Recensione Moonrise Kingdom – Una fuga d’amore
Recensione del film Moonrise Kingdom - Una fuga d'amore di Wes Anderson con Bruce Willis, Edward Norton, Frances McDormand, Tilda Swinton, Harvey Keitel: al centro della storia temi come la famiglia, il rapporto paterno, personaggi incompresi e solitari, socialmente disadattati, ma che l'amore riesce ad unire.
di Giorgia Tropiano / 04.12.2012 Voto: 9/10
Moonrise Kingdom – Una fuga d’amore finalmente esce nella sale italiane dopo aver aperto in concorso, nel maggio scorso, l’ultima edizione del Festival di Cannes, ottenendo applausi e critiche positive. Wes Anderson, regista co-sceneggiatore (insieme al fidato collaboratore Roman Coppola) e produttore del film, ci allieta con un sua nuova opera dopo l’esperienza positiva nel mondo dell’animazione con Fantastic Mr.Fox. Nella pellicola ritrova alcuni attori con i quali è solito collaborare come Bill Murray, al quinto film con lui e Jason Schwartzman, al terzo. Ci sono però anche dei nuovi interessanti ingressi come Bruce Willis, Edward Norton, Frances McDormand, Tilda Swinton e Harvey Keitel (in un piccolo ruolo). Nonostante il cast ricco di nomi di prim’ordine, i protagonisti della pellicola sono due dodicenni alla loro prima apparizione sul grande schermo.
Un’isola del New England, 1965. Due dodicenni incompresi si innamorano e progettano un fuga d’amore insieme, lontanto dalle proprie famiglie e dalla propria casa. Suzy (Kara Hayward) vive con i suoi genitori (Bill Murray e Frances McDormand) e suoi tre fratellini gemelli ma è infelice, non ha amici e si rifugia nella musica e nei libri di avventura. Sam (Jared Gilman) è un orfano che passa da una famiglia affidataria ad un’altra e anche lui non ha amici. Queste due anime affini un giorno si incontrano e da allora iniziano a scriversi lettere fino alla tanto desiderata fuga. Mentre vagano per la foresta tutte le autorità si organizzano per ritrovarli.
Moonrise Kingdom – Una fuga d’amore si apre con una panoramica all’interno di un appartamento dove una ragazzina sta ascoltando nella sua stanza un disco che spiega come è composta una composizione sinfonica, presentando mano a mano che si sentono i vari strumenti, le fughe e le variazioni. In un certo senso è come se ci presentasse il film, fatto di personaggi diversi che intervengono mano a mano nella storia, una storia che presenta diverse variazioni e cambiamenti girando intorno ad un’unica grande fuga, quella dei due giovani. La stessa tecnica di presentazione è usata anche alla fine dei titoli di coda (da vedere per intero) per presentare la partitura musicale creata per il film da quel genio di Alexandre Desplat, compositore musicale più di una volta nominato agli Oscar, che si occupa della straordinaria colonna sonora della pellicola.
Wes Anderson è uno degli Autori (con la A maiuscola) statunitensi più originali, talentuosi e interessanti di sempre e questo film ne è un’ulteriore conferma. Ritroviamo al centro della storia temi a lui cari come la famiglia, il rapporto paterno, personaggi incompresi e solitari, socialmente disadattati, ma che l’amore riesce ad unire. E come sempre ogni personaggio ha un oggetto o una caratteristica fisica che li contraddistingue: il bambino ha il suo cappello di pelliccia, la bambina il suo mangiadischi, l’assistente sociale la sua parrucca e così via. Tutto in Moonrise Kingdom risulta orchestrato perfettamente, dalla recitazione, dalla scenografia anni Sessanta, ai movimenti di macchina fino ad una sceneggiatura divertente e ben calibrata. Il controllo totale su tutto lascia però spazio all’emozione e ciò rende l’ultima opera di Anderson forse la meno pessimistica, con un finale dolce e speranzoso. Sarà perché il film è volutamente ambientato prima del ’69, anno che comunemente viene riconosciuto come spartiacque per quella perdita dell’innocenza che ha caratterizzato gli Stati Uniti in quegli anni e da quel momento in poi anche il cinema non sarà più lo stesso.