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Recensione Vita di Pi di Ang Lee

Recensione del film Vita di Pi di Ang Lee con Suraj Sharma: un viaggio spirituale a metà tra sogno e realtà, ricco di metafore sulla vita e sulla fede, una fiaba moderna sul rapporto mistico tra essere umano e natura.

Ang Lee mancava dal grande schermo da ormai tre anni, ora torna con un film tutt’altro che scontato e semplice. Vita di Pi, che dopo la recente candidatura ai Golden Globe sarà presente sicuramente anche nella categoria miglior film ai prossimi Oscar, è tratto dall’omonimo romanzo della scrittore canadese Yann Martel. La storia raccontata nel libro non è sicuramente semplice da trasporre al cinema visto che la maggior parte della narrazione si svolge su una scialuppa in mezzo all’Oceano Pacifico con a bordo un giovane ragazzo e una tigre, il pensiero comune è sempre stato quello che fosse quasi impossibile ricavarne un buon lavoro, non a caso molti registi si sono avvicendati prima che la scelta potesse ricadere su Ang Lee. Il regista taiwanese ha dimostrato che non era affatto impossibile, tutt’altro.

Piscine Molitor Patel, detto Pi, è un giovane ragazzo indiano che vive con la propria famiglia che gestisce uno zoo. Fin da bambino Pi è a contatto con gli animali e sente un legame profondo con la natura che lo circonda. Si fa in continuazione domande sull’esistenza di Dio, sulle religioni e si appassiona a tutte, traendo da ognuna di esse insegnamenti diversi. Un giorno i genitori decidono di trasferirsi in Canada con tutti gli animali dello zoo, che avrebbero venduto una volta giunti a destinazione. Il fato vuole che a destinazione non giungano mai perché, durante la navigazione, una tremenda tempesta li colpisce, la nave affonda e Pi resta l’unico sopravvissuto su una scialuppa di salvataggio che dovrà condividere con una zebra, una iena, un orango e una tigre. Presto rimarrà solo con la tigre e i due dovranno imparare a convivere per un fine comune: la sopravvivenza.

Pi è una figura estremamente positiva. È ironico, intelligente, ingegnoso e molto tenace, ama la vita e tutto ciò che è stato creato da quello che lui sente come Dio, a prescindere dalla religione praticata. Sì perché fin da piccolo Pi è curioso di conoscere ogni aspetto delle religioni che esistono, da quella cattolica, da quella buddista, fino a quella induista, che siano monoteiste o politeiste, non importa perché ciò che conta è la fede. Oltretutto ama gli animali e in particolare è affascinato da quello che il padre considera l’animale più pericoloso del suo zoo, Richard Parker, la tigre. Il destino ha voluto che insieme dovessero affrontare l’avventura più pericolosa e difficile di tutta la loro vita, un naufragio.

Così, come un giovane e moderno Noè, Pi si ritrova disperso nella vastità dell’oceano con l’unica compagnia della tigre, la quale sarà anche la sua salvezza. Ogni giorno dovrà difendersi dalla bestia feroce, ma allo stesso tempo dovrà imparare a conviverci e a prendersi cura di lei e tutto ciò sarà la cosa che lo terrà in vita. Varie volte Pi si rivolge a Dio, lo invoca, lo prega, lo sfida e ogni volta le difficoltà che incontra sul suo cammino aumentano, come nella Bibbia Dio fece con Giobbe, la sua fede viene continuamente messa alla prova.

La parte più bella e riuscita della pellicola è senz’altro il naufragio e i mesi passati in mare. La regia di Lee è maestosa, le scene nell’Oceano sono inquietanti e affascinanti al tempo stesso, le immagini sono meravigliose, reali ma al contempo oniriche. L’utilizzo della computer grafica non è invadente, poche volte le immagini sembrano finte, anzi il senso di realtà è molto vivo. Vita di Pi è un viaggio spirituale a metà tra sogno e realtà, pieno di metafore sulla vita e sulla fede, una fiaba moderna sul rapporto mistico tra essere umano e natura. Assolutamente promosso.

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