Joy, recensione film di David O. Russell
Jennifer Lawrence protagonista di un film ispirato all'inventrice del Miracle Mop, il cosiddetto mocio; una storia di emancipazione al femminile, in cui ritornano anche Robert De Niro e Bradley Cooper
di Matilde Capozio / 13.01.2016 Voto: 7/10
Tra i tanti biopic che affollano ogni stagione gli schermi cinematografici, dedicati a personaggi più o meno noti del mondo dello spettacolo, dello sport, o figure storiche, eccone uno dal soggetto decisamente più insolito: Joy, nuovo film scritto e diretto da David O. Russell, si ispira infatti alla storia di colei che inventò un rivoluzionario panno per fare le pulizie, battezzato "Miracle Mop", da noi noto comunemente come il mocio.
Il film racconta la vita di Joy Mangano (Jennifer Lawrence, fresca di vittoria ai Golden Globe per questo ruolo), giovane donna che incontriamo alla fine degli anni Ottanta, in una situazione pressoché disastrosa: divorziata con bambini piccoli, un ex marito (Edgar Ramirez) che vive nello scantinato, una madre (Virginia Madsen) che trascorre la giornata guardando soap opera in tv, un padre (Robert De Niro) che ogni tanto, scaricato dalla fidanzata di turno, riappare in casa a chiedere ospitalità. Di conseguenza Joy, pur avendo sempre avuto una mente brillante, è costretta a rinunciare alle proprie ambizioni per occuparsi della famiglia; finché, un giorno, la ragazza inventa la scopa miracolosa e riesce a sfondare grazie alle televendite, in un percorso che, però, non sarà privo di insidie e difficoltà.
Joy ricostituisce quello che è ormai il mitico quartetto composto dal regista David O. Russell e i suoi attori feticcio Jennifer Lawrence, Robert De Niro e Bradley Cooper, che avevano già lavorato insieme per Il lato positivo e successivamente American Hustle.
Il regista utilizza la vicenda di Joy Mangano come parabola che coglie in pieno il tipico American Dream: esempio di duro lavoro attraverso un percorso a ostacoli celebrato poi dal successo finale; in questo caso poi si tratta anche di un cammino di indipendenza e autoaffermazione tutto al femminile, da parte di una madre single senza un partner sentimentale al proprio fianco (caso raro al cinema). Il film mette in scena una delle famiglie disfunzionali care a David O. Russell, che ama rappresentare la provincia americana e la classe operaia, giocando anche con alcuni elementi della cultura popolare, tra il kitsch e il trash: ne sono un esempio la telenovela che la madre di Joy segue religiosamente, o le televendite a cui la protagonista finisce per partecipare, modello di spettacolo rivolto alla gente comune (come spiega il personaggio di Bradley Cooper, in un ruolo minore ma importante, teorizzando un futuro dominato dai reality show).
In molti hanno criticato la scelta del soggetto di Joy, non giudicandolo sufficientemente interessante a realizzarne un film, ma nelle mani di Russell la storia diventa una dramedy a tratti surreale, apprezzabile nel ritmo, anche grazie ad una buona colonna sonora, e ad alcune scelte di regia che confermano il tocco originale dell'autore americano.
Soprattutto, il film è comunque un veicolo per l'inarrestabile ascesa di Jennifer Lawrence, qui mattatrice assoluta della pellicola, che, sebbene più giovane rispetto al personaggio, restituisce il ritratto di una donna emancipata e intraprendente in quella che sembra essere una dichiarazione d'intenti (forse non è un caso che l'attrice sia diventata recentemente un'agguerrita portavoce della parità di stipendio fra uomini e donne).