Recensione del film Bianca come il latte, rossa come il sangue dal romando di D'Avenia: il mondo visto dagli adolescenti, sensazioni opposte e contrastanti che si rincorrono alternando l'amarezza all'ironia. Molto bravi Argentero, Scicchitano, Ruffino e Weiss.
Il bianco è l'assenza, il vuoto, la noia; è qualcosa che fa paura. Il rosso, al contrario, è passione, ardore; è la spinta che ti fa andare avanti. E magari è anche il colore dei capelli di una ragazza, bella e in apparenza irraggiungibile, ma che fa battere il cuore solo a intravedere quell'inconfondibile chioma.
Bianca come il latte, rossa come il sangue è il titolo del fortunatissimo romanzo d'esordio di Alessandro D'Avenia, professore di liceo palermitano che, anche traendo spunto dalla propria esperienza di insegnante e dai racconti dei suoi studenti, ha pubblicato nel 2010 il libro poi divenuto un best-seller pubblicato in 19 paesi stranieri. Ed è in parte ambientato tra le mura di una scuola superiore il film, che ha per protagonista Leo (Filippo Scicchitano), sedicenne con poca voglia di studiare ma con le passioni di tutti i suoi coetanei: gli amici (Romolo Guerreri e Aurora Ruffino), il calcetto, la musica e soprattutto una grande ossessione: quella per Beatrice (Gaia Weiss), compagna di scuola dai capelli rossi, di cui Leo è perdutamente innamorato nonostante non le abbia mai rivolto la parola. Durante un lungo e complesso anno scolastico, Leo dovrà fare i conti con tante e intense emozioni, dall'amicizia all'amore, dalla perdita ai segreti, dalla rivalità all'altruismo, tra le incomprensioni con i genitori (Flavio Insinna e Cecilia Dazzi) e i consigli di un giovane professore (Luca Argentero).
La pellicola è diretta da Giacomo Campiotti, che raccontava di adolescenti anche nel suo ultimo film per il cinema, Mai più come prima, realizzato nel 2005 prima di una pausa dal grande schermo per dedicarsi a progetti televisivi. Bianca come il latte, rossa come il sangue si rivolge senza dubbio a un pubblico giovane, come testimonia anche la colonna sonora firmata dai Modà, uno dei gruppi più amati dai teenager, e strizza l'occhio anche agli spettatori dei film di Federico Moccia (Cecilia Dazzi interpretava la madre anche in Scusa ma ti chiamo amore e Scusa ma ti voglio sposare). Al tempo stesso, però, il film cerca di non restare confinato nel ristretto territorio del teen-movie, affrontando anche tematiche più universali, come la malattia, per mostrare le diverse reazioni dell'essere umano al dolore, in una gamma di emozioni che spazia dalla speranza alla paura; e anche ammettere che, in fondo, siamo tutti simili quando si parla di sentimenti, i ragazzi di oggi come quel Dante Alighieri che, tanti anni fa, amava, non ricambiato, una donna di nome Beatrice.
Il mondo visto dagli adolescenti, sensazioni opposte e contrastanti che si rincorrono rapide, alternando l'amarezza all'ironia, conferiscono ritmo al film, tranne forse verso la fine in cui perde un po' di agilità soffrendo di un'eccessiva lunghezza. Non manca però neanche lo sguardo degli adulti su quegli stessi adolescenti: genitori a volte spiazzati dall'eccessiva passione, senza mezze misure, dei propri figli, e un professore che, invece, pensa che sia importante trasmettere quella passione ai ragazzi, per non far perdere loro la speranza, la partecipazione verso ciò che si fa della propria vita. Bravo Luca Argentero a dare corpo al suo personaggio, anche se il suo ruolo resta comunque marginale, una sorta di "grillo parlante" per il protagonista. Non sempre riuscitissime, invece, le scene con i genitori del protagonista, che sono troppo spesso protese a cercare la risata a tutti i costi, con un tono farsesco che a volte non si accorda alla perfezione con i momenti più drammatici della storia.
Scelta azzeccata quella dei giovani interpreti, primo fra tutti Leo, che ha il volto di Filippo Scicchitano, il giovane protagonista di Scialla: disinvolto e autoironico, riesce a esprimere con spontaneità la varietà di sentimenti del suo personaggio, aiutato dalle sue controparti femminili: Aurora Ruffino, perfida compagna di scuola in La solitudine dei numeri primi, che qui è la dolce amica del cuore Silvia, e Gaia Weiss, l'oggetto del desiderio di dantesca bellezza. I loro tre personaggi riescono a dar vita a un triangolo sentimentale meno banale del solito, cercando di andare a scavare in fondo alle proprie emozioni più vere e sincere.
Bianca come il latte, rossa come il sangue è un film consigliato agli adolescenti ma non solo, una storia che si tinge di tutti i colori dell'animo umano, cercando di cogliere anche le sfumature, di cui, in fondo, la vita è piena.
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