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Non sono ancora morta, recensione della sitcom con Gina Rodriguez su Disney+

'Non sono ancora morta' è una deliziosa sitcom su Disney+ che vede come protagonista la Gina Rodriguez di 'Jane The Virgin'

Tratta dal libro dal titolo Confessions of a Forty-Something F–k Up, scritto da Alexandra Potter, Non sono ancora morta è la nuova sitcom disponibile su Disney+ che vede come protagonista la Gina Rodriguez che il pubblico ha già avuto modo di conoscere e amare nella serie televisiva Jane the VirginDisponibile da fine giugno in piattaforma, Non sono ancora morta è composta da tredici episodi della durata di circa venticinque minuti ciascuno che promettono non solo risate, ma anche momenti di riflessione.

Di cosa parla Non sono ancora morta?

Nell Serrano (Gina Rodriguez) pensava di aver sistemato la sua vita una volta per tutte. Fidanzata e innamorata, aveva deciso di lasciare gli Stati Uniti per trasferirsi a Londra insieme al suo fidanzato. A un passo dalle nozze, però, la relazione tra i due naufraga e la ragazza è costretta a tornare a casa. Qui ritrova lavoro nella sua vecchia redazione, dove ritrova anche l’amica Sam (l’Hannah Simone di New Girl). Solo che la vita è molto diversa. Se prima Nell era la ragazza lanciatissima che sembrava pronta a raggiungere qualsiasi obiettivo, ora è costretta a condividere l’appartamento con un ragazzo nello spettro dell’autismo (Rick Glassman) che sembra avere problemi ad accettare le stranezze nel comportamento di Nell. Inoltre il suo “vecchio” lavoro si è trasformato in una nuova mansione: Nell deve scrivere i necrologi per il giornale per cui lavora. La particolarità? La ragazza riceve la visita di tutte le persone di cui deve scrivere il necrologio: una situazione assurda, a tratti spaventosa, che però le permette non solo di conoscere la persona di cui deve scrivere, ma anche di analizzare se stessa e i suoi comportamenti, come l’atteggiamento ostile che ha nei confronti del suo capo Lexie (Lauren Ash).  Qui potete vedere il trailer della serie:

La meraviglia delle piccole cose

Non sono ancora morta è una serie tv che si mostra subito allo spettatore come un prodotto pensato soprattutto per divertire e intrattenere. Gli episodi che compongono la prima stagione (che, probabilmente, sarà seguita da una seconda) filano via come il proverbiale bicchiere d’acqua, grazie a un ritmo davvero eccellente, ma anche all’ottima chimica che si instaura tra il cast. Ma il vero punto di forza di questa situation comedy è la sua capacità di far sorridere in un contesto altrimenti drammatico come quello della morte e dei necrologi. Sebbene serpeggi per tutti gli episodi un senso di amara accettazione delle vite che finiscono e che si lasciano alle spalle cuori spezzati e storie non portate a termine, Non sono ancora morta non sceglie mai la strada (facile) dei ricatti emotivi, non spinge sull’acceleratore della commozione, né si perde nella testardaggine di dover ridere a ogni costo. C’è un equilibrio elegante e delicato tra il divertimento e la commozione, tra le risate e la riflessione incentrata su tutta una generazione che, di base, non ha visto concretizzarsi tutte quelle promesse che la società gli aveva fatto quando spingeva tutti a inseguire i propri sogni secondo la narrazione tossica del “se ci credi davvero niente è impossibile.”

Da questo punto di vista Non sono ancora morta è una serie televisiva attuale, ben inserita nel contesto sociale e culturale di oggi, di quei trentenni e quarantenni che sono costretti ancora a reinventarsi giorno dopo giorno, giocando come acrobati tra le responsabilità, la precarietà e la consapevolezza che non sempre i sogni possono aiutarti a realizzarti. L’escamotage, poi, di far interagire la protagonista con le persone di cui deve scrivere è un vero spasso, ma allo stesso tempo concede allo spettatore anche la possibilità di riflettere sulla comunicazione odierna. Viviamo in un mondo dove tutti possono scrivere quello che vogliono: i social sono diventati un’enorme e pericolosa tela bianca in cui c’è tanta gente che fa divulgazione, ma anche tanti altri personaggi che condividono odio, che lanciano notizie senza controllare le fonti e anzi divertendosi quasi a condividere fake news, come ha dimostrato l’ascesa dei complottisti durante l’epoca della pandemia, quando la verità veniva trasformata in un complotto manovrato dai grandi per distruggere l’umanità. Senza avere chissà quali ambizioni socio-politiche, Non sono ancora morta invita a riflettere su quello che si scrive, insiste sull’importanza delle storie ben scritte e ben documentate. Di base, sembra suggerire l’importanza di quel motto per cui la cosa davvero importante è scrivere di ciò che sappiamo.

Non sono ancora morta non è una serie che brilla di un’astuta originalità: alcuni sviluppi sono alquanto prevedibili se non proprio banali. Ma il tutto è realizzata con un’onestà e una sincerità di intenti che al pubblico non interessa sottolineare di sapere già come determinate dinamiche andranno a finire. A prescindere dal tema di base e dalla gallerie di deceduti che sfilano sullo schermo, Non sono ancora morta è una serie che fa stare bene. Che invita alla riflessione senza necessariamente trasformarsi in una call to action, una chiamata alle armi dal valore educativo. Gina Rodriguez, infine, è davvero adorabile nel ruolo di questa donna distrutta dal di dentro, che si ricostruisce sulle macerie della vita che pensava di essere riuscita a costruirsi. Promosso.

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