Recensione: La Frode
Recensione del film La Frode (Arbitrage) di Nicholas Jarecki: una delle migliori interpretazioni di Richard Gere; sceneggiatura caotica, a volte. Nel cast anche Susan Sarandon, Tim Roth.
di Erika Pomella / 14.03.2013 Voto: 6/10
La frode è il film che segna il debutto alla regia di un lungometraggio per Nicholas Jarecki, nato come scrittore e poi "esploso" con il suo documentario The Outsider, lavoro incentrato sulla figura del regista James Toback a cui hanno partecipato anche star del calibro di Winona Ryder, Robert Downey Jr. e Woody Allen. Per la sua prima volta da metteur en scene cinematografico, Jarecki sceglie una pellicola che sotto la maschera del thriller nasconde la voglia di sondare fino in fondo i dilemmi morali che possono (s)muovere le scelte di un uomo potente che ha praticamente il mondo in mano.
Apparentemente Robert Miller (Richard Gere) è l'uomo che tutti vorrebbero essere. Dirigente di una compagnia da milioni di dollari, padre amorevole e sposo premuroso di Ellen (Susan Sarandon), Robert ha anche il tempo per un'amante, Julie, una pittrice francese (Laetitia Casta). Tuttavia non è oro tutto quello che luccica: obbligato a vendere la propria società per nascondere un falso in bilancio che potrebbe mandarlo in prigione, Robert vede la sua vita sgretolarsi a seguito di un brutto incidente in cui Julie perde la vita. Scosso dall'accaduto e preoccupato per le conseguenze che un tale evento potrebbe avere sulla sua esistenza e, soprattutto, sulla sua reputazione, Robert abbandona Julie sulla strada e si fa venire a prendere da Jimmy (Nate Parker), un giovane pregiudicato il cui padre era in debito con Robert. Mentre quest'ultimo tenta di comportarsi come se niente fosse,l'ispettore Michael Bryer (Tim Roth) comincia ad indagare sulla morte di Julie. Per Robert comincia così una corsa contro il tempo, nella speranza di salvare la reputazione, la compagnia e coloro che, per averlo aiutato, rischiano di essere considerati suoi complici.
Arbitrage – questo il titolo originale della pellicola – in campo di diritto civile indica un atto in cui un soggetto, scelto dalle due parti di un contratto, determina la prestazione del contratto stesso, ma può anche indicare un'azione commerciale speculativa in ambito economico. Entrambi questi aspetti appena enunciati, a ben vedere, si sposano alla perfezione con la storia di Robert Miller. Diviso tra due mondi – quello pubblico, in cui è venerato come una sorta di deus ex machina dell'economia, e quello privato, dove bugie e viltà la fanno da padrone – Robert finisce col diventare l'arbitro di se stesso, scegliendo da se quale immagine vuole regalare ai posteri. Combattuto tra quello che è giusto e quello che è conveniente al mantenimento della sua facciata, Robert è costretto a dover scendere ai proverbiali patti col demonio. Responsabile della morte di una donna con cui tradiva la moglie, reo di aver falsificato i bilanci della sua azienda, il protagonista gioca ad un'azione speculativa con la sua stessa vita, cercando di rivederla laddove la domanda è più alta.
Bisogna, a questo punto, ammettere che la cosa migliore del film La Frode è l'interpretazione offerta da Richard Gere. Non esageriamo affatto quando diciamo che è di sicuro una delle migliori prove offerte dall'interprete storico di Pretty Woman. Gere porta in scena un uomo eroso dal rimorso, con il quale lo spettatore è spesso spinto a simpatizzare, ma che è pieno di angolo spigolosi e tutt'altro che seducenti. A duettare con lui, con le sembianze un po' stanche di un ispettore rassegnato all'ingiustizia del mondo e della legge – davanti alla quale, forse, non siamo tutti poi così uguali – Tim Roth tratteggia un personaggio che molto deve a quello interpretato sul piccolo schermo in Lie to me. Ai due interpreti maschili si deve aggiungere il buon apporto dato da Susan Sarandon – che aveva già interpretato la moglie di Richard Gere in Shall we dance? – che in poche, indelebili scene riesce a far emergere la forza del proprio personaggio.
Riconosciuti tali meriti artistici, va però detto che La frode è un film riuscito solamente a metà. La sceneggiatura, infatti, si fa man mano più nebulosa e caotica tanto che alcuni dettagli, così come la risoluzione del caso appaiono quasi inintelligibili. Alcuni personaggi vengono semplicemente abbozzati, come in un indolente esercizio di scrittura: e se questo coopera a far emergere ancora di più il personaggio di Robert Miller è indubbio che il quadro generale ne risulta depauperato. Con questi difetti di script anche la ricezione spettatoriale si fa più claudicante, tanto da far avvertire sulle spalle dello spettatore tutta la durata del film, che poteva essere accorciata di almeno venti minuti.