Recensione del film Il sospetto di Thomas Vinterberg con Mads Mikkelsen: un film teso, asciutto, che arriva come un pugno nello stomaco.
Il sospetto segna il ritorno alla regia di Thomas Vinterberg, uno dei fondatori nel 1995 insieme all’amico Lars Von Trier del manifesto del Dogma 95, attraverso il quale ha diretto Festen – Festa in famiglia, film che l’ha fatto conoscere a livello internazionale e grazie al quale ha vinto il premio speciale della giuria al Festival di Cannes. Con questa suo nuova pellicola torna nuovamente in concorso sulla Croisette e ne esce ancora una volta vincitore, questa volta il riconoscimento va al suo interprete, l’attore danese Mads Mikkelsen, il quale vince la Palma d’oro come miglior interprete maschile.
Lucas (Mads Mikkelsen) è un quarantenne divorziato, ha un lavoro in un asilo che ama molto, ha una nuova compagna e ha mantenuto un rapporto molto bello con Marcus, il figlio adolescente. È un uomo buono, spiritoso, benvoluto da tutti, ha molti amici e soprattutto è amato moltissimo da tutti i bambini della scuola. Un giorno però la sua vita cambia del tutto. La figlia del suo migliore amico, bambina molto legata a Lucas, per dispetto inventa una bugia su di lui. Ormai il danno è fatto, il falso racconto si diffonde come un virus e nessuno avrà dubbi sulla colpevolezza dell’uomo. Da quel momento Lucas perde tutto e tutti e inizia una sua battaglia personale per poter riscattare la sua immagine, ma nessuno sembra disposto a credergli. Solo suo figlio Marcus e il padrino del ragazzo lo difendono e gli stanno vicino, ma non basta questo per evitargli la solitudine e l’indifferenza, non basta neanche che un giudice lo assolva dalle accuse recategli, il verdetto della gente è ormai irremovibile.
Il film racconta di una caccia all’uomo, non a caso il titolo originale della pellicola è Jagten, ovvero la caccia, mentre Il sospetto è un titolo scelto sicuramente meno efficace, in quanto non c’è mai il sospetto sull’uomo ma solo verdetti già emessi, senza dubbi o possibilità di redenzione. Noi spettatori sappiamo la verità, siamo messi di fronte all’innocenza dell’uomo, abbiamo una conoscenza omnisciente dei fatti, tutti gli abitanti della comunità invece non sanno come sono realmente andate le cose ma credono fin da subito, senza remore, alla bambina, partendo dal presupposto (spesso sbagliato) che i bambini non mentono mai. Se questa concezione è giustificata per i genitori della piccola, è assolutamente ingiustificata per tutti gli altri che non tengono conto della sviluppata immaginazione dei più piccoli e cancellano l’esistenza di un uomo, loro amico e stimata persona fino ad allora, in un attimo, senza il minimo dubbio, senza la possibilità dell’errore.
Il sospetto diventa quindi una caccia alle streghe e in qualche modo sono gli stessi adulti a creare volutamente un mostro, basti pensare alla scena della bambina che parla con lo psicologo. Una bambina che racconta una storia inventata perché arrabbiata con l’amico adulto viene poi messa sotto pressione e indotta a dire un qualcosa che in realtà non è accaduto per accontentare chi la sta interrogando e poter essere libera di andare a giocare nel parco. Il film ci racconta come i veri mostri sono i pregiudizi delle persone che spesso sentenziano senza riflettere e che basta una voce per poter rovinare per sempre l’esistenza di un brav’uomo.
Il sospetto è un film teso, asciutto, che arriva come un pugno nello stomaco; lo spettatore empatizza con il protagonista da subito e vive con lui tutto il dramma e la rabbia per quello che accade. L’attore protagonista è bravissimo nel mostrare la discesa verso la solitudine e la paura di uomo che perde tutto. Il finale è agghiacciante ed efficace e porta avanti la tesi che non basta il tempo per cancellare l’immagine che si ha ormai della persona, sei segnato per sempre.
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