Recensione La mossa del pinguino
La mossa del pinguino è una pellicola onesta e sincera, con un cast d'eccezione che funziona come una perfetta macchina oliata, muovendosi su una sceneggiatura precisa nei tempi comici e nel ritratto di un'Italia dove anche i precari possono sognare.
di Erika Pomella / 12.03.2014 Voto: 7/10
L'anno è il 2006; Bruno (Edoardo Leo), dopo essere caduto, in maniera piuttosto goffa, in una trappola immobiliare, cerca un modo per riuscire a fare abbastanza soldi per trovare una nuova casa, prima che sua moglie Eva (Francesca Inaudi) lo cacci di casa. Il fatto è che Bruno è un uomo che porta dentro di sè il bambino che è stato e che, in fondo, non è mai voluto crescere. Perchè Bruno è un sognatore, uno che insegue le scie luminose di idee strampalate, nella speranza che almeno una di esse possa cambiargli la vita. Così, quando nella sua mente si affaccia l'idea di formare una squadra di curling da portare alle prossime Olimpiadi di Torino, Bruno è convinto di aver avuto un'idea brillante. A supportarlo – e, è il caso di dirlo, sopportarlo – c'è l'amico di sempre Salvatore (Ricky Memphis), che con lui pulisce il palazzo dei congressi all'Eur e che è costretto a barcamenarsi col lavoro per potersi permettere le medicine per il padre malato. Quando poi alla squadra si uniscono anche i due "vecchi" Neno (Antonello Fassari), un millantatore sputato dagli anni Settanta e Ottavio (Ennio Fantastichini), un ex vigile cinico, Bruno è convinto di aver preso la strada giusta. Ma niente è come sembra, e ben presto l'uomo dovrà fare i conti con la sua più acerrima nemica: la realtà.
La mossa del pinguino di Claudio Amendola è un film sincero, che non ostenta alcun tipo di pretesa narrativa o stilistica e, piuttosto, si contenta – il che non è poco – di raccontare la storia di alcuni precari che combattono l'infelicità del nostro tempo con una dose forse eccessiva di entusiasmo. Ecco allora che ai tanti precari e disoccupati che al cinema vengono spesso ritratti con le nubi oscure del dramma esistenziali, Amendola risponde con una visione più leggera e, forse, in parte più veritiera. Perchè tra i molti che hanno problemi economici e che hanno difficoltà nel trovare lavoro, non ci sono solo coloro che vedono la loro vita finita.
Ci sono quelli – come i protagonisti del film – che hanno problemi piuttosto gravi, ma che comunque rispondono a quell'infelicità con escamotage individuali che permettono loro di non impazzire. Per Bruno questo escamotage deriva dalla sua fantasia; intesa non come capacità di creare mondi immaginativi dal nulla, ma piuttosto come abilità innata di tirare fuori l'oro da qualcosa che in realtà è solo terra. Bruno è un uomo in fondo ottimista, che vuol trovare qualcosa di positivo sempre e comunque, per non scivolare nel mondo della disperazione. E' un uomo con la sindrome di Peter Pan, che forse nella vita vera avrebbe difficoltà a far funzionare un rapporto, ma che comunque riesce a commuovere per la sua voglia di essere allegro, di essere libero, di essere, in definitiva, se stesso. Bruno è un personaggio che arriva allo spettatore, con le sue ingenuità e le sue manchevolezze, grazie anche alla buona interpretazione offerta da Edoardo Leo. L'attore, infatti, oltre ad aver dato vita alla sceneggiatura, coopera alla costruzione di un personaggio pieno di sogni e di ambizioni, timoroso in fondo di rapportarsi con il mondo che lo circonda. Un precario sui generis, che alla disperazione risponde con un'insensata ma ottimistica dose di speranza.
La mossa del pinguino è una commedia in cui Claudio Amendola ha creduto e questa fiducia quasi cieca la si avverte quasi in ogni inquadratura; per il proprio esordio dietro la macchina da presa, l'interprete de I Cesaroni sceglie i toni vagamente malinconici di un racconto con forti venature comiche, che si basano essenzialmente non tanto su battute gettate quasi al caso, quanto piuttosto sulla tempistica pressoché perfetta di una sceneggiatura che punta tutte le sue migliori carte sulla forte chimica del cast.