Stars at Noon-Stelle a mezzogiorno, la recensione del film con Margaret Qualley e Joe Alwyn
La regista francese Claire Denis realizza un film, ambientato in Nicaragua, che si muove fra thriller politico e dramma romantico, per una storia non del tutto adeguata ai tempi, con due protagonisti poco in parte.
di Matilde Capozio / 22.06.2023 Voto: 5/10
Tra le nuove uscite disponibili nel nostro Paese direttamente in video on demand, troviamo Stars at noon – Stelle a mezzogiorno, una produzione francese diretta dalla regista Claire Denis (della quale abbiamo visto in sala, in questa stagione cinematografica che sta per volgere al termine, anche Incroci sentimentali con Juliette Binoche, uscito lo scorso novembre), in concorso al Festival del cinema di Cannes nel 2022, dove ha vinto il Grand Prix Speciale della Giuria.
Protagonista del film è Trish Johnson (Margaret Qualley), una giovane giornalista (o aspirante tale) americana che si trova in Nicaragua, da dove vorrebbe raccontare la crisi politica, con l’ondata di proteste e di corruzione che sta scuotendo il Paese durante la campagna elettorale; in realtà Trish è di fatto bloccata lì, perché il suo passaporto è stato requisito, e poiché il suo contatto negli USA, il direttore di un giornale a cui lei sperava di poter sottoporre i suoi reportage (John C. Reilly, che appare in un cameo in video-chiamata), la invita invece a non farsi più sentire, lei si ritrova priva di un vero e proprio lavoro da portare a termine. Così, rimasta anche a corto di denaro, Trish si arrangia come può, andando a letto con chi possa procurarle dei favori, come un ufficiale di polizia del luogo, o per racimolare qualche dollaro con cui acquistare qualcosa, a partire dalle necessità di base, in quello che ormai è un grande mercato nero. Mentre cerca un modo di poter abbandonare il Paese, un giorno Trish incrocia sul suo cammino Daniel DeHaven (Joe Alwyn), un elusivo viaggiatore inglese che afferma di essere un consulente per una compagnia petrolifera; inizialmente lei vede in lui un mezzo di facile guadagno, ma poi i due, entrambi lontani da casa, intraprendono una specie di relazione. I presunti incontri d’affari di Daniel hanno però contorni poco chiari, forse legati a vicende di spionaggio, e in breve lui e Trish cominciano a temere di essere nel mirino di alcuni individui pericolosi e decidono di darsi alla fuga.
Dal libro al film
Stars at noon è tratto da un omonimo romanzo di Denis Johnson, datato 1986, la cui vicenda si svolgeva nel 1984, durante la rivoluzione sandinista; il film ne modifica la collocazione temporale, ambientandolo nel periodo della pandemia, come si evince dalle mascherine che i personaggi indossano in alcune scene. Questo cambiamento però dà vita a una strana dicotomia, perché molti elementi della storia sembrano effettivamente appartenere più al passato che al presente: ad esempio, vedendo la difficoltà della protagonista di comunicare con l’esterno in un contesto in cui perfino una telefonata da un apparecchio fisso sembra un lusso quasi impossibile da permettersi, viene naturale pensare che questo sia un lascito del materiale di partenza, anche se l’assenza di molte comodità moderne viene spiegata dal contesto di crisi politico-economica in cui si trova il Paese; il risultato, quindi, è che il film rimane un po’ sospeso tra due epoche, senza appartenere davvero né all’una né all’altra, così il nucleo tematico risulta forse già dal principio più opaco e meno compatto.
Fra il thriller politico e il dramma romantico
Le atmosfere da thriller politico anni ’80 si mescolano quindi a quella che vorrebbe essere una storia d’amore e passione torrida e al tempo stesso rischiosa, ma anche questo aspetto non riesce mai a coinvolgere del tutto, probabilmente anche a causa di interpreti non del tutto in parte: Margaret Qualley (star emergente grazie ai ruoli in C’era una volta a Hollywood, Maid, attualmente nelle sale con il thriller Sanctuary) dimostra fin da subito una scarsa credibilità come presunta giornalista e non si capisce bene quali siano le sue reali motivazioni, così come se sia molto ingenua oppure scaltra; Joe Alwyn (visto in film come Billy Lynn-Un giorno da eroe, La favorita e L’ultima lettera d’amore) ha un’aria rigida e schiva ma non sufficientemente profonda e misteriosa per il suo personaggio e, insieme, i due non riescono completamente a formare una coppia intrigante e convincente, che faccia appassionare lo spettatore.
Mentre la trama si fa, forse volutamente, poco chiara in alcuni punti, a risaltare maggiormente è dunque l’ambientazione del film seppure, lo abbiamo detto, carente e non esplorata a fondo in termini di definizione sociopolitica: le immagini però restituiscono il senso di minaccioso isolamento dei personaggi, alla deriva in un contesto in cui sembra che non ci si possa fidare di nessuno, con il clima tropicale, umido e opprimente che pervade strade, stanze e anche coloro che le popolano.
Claire Denis, che è una regista nota per esplorare, con i suoi film, la condizione umana anche attraverso le tensioni interculturali, non centra il bersaglio in questa trasferta sudamericana, realizzando un’opera con del potenziale ma dall’impianto narrativo debole e non del tutto coinvolgente.