Due interpreti affermati si confrontano in questo dramma familiare diretto da Catherine Hardwicke, che ruota intorno ai legami fra genitori e figli e al concetto di colpe e redenzione, che sul finale vira verso il crime thriller.
Arriva da noi direttamente per il mercato home video il film La figlia del prigioniero, presentato nel 2022 al Festival del Cinema di Toronto; la storia è ambientata a Las Vegas, dove Maxine, detta Maxie (Kate Beckinsale) è una madre single che si barcamena tra lavoretti mal pagati per crescere il figlio Ezra (Christopher Convery), che ha bisogno costante di medicinali per prevenire le crisi epilettiche di cui soffre, e ha un padre immaturo e inaffidabile, Tyler (Tyson Ritter), l’ex marito di Maxie. È così che la donna, per riuscire a pagare le spese essenziali, accetta controvoglia la richiesta di suo padre Max (Brian Cox), un ex criminale che ha passato gran parte della sua vita adulta in prigione, e che da più di dieci anni ha perso i contatti con la sua famiglia; a Max però è stato appena diagnosticato un tumore al pancreas in fase terminale, e quindi gli è stato concesso il permesso di ottenere gli arresti domiciliari per l’ultimo periodo della sua vita, che lui vorrebbe trascorrere con la figlia e il nipote: Maxie decide quindi di accogliere il padre in quella che è la loro vecchia casa di famiglia, a condizione che lui paghi l’affitto e le proprie spese e che non riveli la sua vera identità a Ezra; inizia così un’inattesa convivenza che porterà alcuni cambiamenti nella vita di tutti e tre i personaggi.
La figlia del prigioniero è dunque un film che, alla base, si può definire un classico dramma familiare, al centro del quale troviamo una serie di personaggi ammaccati in vario modo dalla vita, ciascuno alle prese con le sue personali difficoltà, speranze più o meno disilluse, e una voglia di riscatto che si alterna invece a momenti di sconforto o di rassegnazione, oltre ai prevedibili rimpianti e rimorsi. In tutto questo, il tema del carcere offre sicuramente un modo per introdurre il concetto di redenzione, che porta inevitabilmente, specie nel caso di una persona che sa di non avere più molto tempo davanti a sé, a fare i conti con il proprio passato: questa diventa così un’occasione per riportare a galla sentimenti e sensazioni che si era cercato di seppellire o rimuovere, così come tutti quei non detti che diventano traumi irrisolti, ma che ci si porta dietro anche in età adulta e che finiscono per condizionare anche le proprie scelte di vita future.
Al centro della trama ci sono dunque i rapporti familiari, in particolar modo quello tra un padre e una figlia ma anche quello, speculare, tra una madre e un figlio, per mostrare anche come le generazioni più giovani portino sempre in sé il peso dell’esempio e delle decisioni degli adulti.
La sceneggiatura del film non offre scenari o personaggi particolarmente inventivi, ma si limita a ripercorrere canoni abbastanza consueti e quindi anche prevedibili, e ha attirato così anche critiche piuttosto negative alla pellicola in patria, da parte di chi era pronto a salutarla come un ritorno al cinema indie della regista Catherine Hardwicke (debuttante con Thirteen-13 anni, ma autrice anche del primo film della saga di Twilight e, più di recente, della deludente crime comedy Mafia Mamma) e invece ha lamentato una scarsa definizione dei personaggi e una trama inconsistente; si tratta in effetti di una storia che, sebbene non possieda veri e propri errori marchiani, resta per lo più abbastanza in superficie sia per quanto riguarda il tratteggio dei protagonisti che nello sviluppo delle vicende, con alcune sottotrame che hanno essenzialmente la funzione di mandare avanti la storia ma per il resto sono poco stimolanti o non gestite al meglio: il personaggio di Tyler, ad esempio, (interpretato da Tyson Ritter che nella realtà è un vero musicista, oltre che attore, leader della band The All-American Rejects) è piuttosto stereotipato e quando, ad un certo punto, prende il sopravvento, facendo virare quasi il film da dramma familiare verso il crime thriller, l’effetto non è dei più convincenti.
Brian Cox, attore di grandissima esperienza e mestiere, con un curriculum che spazia dai ruoli shakespeariani ai comic movies, la cui carriera negli ultimi anni ha avuto una nuova impennata di popolarità e riconoscimenti grazie alla serie diventata di culto Succession, qui stabilisce una buona sintonia attoriale con Kate Beckinsale e anche con il giovane e promettente Christopher Convery (già visto nell’horror The boy-La maledizione di Brahms e nella serie Gotham), costituendo così un trio di interpreti principali accomunati da scaltrezza, precocità, e anche da una certa ironia cinica, che mettono a frutto ciascuno a suo modo.
La figlia del prigioniero è quindi un dramma che offre una storia in parte già vista ma scorrevole, per un risultato non estremamente originale ma che si affida alle interpretazioni consolidate dei suoi interpreti e alla forza dei legami familiari.
Un piccolo road movie tra le strade della Gran Bretagna, per seguire l'ultimo viaggio di…
Peter Dinklage, Anne Hathaway e Marisa Tomei sono gli interpreti principali di una commedia agrodolce…
Maya affronta il suo passato e Kingpin cerca di riconquistare la sua fiducia, ma una…
Dopo 'Sideways', si ricompone la coppia composta da Alexander Payne regista-Paul Giamatti protagonista, per una…
Episodio 3 di Echo: Maya Lopez è in fuga da Kingpin, ma deve anche proteggere…
'Chi segna vince' è il nuovo film diretto da Taika Waititi, un film sul calcio…