Recensione Lo Hobbit: la battaglia delle cinque armate
Anche la saga de Lo Hobbit è giunta al capitolo conclusivo. Così dopo circa quindici anni dal suo inizio si conclude il viaggio cinematografico, realizzato da Peter Jackson, all'interno della Terra di Mezzo.
di Giorgia Tropiano / 13.12.2014 Voto: 6/10
Lo Hobbit: la battaglia delle cinque armate è il capitolo finale della saga de Lo Hobbit, realizzata in tutto e per tutto da Peter Jackson, che va a rappresentare e concludere un percorso iniziato più di quindici anni fa con la trilogia più famosa e premiata dell'universo cinematografico, quella de Il Signore degli anelli, anni di duro lavoro che hanno per sempre cambiato la vita di molte persone, in primis quella del suo regista, ma anche degli attori che vi hanno preso parte ma soprattutto quella dell'economia cinematografica neozelandese, dove Jackson ha costruito degli stabilimenti di sua proprietà con tanto di studi di postproduzione. Con questo ultimo film si concludono le avventure epiche di Bilbo Baggins (Martin Freeman), che lo hanno portato lontano da casa per unirsi alla Compagnia dei Nani. Ricchissimo il cast di attori che riprendono il loro ruolo già presente ne Il Signore degli anelli come Cate Blanchett, Ian McKellen, Lee Pace, Orlando Bloom, Hugo Weaving e Christopher Lee, altri invece introdotti nei capitoli precedenti de la trilogia de Lo Hobbit: Luke Evans, Evangeline Lily, Richard Armitage, Benedict Cumberbatch (voce del Drago Smaug e di Dark Lord Sauron) e Manu Bennett che dà corpo e voce all'orco cattivo Azog.
Dopo che la compagnia formata da tredici nani e Bilbo Baggins hanno risvegliato il terribile drago Smaug, ora devono affrontare la sua furia che sta per scatenarsi sulla cittadina di Pontelagolungo. Nel frattempo l'orco Azog il profanatore sta mettendo su un'armata formata da orchi e mannari pronti ad iniziare una guerra non appena il segnale del Signore Oscuro verrà lanciato. Anche gli Elfi Silvani di Bosco Atro, guidati da Re Thranduil, sono pronti a scendere in battaglia per rivendicare ai nani una parte del tesoro di Erebor, all'interno della montagna. Quando tutti queste fazioni si troveranno nello stesso momento nello stesso luogo inizierà quella che è famosa come la Battaglia dei Cinque Eserciti, dove anche i più insospettabili dovranno unirsi ed aiutarsi per poter sconfiggere l'esercito formato dal Signore Oscuro.
È indubbio che Peter Jackson abbia messo tutto se stesso nelle trasposizioni cinematografiche delle opere di Tolkien, in quei sei film che ha girato negli ultimi quindici anni, la cui lavorazione ha preso parte della sua vita e l'ha cambiata per sempre. Hanno rappresentano anche un momento importante per la storia del cinema per molti motivi e quindi è assolutamente certo che con questo film finisce (per sempre?) un qualcosa di importante. È anche fuori discussione il fatto che le due trilogie sono completamente diverse sia per qualità che per risultato finale. Può essere sbagliato fare paragoni ma quando si parla di due saghe che sono così accumunate da tanti fattori da farle risultare quasi speculari, i paragoni vengono spontanei.
Vogliamo comunque lasciarli da parte e parlare unicamente de La battaglia delle cinque armate. A nostro avviso questo rappresenta il capitolo più debole della saga. Tolta la prima parte in cui è protagonista il feroce Drago Smaug, indubbiamente molto spettacolare, e la battaglia finale, anch'essa impressionante per la resa e gli effetti speciali, compreso il duello finale tra Thorin Scudodiquercia e Azog, il resto della pellicola scorre lenta, con tanti punti morti. Come si era già pronosticato all'inizio, dividere un libro breve come Lo Hobbit in tre lunghi film è stato un azzardo bello e buono e infatti il risultato finale ne ha risentito parecchio. Due sole pellicole sarebbero state più che sufficienti a sviscerare per bene la storia, è proprio questo il motivo che ha portato alla noia dello spettatore nel vedere questo capitolo finale. Ovviamente parliamo comunque di un film realizzato perfettamente e che sicuramente non scontenterà i fan della saga ma la parte narrativa, così dilatata, ha reso difficile la fluidità della storia.