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Madeleine Collins, recensione del bel film con Virginie Efira

'Madeleine Collins' è un film che unisce a una regia consapevole una protagonista, Virginie Efira, che irretisce lo spettatore, gettandolo sotto il proprio incantesimo

Dopo essere passato alla sezione Giornate degli Autori della 78a Mostra Internazionale d'Arte Cinematografica di Venezia, Madeleine Collins di Antoine Barraud è pronto ad arrivare al cinema grazie a Movie Inspired. Sulla sceneggiatura di Antoine Barraud e Hélèna Klotz, Madeleine Collins è un film drammatico con venature thriller che posa gran parte delle sue qualità sulla straordinaria capacità attoriale della sua protagonista, Virginie Efira.

Judith (Virginie Efira) è una donna bella e di successo che ha una doppia vita. In Francia vive con Melvil (Bruno Salomone) e due figli grandi, dove ha una vita economicamente privilegiata. In Svizzera, invece, Judith vive con Abdel (Quim Gutierrez) e la figlia, la piccola Ninon. Una doppia vita, questa, che è costruita su una serie di viaggi, di bugie e di cose non dette. Judith si mostra senz'altro abile nel mantenere questo genere di equilibrio, ma pian piano i pezzi del puzzle cominciano a colare a picco e la donna si vedrà costretta a rivedere le sue priorità, ma anche la sua stessa vita.

Aprendosi con un piano sequenza che sembra distaccato dalla narrazione successiva, Madeleine Collins si mostra allo spettatore immediatamente come un film che ha un buon impianto registico. La macchina da presa fa sentire la sua presenza, diventa visibile, a tratti invadente: la regia di Barraud è, in qualche modo, un personaggio aggiunto, un occhio pieno di voyeuristica curiosità che si muove e si insinua all'interno della vita di Judith come un serpente che non vede l'ora di scoprire misteri e segreti. Questa presenza quasi tattile della regia non è tuttavia un elemento negativo che appesantisce la storia o da la sensazione di un manierismo messo in bella mostra tanto per far scena di sé. Al contrario dimostra la padronanza del mezzo del regista e da a tutto il film un sentore di minaccia e, insieme, di predestinazione, che aumenta il coinvolgimento di chi guarda, assumendo quasi le sembianze di un thriller al cardiopalma.

Va però riconosciuto che nella seconda metà del film queste caratteristiche vengono leggermente meno: non che la cosa sorprenda. Di fatto, quasi sempre in ambito cinematografico, la ricerca del mistero è più interessante del mistero stesso. Quando tutto viene in superficie e si scoprono i motivi dietro gli atteggiamenti dei protagonisti – sebbene la costruzione sia abile a mantenerli nascosti il più a lungo possibile – il film vira molto più sul lato drammatico. Rimane molto godibile, ma parte della sua scintilla si spegne.

Altra nota di merito è, come dicevamo in apertura, la bravura di Virginie Efira che riesce a dare mille volti alla sua protagonista, offrendo anche un ampio ventaglio di emozioni. Il suo volto diventa argilla, una materia dove l'arte della manipolazione diventa talento e dannazione al tempo stesso. Sulle sue spalle si regge quasi tutto il film e l'attrice dimostra non solo di essere in grado di sopportare il fardello, ma anche di aggiungere del suo alle richieste del regista. Madeleine Collins è, senza dubbio, Virginie Efira. La macchina da presa sembra così innamorata del suo talento da spingere lo spettatore a fare qualcosa di molto simile. È impossibile distogliere l'attenzione e lo sguardo da questa protagonista sfuggente, misteriosa, ma anche così stretta in una morsa di paura e tristezza da offrire numerosi livelli di lettura.

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