Recensione Killer Joe
Recensione del film Killer Joe di William Friedkin. Con Matthew McConaughey, Emile Hirsch, Juno Temple, il film mette a dura prova lo stomaco degli spettatori, inorridendoli con uno scenario pieno di colpe e peccati.
di Erika Pomella / 06.10.2012 Voto: 9/10
In molti ricorderanno William Friedkin per aver girato uno dei capisaldi del cinema horror, L’Esorcista. Ma Friedkin è prima di tutto un regista che non ha paura di rischiare, che non si tira mai indietro quando c’è da portare sul grande schermo l’America dei disadattati, quella che le grande major spesso fingono di non vedere, e che invece il regista settantasettenne dipinge con un gusto estetico riconoscibile, dalle forti tinte noir. Killer Joe rientra in questo contesto di accusa e di rivendicazione. Presentato alla 68esima Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica di Venezia, il film verrà distribuito -con più di un anno di ritardo- nelle sale italiane grazie alla Bolero Film.
La storia è quella di Chris (Emile Hirsh), uno spacciatore da quattro soldi che per ripagare un debito con alcuni fornitori, decide di uccidere la madre per incassarne così l’assicurazione sulla vita. Per dare seguito a questo piano infame, il ragazzo chiede aiuto al killer di professione Joe (Matthew McConaughey), un uomo oscuro che si nasconde dietro la sua divisa da poliziotto per svolgere le sue funzioni di assassino professionista. Incapace di pagare subito il cachet del killer, Chris si vede costretto a dare la sorellina dodicenne Dottie (Juno Temple) come deposito di garanzia del futuro pagamento. Spronato dal padre Ansel (Thomas Haden Church) e dalla matrigna Sharla (Gina Gershon), Chris accetta di sacrificare Dottie in favore del bene della famiglia in cui vive, senza sapere che la sua scelta darà il via ad una girandola di eventi catastrofici.
Senza risparmiare nulla allo spettatore, William Friedkin racconta con dovizia di particolari stomachevoli la discesa dell’animo umano in un universo oscuro, una sorta di dimensione infernale, dove non c’è onore e non esistono legami sacri. Cinico e pieno di uno humour nero, il regista di Killer Joe non allenta mai la presa, dirigendo una pellicola caratterizzata da dialoghi serrati e da immagini che se da una parte omaggiano il tono pulp tipico dei film di Tarantino, dall’altro sembra più vicino alla filmografia dei Coen per la messa in scena di una violenza che non si limita a spargimenti di sangue, ma che scende più in fondo, fino alle radici dell’umanità stessa. L’obiettivo di Friedkin, in questo capolavoro del cinema, non è solo quello di tracciare il ritratto di una famiglia disastrata del Texas, dove aleggia in continuazione la minaccia dell’incesto, ma anche di attaccare apertamente quel braccio violento della legge che trova nel personaggio di Killer Joe un suo esponente esemplare.
Matthew McConaughey confeziona l’interpretazione migliore di tutta la sua carriera, nel portare sul grande schermo questo poliziotto corrotto, con gli occhi che uccidono, subdolo e violento, che non si fa scrupoli ad utilizzare il corpo spigoloso di Dottie. Juno Temple è, d’altra parte, l’altra rivelazione della pellicola. Se, infatti, tutto il mondo era consapevole del grandioso talento di Emile Hirsch – che abbiamo potuto ammirare in Into The Wild e Milk – Juno Temple (Diario di uno Scandalo, Il cavaliere oscuro – il ritorno) è assolutamente perfetta nel rappresentare la fragile Dottie, che da vittima di un sistema che la vuole preda, si trasforma in una smaliziata predatrice, che sa quello che vuole e sa come ottenerlo. Mercificando se stessa in un oggetto di scambio e in una valuta, la ragazzina vende la sua fisicità per proteggere chi ama e probabilmente per scappare da una realtà che le va stretta, che la schiaccia e la soverchia.
Al di là, comunque, delle ottime prove fornite dal cast, Killer Joe sorprende soprattutto per la capacità di William Friedkin di girare un film stomachevole, sporco persino nella fotografia curata da Caleb Deschanel, dove tutti sono vittime di un sistema più grande, che ingloba l’essere umano e lo imprigiona in ruoli da cui è difficile scappare. Tratto dalla pièce firmata dal premio Pulitzer Tracy Letts, Killer Joe metterà senz’altro a dura prova lo stomaco degli spettatori, inorridendoli con uno scenario pieno di colpe e peccati, dove persino un’innocua coscia di pollo diventa simbolo di perversione e potere. Allo stesso tempo, però, la pellicola resterà impressa nelle retine e nelle coscienze, e li rimarrà a lungo. Imperdibile.