La Diseducazione di Cameron Post, la recensione
Cameron Post è una ragazzina del Montana che viene spedita dai parenti in un centro religioso per essere curata dalla sua omosessualità. Lì, Cameron troverà altre persone che, come lei, non hanno intenzione di reprimere la loro vera sessualità e che cercheranno in tutti i modi di incoraggiare gli altri a vivere come vogliono.
di redazione / 03.11.2018 Voto: 7/10
Dopo aver vinto il Gran Premio della Giuria al Sundance Film Festival, La Diseducazione di Cameron Post è stato presentato in anteprima italiana alla Festa del Cinema di Roma.
Dopo il successo del suo primo lungometraggio, Appropriate Behavior, la regista Desiree Akhavan decide di raccontare una storia tratta dal romanzo omonimo di Emily M. Danforth che narra le vicende di Cameron Post, una ragazza lesbica che viene spedita in un centro religioso per essere "rieducata". In questo centro Cameron troverà altri ragazzi e ragazze come lei; ognuno di loro è al God's Promise, il centro rieducativo, per diversi motivi e tutti reagiscono a loro modo alla terapia psicologica e religiosa prescritta dai due gestori e fratelli Lydia Marsh e il Reverendo Rick.
Cameron è consapevole fin dall'inizio della sua sessualità e non si fa alcun problema a nasconderla a se stessa. La ragazza sa bene che la decisione dei suoi parenti di spedirla al centro religioso non è stata presa perché ha commesso un errore ma perché è stata colta in fragrante dal suo ragazzo durante il ballo della scuola. Una volta arrivata al God's Promise, Cameron non cerca in alcun modo di reprimere la sua sessualità o di cercare di cambiare e, quando le sta per sorgere qualche dubbio rispetto ai suoi atteggiamenti, trova subito conforto in altri ragazzi che, come lei, non si vergognano di quello che sono e, grazie a loro, verrà a scoprire il passato dei due gestori.
La Diseducazione di Cameron Post è un film autentico, che non si nasconde dietro nulla ma che, anzi, mostra tutto quello che c'è da sapere sulla protagonista e sui metodi poco scientifici delle cosiddette "terapie riparative" o "terapie di conversione". Queste cure si basano sulla convinzione che ogni persona nasca eterosessuale e che ogni devianza da questa via sia data da condizioni ambientali o traumi familiari. Nel film solo alcune terapie vengono mostrate, per esempio il disegno dell'iceberg, ma bisogna sapere che sono disparate le metodologie adottate da questi terapeuti.
Il problema di questo film, se proprio dobbiamo trovarlo, sta nel colpire poco lo spettatore, i personaggi "antagonisti" si vedono poco e non hanno un forte impatto nella diegesi del racconto. Le figure negative sembrano quindi essere poco rappresentative e poco responsabili dell'orrore e del trauma cui i ragazzi vanno incontro durante le sedute psicologiche. Le scene forti cui assistiamo sono provocate più dalla consapevolezza dei ragazzi di fronte alle scarse possibilità di felicità della loro vita in quel momento più che dagli insegnamenti sbagliati dei due gestori. Insomma, gli antagonisti, se così vogliamo chiamarli, vengono poco puniti dalla drammaturgia del racconto.
Al cinema dal 31 ottobre.