno alla cronaca cittadina di Roma, ma forse – almeno in questa prima stagione – si è rimasti troppo ancorati alle dinamiche della trilogia, mettendo di fatto un “freno a mano” all’arco narrativo e lo sviluppo di alcuni personaggi.
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