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Suburra – la serie, la recensione

La prima serie prodotta da Netflix è finalmente approdata sulla piattaforma streaming. Sulla scia del successo internazionale di Gomorra, Suburra si pone come il prossimo progetto televisivo destinato ad avere successo anche fuori dall'Italia.

Il 6 Ottobre 2017 sono usciti contemporaneamente su Netflix i dieci episodi che compongono la prima serie prequel del film del 2015 Suburra, diretto da Stefano Sollima. Entrambi i prodotti sono a loro volta ispirati dall'omonimo romanzo. 

I primi due episodi sono stati presentati dal cast in anteprima alla Mostra del Cinema di Venezia con la presenza di uno dei registi della serie, Michele Placido. 

Nella serie televisiva, che tratta di eventi precedenti a quelli narrati nel film, si ritrovano alcuni degli attori principali di Suburra nei loro ruoli originali. Infatti due dei protagonisti sono Alessandro Borghi che interpreta Aureliano Adami (il Numero 8) e Giacomo Ferrara invece lo ritroviamo nei panni di Alberto Anacleti (Spadino), in un ruolo questa volta più approfondito rispetto al film.

Il rimanente cast invece è stato completamente rinnovato e si sono inoltre aggiunti alcuni nuovi personaggi che arricchiscono e rendono l'intera vicenda ancora più complicata in modo da propagare la corruzione, che è il tema principale, in ogni meandro della società romana e non.

Alla trama basilare del film si aggiungono delle sotto-trame molto interessanti che gli sceneggiatori sono stati in grado di far convivere ottimamente. Alla corruzione infatti si aggiunge l'amicizia, l'amore, il rapporto padre-figlio, la famiglia, la crescita, la religione e la consapevolezza della propria sessualità. È sorprendente come tutti questi argomenti siano stati approfonditi e sviluppati in una serie con così pochi episodi e numerosi personaggi. 

Anche la recitazione è un elemento da evidenziare vista la giovane età dei tre protagonisti che riescono perfettamente a far prendere vita a dei personaggi così complessi e sfaccettati come Aureliano, Alberto e Gabriele (interpretato da Eduardo Valdarnini). 

Oltre al rapporto che si crea tra questi tre ragazzi, in Suburra sono presenti anche personaggi "più maturi" come Sara Monaschi (Claudia Gerini), Amedeo Cinaglia (Filippo Nigro) e Samurai (Francesco Acquaroli). Anche in questo caso le evoluzioni di queste personalità sono veramente interessanti ed approfondite. Il merito di Suburra è l'aver saputo gestire un cast tanto ampio in una vicenda altrettanto complicata e in soli dieci episodi. 

Un'altra caratteristica molto interessante e ben eseguita è lo studio delle scenografie e dei costumi. Tutti i personaggi sono perfettamente connessi ai luoghi dai quali provengono e già dagli abiti che vengono indossati si percepisce la storia di ognuno di loro. 

Dal finale si presuppone che ci sarà un'altra stagione visto che non esiste una vera e propria fine delle vicende che si susseguono.

La serie, al contrario del film, è di stampo un po' più commerciale e meno autoriale soprattutto per la palese differenza registica che intercorre tra i due prodotti. Suburra, il film, denota una forte marca stilistica di Sollima a partire dalle atmosfere cupe e dall'importante significato della pioggia incessante che preannuncia l' "apocalisse" imminente che sommergerà Roma e tutte le sue caste, sia sociali che politiche. Nella serie televisiva questo non accade e non esiste una firma precisa. D'altronde i registi si alternando da episodio in episodio e ovviamente questi devono rispettare una certa continuità in modo da non far notare allo spettatore che il regista cambia, come spesso accade anche per altre serie televisive. 

Consiglio comunque la visione della serie perché è un prodotto italiano valido e diverso dalle solite serie nostrane che si vedono sulle reti televisive.

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