

Padri e figlie di Gabriele Muccino, la recensione
Gabriele Muccino torna a dirigere un film negli Stati Uniti, una toccante storia sul rapporto tra un padre e una figlia con protagonisti Russell Crowe e Amanda Seyfried
di Matilde Capozio / 28.09.2015 Voto: 7/10
Padri e figlie è il titolo del nuovo film di Gabriele Muccino, quarta avventura statunitense per il regista italiano; questa pellicola si basa su una sceneggiatura originale, esordio cinematografico del drammaturgo Brad Desch, finita qualche anno fa nella cosiddetta Black List, classifica dei copioni più interessanti ancora in cerca di realizzazione. In un’alternanza temporale tra passato e presente, seguiamo le vite di Jake Davis (Russell Crowe) e di sua figlia Katie (Amanda Seyfried): Jake è uno scrittore famoso, vincitore del premio Pulitzer, rimasto vedovo dopo la morte della moglie in un incidente d’auto; per via di disturbi mentali, Jake è costretto al ricovero in una clinica per alcuni mesi, durante i quali la piccola Katie viene cresciuta da una coppia di zii (Diane Kruger e Bruce Greenwood); uscito dalla clinica, Jake si trova obbligato a dover lottare contro i suoi problemi di salute, una carriera altalenante e le pretese dei familiari, pur di restare con sua figlia e garantirle una vita felice. Più di venti anni dopo, Katie è una giovane donna che studia psicologia e si occupa di bambini con un’infanzia difficile, mentre lei sembra aver perso la capacità di amare: colleziona storie di una notte e non riesce a liberarsi dai propri demoni; l’incontro con un giovane aspirante scrittore (Aaron Paul) e con una bambina in attesa di adozione (Quvenzhané Wallis) costringeranno Katie a rimettere in discussione la propria vita.
Gabriele Muccino ritorna a occuparsi delle tematiche a lui più care, ovvero la famiglia e le relazioni sentimentali; sulla scia di quello che è stato finora il suo maggior successo americano, La ricerca della felicità, ancora una volta al centro della storia è il rapporto tra genitori e figli.
La storia infatti intreccia continuamente i due binari, svelando poco a poco le vicende accadute nel passato di Katie, mentre osserviamo la sua vita nel presente; il tema principale è quindi il rapporto di causa ed effetto tra gli eventi accaduti nell’infanzia di una persona e il suo successivo approccio alla vita, il complesso bagaglio di traumi, paure, desideri che danno forma alla personalità di un individuo ormai adulto.
La pellicola evidenzia quindi la complessità dei personaggi, pregi e difetti spesso in contraddizione tra di loro che vanno a minare il già difficile ruolo di padri, figli, compagni, professionisti nel lavoro.
In evidenza, anche uno sguardo critico sulla società statunitense, profondamente assetata di denaro e potere, dall’individualismo che lascia le persone sole, in preda alle proprie nevrosi, dipendenti da alcol e psicofarmaci; una frenesia nel modo di vivere che accentua la natura fragile e precaria dei rapporti umani, lasciando spietatamente da parte chi non è in grado di stare al passo.
Nel complesso, Padri e figlie è una pellicola dalle molte anime, che stratifica al suo interno diverse sottotrame, seppure con qualche lacuna, talvolta quasi mescolando, a livello tematico, più generi filmici; la struttura dal montaggio alternato aggiunge poi un elemento di suspense forse fuorviante alla storia, e tra gli eventi appartenenti al passato, non tutto sembra trovare adeguato riscontro nella narrazione ambientata nel presente.
Anche stavolta Muccino riesce a radunare un gran cast, che contribuisce con interpretazioni calibrate, dai protagonisti fino agli speciali camei, come il ruolo di Jane Fonda, per non parlare della rivelazione Kylie Rogers, nei panni della piccola Katie.
E' anche grazie agli attori se il film sa quali corde toccare per fare leva sul coinvolgimento emotivo e sulla commozione, in quella che è un'opera ben confezionata, dallo stile elegante, che lascia poco spazio all’ironia ma dove c’è sempre posto per la speranza.