Santocielo si preannuncia la ventata d'aria fresca all'interno della commedia italiana, con un prodotto cinematografico tanto attuale che coniuga il genio di Ficarra e Picone con quello del regista Francesco Amato.
Santocielo si preannuncia la ventata d’aria fresca all’interno della commedia italiana, con un prodotto cinematografico tanto attuale che coniuga il genio di Ficarra e Picone con quello del regista Francesco Amato. Un lavoro che, oltre a far ridere con la simpatia dei due comici siciliani, punta anche a fare una forte critica sui dogmi assoluti della società e soprattutto sulle problematicità che l’uomo si crea con le sue stesse mani.
Davanti a una Terra in balia di guerre e la crisi climatica, Dio (Giovanni Storti di Aldo Giovanni e Giacomo) vorrebbe ricorrere al Diluvio Universale (senza Arca di Noè) per far estinguere gli uomini, diventati sempre più problematici e capaci di chiedere “miracoli” solamente per sciocchezze. L’assemblea degli angeli, però, vota per l’invio di un nuovo Messia, con l’egocentrico angelo Aristide (Valentino Picone) inviato sulla Terra per far consentire il concepimento di una nuova ragazza eletta. Ne verrà fuori un pasticcio, con la sua missione che incrocerà disgraziatamente la vita di Nicola (Salvo Ficarra), un vicepreside di una scuola cattolica in crisi con la propria moglie. Dall’incontro con Aristide, finirà lui a essere concepito, in una narrazione che spingerà i due protagonisti a dover mettere apposto la situazione per salvare il destino del mondo.
Il film non è un semplice film di Natale, ma un vero laboratorio per dare una nuova verve alla commedia italiana. La narrazione nasce dall’elaborazione di due commedie, una scritta dal Ficarra e Picone e l’altra da Francesco Amato, che unendo le proprie forze hanno dato vita a Santocielo. La sfida, largamente superata, è quella di una commedia che possa parlare di nuovi argomenti dell’attualità italiana, giocando sui dogmi della fede cattolica senza cadere nel fantascientifico o un film mistico.
Come racconta Francesco Amato, “se gli uomini sono problematici, è anche perché Dio ha una sua perfetta imperfezione“. In una visione molto elastica della fede, i tre autori provano a dare un’immagine nuova del divino, scherzandoci sopra e provando a fare comicità su tanti dogmi che oggi la società italiana ancora non mette in discussione. Nei cieli, gli angeli sono problematici, parlano di sindacati, si screditano tra loro e soprattutto litigano nelle assemblee, mettendo in minoranza anche le decisioni del Creatore.
Picone si rivela perfetto per il ruolo di Aristide, un angelo relegato all’ufficio per le richieste dei miracoli, ma che vorrebbe fare carriera approdando nel coro divino e apparendo all’attenzione di Dio. Pur credendo di sapere tutto, nella realtà dei fatti non è ben visto dai colleghi e dove mette le mani, nei fatti, combina grossi danni. Resta però una persona buona, pronto a tutto per aiutare e soprattutto risolvere il problema di Nicola.
Ficarra, che per la prima volta insieme a Picone interpretano in un film personaggi che non hanno il loro nome, è il perfetto professore in crisi, costretto a gestire una scuola troppo bigotta sui dogmi cattolici e soprattutto mostrarsi alla Madre Preside come quello che non è, appesantendo di fatto la propria crisi esistenziale. Nel mezzo, la crisi di coppia con sua moglie Giovanna (Barbara Ronchi di Io sono Babbo Natale): lei chiede la separazione, in una richiesta che non verrebbe accolta positivamente all’interno di una scuola cattolica con la visione di famiglia unita.
A rendere la commedia ancora più scorrevole, ottimi gli inserimenti di Suor Luisa (Maria Chiara Giannetta di Blanca), una giovane suora che deve confermarsi agli occhi della Preside ma che ancora ha delle forti insicurezze verso il proprio percorso di fede e le tentazioni presenti fuori dalla vita monastica.
Nella sostanza, si presenta come un buon prodotto in vista del Natale. Anche se la concorrenza al cinema sarà spietata quest’anno (ci sono i film di Antony Hopkins, Timothée Chalamet, la Disney e Diego Abbatantuono), Santocielo potrebbe ritagliarsi un ottimo spazio come film italiano del periodo. Dopotutto, l’esperimento cinematografico è lodevole e merita un “8” pieno per gli obiettivi che si poneva in fase di produzione.
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