La variabile umana
Recensione del film La variabile umana, opera prima di Bruno Oliviero, con Silvio Orlando: film curato, che racconta la realtà anche attraverso la finzione con forte rimando alla contemporaneità.
di redazione / 10.08.2013 Voto: 7/10
La variabile umana è l'opera prima di Bruno Oliviero, che passa al lungometraggio di finzione dopo aver diretto diversi documentari, molti dei quali presentati in occasione di importanti festival internazionali.
Protagonista è l'ispettore Monaco (Silvio Orlando), un esperto investigatore della polizia, chiuso nel suo lavoro dove si è rifugiato dopo la morte della moglie trascurando la figlia Linda, ma anche stanco di quella routine. La stessa sera in cui finisce in questura proprio sua figlia trovata in possesso di una pistola, Monaco si ritrova ad indagare sull'omicidio del noto imprenditore milanese Ullrich che si scopre invischiato in un giro di giovanissime escort. Aiutato dall'amico e allievo Levi (Giuseppe Battiston), l'ispettore sempre più vicino alla verità dovrà confrontarsi con ardui dilemmi morali.
La caratteristica fondamentale di Monaco è la scissione tra vita privata e lavoro, fra i quali trionfa sicuramente il primo sebbene il film si concentri soprattutto sull'aspetto personale del protagonista. Un'ambivalenza sottolineata da uno stile registico che alterna sequenze misurate e strutturate nell'ambito dell'ufficio mentre domina l'utilizzo della camera a mano, più semplice e naturalistica, nell'ambiente intimo e racchiuso della casa.
Il tema del doppio si rispecchia nella città di Milano dove è ambientato il film, un luogo che diviene quasi un personaggio: c'è la metropoli alta, quella calma e tranquilla dei grattacieli, poi c'è la città bassa delle strade dove si aggira un' umanità varia e formicolante, un luogo certamente caotico ed in qualche modo malsano ma di sicuro più umano. Due aspetti del medesimo contesto cittadino uniti dallo stesso clima piovoso e freddo, anche dal punto di vista morale, che contribuisce a creare un' atmosfera sospesa e costante fino alla scoperta della sconvolgente realtà, specchio della condizione psicologica del protagonista che non riesce a ritornare a vivere dopo il pesante lutto subìto. Concorrono a quest'andamento surreale anche le musiche opera di Michael Stevens, il compositore di molte delle colonne sonore dei film di Clint Eastwood.
Su questa ambientazione aleggia l'ingombrante presenza delle istituzioni all'interno della vicenda: istituzioni sempre presenti ma che non si vedono e non si affrontano, si sente solo il vociferare, unica cosa capaci di produrre. Lo stesso Monaco si rifiuta di farsi proteggere dal complicato apparato burocratico in cui è inserito, a sottolineare che persa la moglie sono andati persi anche i legami con il mondo reale ai quali si può riagganciare solo attraverso un forte shock.
Ottime interpretazioni conferiscono particolare drammaticità agli eventi raccontati in La variabile umana, tra cui spicca sicuramente Silvio Orlando sebbene in una parte all'apparenza per lui inusuale. Nel complesso La variabile umana è un film curato, che racconta la realtà anche attraverso la finzione con forte rimando alla contemporaneità. Una buona opera prima.