

Recensione: Il fondamentalista riluttante
Recensione del film The Reluctant Fundamentalist, film d'apertura della 69esima edizione del Festival di Venezia, diretto da Mira Nair con protagonisti Kate Hudson, Kiefer Sutherland, Liev Schreiber, Nelsan Ellis.
di Giorgia Tropiano / 30.08.2012 Voto: 6/10
Il fondamentalista riluttante, film d'apertura della 69esima edizione del Festival di Venezia, è diretto dalla regista indiana Mira Nair che torna al lido dopo la vittoria del leone d'oro nel 2001 con Monsoon Wedding, questa volta fuori concorso. Il cast è composto dall'attore inglese Riz Ahmed (Il principe del deserto), da Kate Hudson (Quasi famosi), da Kiefer Sutherland (Melancholia) e da Liev Schreiber (Salt). La pellicola è tratta dall'omonimo libro di Mohsin Hamid il quale affronta la scottante tematica dei rapporti tra Oriente e Occidente cercando di mettere in discussione in ogni momento qualsiasi certezza sull'argomento.
Changez Khan (Riz Ahmed) è un giovane professore pakistano che, a suo discapito, si trova coinvolto nelle insurrezioni degli studenti fondamentalisti islamici e la situazione si fa sempre più difficile quando viene rapito un suo collega americano. Il ragazzo, in un momento così delicato, accetta di farsi intervistare da un giornalista americano al quale racconta tutta la sua vita. Laureato in una della più prestigiose università americane con il massimo dei voti, inizia il suo apprendistato presso una delle più importanti società nel campo della finanza. Mentre fa sempre più velocemente carriera, trova anche l'amore, con una fotografa, Erica (Kate Hudson). La sua vita sempre perfetta, ma è proprio nel momento di massima felicità che arriva l'evento che cambierà la sua vita: l'11 settembre e le tensioni che ne seguono stravolgono totalmente tutto ciò in cui credeva. Il suo american dream pian piano si sgretola e quella nazione che tanto ama e che tanto gli ha regalato sembra voltargli le spalle.
The Reluctant Fundamentalist è sicuramente un film coraggioso, che non ha paura di mostrare verità scomode e di affrontare argomenti scottanti e delicati, spesso considerati tabù. Il tutto è raccontato dal punto di vista dello straniero, di colui che si ritrova improvvisamente malvisto da tutti nel paese dove vive e lavora solo perché facente parte della stessa etnia considerata nemica, abituata a stermini del genere, a perdere persone innocenti quasi quotidianamente. Si parla di colpe, di ingiustizie, di azioni giuste e sbagliate, di verità nascoste e di bugie diramate. Si accenna anche un sorriso del protagonista davanti le immagini delle Torri che hanno sconvolto il mondo intero, una breve gioia, come un brivido fugace provato nel guardare l'orrore dell'atto di per sé definito geniale, Davide che ferisce Golia. Ed è per tutte queste ragioni che la pellicola della Nair non sarà esente dal suscitare polemiche, soprattutto negli Stati Uniti, ma appare chiaro che il suo intento è quello di scuotere le coscienze, di raccontare i fatti da un punto di vista diverso.
Se l'intento è certamente da apprezzare e il film regala alcuni momenti di tensione, nel complesso la realizzazione non manca di parti meno riuscite e meno efficaci. Il film d'apertura al festival quest'anno non è di livello alto come è accaduto nelle due ultime edizioni, con il capolavoro Black Swan e l'ottimo Le idi di marzo.