Percy Jackson e gli dei dell’Olimpo – Il mare dei mostri
Percy Jackson e gli dei dell'Olimpo - Il mare dei mostri punta su un pubblico molto giovane con un buon 3D e qualche scena divertente, ma pecca dal punto di vista narrativo.
di Erika Pomella / 12.09.2013 Voto: 5/10
Quando ancora Harry Potter non aveva preso commiato dalla sala cinematografica che spinse milioni e milioni di adolescenti ad avvicinarsi alla lettura, Chris Columbus – regista di Harry Potter e la pietra filosofale e Harry Potter e la camera dei segreti – venne chiamato a dirigere quello che, nel 2010, si vociferava potesse essere il degno erede della saga del maghetto più famoso al mondo. Percy Jackson e gli Dei dell'Olimpo: il ladro di fulmini parlava di un giovane adolescente problematico, con una dislessia feroce e una vita personale tutt'altro che rosa e fiori, fino al momento in cui gli veniva svelata la sua natura di mezzosangue, per metà umano e per metà Dio, destinato a compiere grandi imprese per il solo fatto di discendere da uno degli dei più antichi e potenti. Nonostante i buoni incassi, tuttavia, il film non riuscì a bissare l'enorme successo della saga targata Rowling e, anche a causa di un riscontro della critica tutt'altro che positivo, si è dovuto aspettare tre anni perchè Percy Jackson, sempre con il volto pulito dell'attore Logan Lerman, tornasse sul grande schermo, stavolta sotto la guida del regista Thor Freudenthal.
Figlio di Poseidone ed eroe quasi per caso, Percy Jackson (Logan Lerman) passa le sue giornate al campo mezzosangue, sotto l'occhio di Mr. D (Stanley Tucci), mentre la figlia di Ares, Clarisse (Leven Rambin, già vista in Hunger Games), non perde occasione di deriderlo, mostrando a tutto il campo che il famoso figlio di Poseidone non è altro che un bluff, un mezzosangue che solo per fortuna è riuscito a salvare l'Olimpo. Per fortuna Percy può contare sui suoi amici: il satiro Grover (Brandon T. Jackson) e la bella Annabeth (Alexandra Daddario). Tutto procede come al solito, finchè l'albero che circonda il campo mezzosangue – e che non è altro che un espediente usato da Zeus per mantenere in vita la figlia Talia – non viene avvelenato, distruggendo così la barriera protettiva che proteggeva la scuola dei mezzosangue. Per Percy, perseguitato da una vecchia profezia e alle prese con l'arrivo del fratellastro-ciclope Tyson (Douglas Smith), non resta altro da fare che partire alla ricerca del Vello D'oro, che ha poteri taumaturgici e fermare, ancora una volta, i piani di Luke (Jake Abel), il figlio di Ermes (Nathan Fillion) che è più deciso che mai a rovesciare l'Olimpo.
Ahinoi, i tre anni d'attesa per tornare a spiare le avventure degli Dei dell'Olimpo nel nuovo secolo sono stati anni persi invano. Seppure Il ladro di fulmini non era riuscito nell'intento di creare un vero e proprio franchise e non avesse i numeri per essere innalzato a cult, non si può dire che fosse un film fallimentare. Aveva una sua natura e un suo filo logico. Il mare dei mostri, al contrario, nonostante possa contare su una stupenda colonna sonora (eccezion fatta per la canzone sui titoli di coda della versione italiana), è un guazzabuglio di mostri 3D, di effetti speciali tutt'altro che impeccabili e di situazioni affrontate solo dal punto di vista più superficiale.
E' evidente come l'intento generale della produzione fosse quello di abbassare (e di molto!) l'età di riferimento della pellicola. Pur non essendo del tutto adatto ai più piccoli (ché potrebbero spaventarsi con mostri semi-tridimensionali), Il mare dei mostri punta soprattutto su un pubblico di bambini, i cui occhi sono assetati di senso di meraviglia e avventure fantastiche. Questa scelta, che potrebbe apparire valida da un punto di vista meramente legato alle strategie di mercato, esclude però dalla partecipazione spettatoriale un pubblico più adulto e più abituato sia agli effetti speciali che alla meraviglia insita nell'arte del cinema. Il risultato è una pellicola insipida, sorretta da un buon 3D e da qualche momento divertente, ma che rimane ancorato a terra, senza avere le qualità necessarie a compiere il salto di qualità.