Seven Sisters, la Recensione
Un thriller fantascientifico d'azione che ci porta in un futuro distopico tra scienza e violenza. Incredibile il lavoro di Noomi Rapace che interpreta tutte e sette le protagoniste.
di Matilde Capozio / 29.11.2017 Voto: 7/10
Dopo il passaggio ai Festival di Locarno e Torino arriva nelle nostre sale (in Usa e in altri mercati è stato distribuito da Netflix) Seven Sisters, ultima fatica del regista norvegese Tommy Wirkola (autore di Hansel & Gretel – cacciatori di streghe). Il copione è invece firmato a quattro mani da Max Botkin e Kerry Williamson, incluso nel 2010 nella Black List delle migliori sceneggiature non realizzate.
La storia di Seven Sisters si svolge in un futuro non troppo distante, in cui la Terra è a rischio a causa della sovrappopolazione: ecco perché la società impone la politica del figlio unico per ogni famiglia, affidando tutti gli altri bambini a un sistema di criogenizzazione che promette di ibernarli in attesa di un futuro migliore.
C'è però chi riesce a sfuggire alle regole, come Karen, una donna che muore subito dopo aver partorito ben sette gemelle, identiche in tutto e per tutto. Le bambine vengono affidate al nonno (Willem Dafoe) che assegna a ciascuna di loro il nome di un giorno della settimana, e ricorre a uno stratagemma che consenta alle nipoti di sopravvivere: le sette gemelle dovranno fingere di essere una sola persona, nota al resto del mondo con il nome di Karen Settman, figlia unica. In che modo? Ogni bambina potrà uscire di casa solo nel giorno che porta il suo nome, mentre le altre sei resteranno nascoste nell'appartamento.
Passano gli anni e le sorelle riescono con successo a mantenere il segreto finché, un giorno, Lunedì non torna più a casa, sembra scomparsa nel nulla (da cui il titolo originale What happened to Monday, dal duplice significato, come si scoprirà nel corso del film). È solo l'inizio di una serie di eventi che mettono a rischio l'incolumità delle sorelle, costrette a una corsa contro il tempo per la sopravvivenza.
I thriller fantascientifici ambientati in un futuro distopico sono un'inesauribile fonte di spunti per il cinema (e le serie tv, pensiamo al recente successo di The Handmaid's tale): il progresso talvolta spaventoso della scienza unito a teorie spesso catastrofiche sul futuro del Pianeta e dell'umanità.
In questo senso lo spunto di partenza di Seven Sisters è certamente intrigante: l'idea delle sette sorelle che fingono di essere una sola persona ha un immenso potenziale, non solo a livello narrativo, ma anche per come rimanda a una riflessione sul concetto di identità e individualità in opposizione alla massa e alle istituzioni. Le protagoniste, infatti, devono mostrare al mondo una sola donna che racchiude in sé abilità e personalità di tutte e sette, al tempo stesso cancellandone di fatto l'esistenza. È solo dentro casa che le sorelle possono dare libero sfogo a gusti e interessi individuali, che si manifestano anche esteticamente: straordinaria la prova della protagonista Noomi Rapace che, con l'aiuto di un team di make-up artist fra cui spiccano l'italiano Giannetto De Rossi e sua moglie Mirella, dà volto e corpo a tutti e sette i personaggi sfoggiando per ciascuno differenti colori di capelli, tagli e pettinature, abiti, postura e tutto il resto. Realizzare un'inquadratura in cui la stessa attrice è presente sette volte mentre interagisce in sostanza con se stessa può essere potenzialmente un disastro dall'aspetto posticcio e fasullo, ma qui le scene sono gestite in assoluta scioltezza.
In un'ambientazione dall'aspetto futuristico ma non troppo, nonostante la società iper tecnologizzata, quello che a Wirkola piace davvero mostrare sono scene d'azione vecchia maniera: combattimenti corpo a corpo, sparatorie, tutto il repertorio, che non risparmia particolari cruenti e sanguinosi.
Peccato per una villain (Glenn Close) poco interessante, e per il ruolo ridotto (pare in fase di montaggio) di Dafoe, che forse avrebbe meritato più spazio.
Un prodotto d'intrattenimento ben confezionato, sorretto da un'idea originale e accattivante, che resta in superficie ma che si guarda con piacere.