Into the Storm, la recensione
'Into the Storm' è un film che pecca di troppa superficialità nei confronti di personaggi e delle situazioni tratteggiate. Ricorrendo alla tecnica ormai usurata del Found Footage, la pellicola non presenta assolutamente niente di nuovo, ma, almeno, riesce a divertire in varie occasioni.
di Erika Pomella / 12.09.2014 Voto: 6/10
Deve essere senz'altro difficile avvicinarsi non tanto al genere catastrofico in generale, quanto all'idea di una pellicola sui tornadi quando, nell'industria cinematografica, esiste una pellicola come Twister, divenuta in pochissimo tempo un vero e proprio cult del genere. Eppure il regista Steven Quale e lo sceneggiatore John Swentam hanno deciso di raccogliere la sfida: da qui nasce Into The Storm, film costruito con la solita – e ormai stancante – tecnica del Found Footage, ponendo così la pellicola sul sentiero dei falsi documentari, di cui ormai Hollywood è stracarica.
La storia inizia nella cittadina di Silverton, nella giornata della consegna dei diplomi. Il cielo è plumbeo e nuvole cariche di pioggia cavalcano i venti; nel giro di poche ore, però, si scatena l'inferno. La città, infatti, viene bersagliata da vari tornado di grandissima potenza, arrivando al tornado più grande della storia. Da una parte, allora, abbiamo i cacciatori di tempesta (tra cui anche la Sarah Wayne Callies di The Walking Dead) che, nascosti in una sorta di super-carrarmato sfidano la potenza della natura. Dall'altra, invece, abbiamo un padre (il Richard Armitage di Lo Hobbit), che attraversa la città alla ricerca del figlio, intrappolato – insieme alla ragazza di cui è innamorato – sotto una vecchia fabbrica crollata.
Into the Storm è un film banale, a tratti insipido, che ha il demerito di perdersi lungo molteplici storylines che si intrecciano, spesso senza cognizione di causa. Tutti i personaggi sono tratteggiati con pennellate veloci e superficiali, che sembrano non trovare interessante alcun tipo di approfondimento psicologico, contentandosi invece di giocare su stereotipi ormai ben usurati in campo cinematografico. Ecco allora, ad esempio, il padre di famiglia che, a seguito della morte della compagna, si è chiuso in se stesso, diventando una sorta di cerbero con il cuore d'oro, che farebbe di tutto pur di salvare i figli. Un uomo comune che, in altre parole, si trasforma in eroe dall'armatura d'oro, capace di fronteggiare – quasi da solo – la forza della natura. Discorso simile si può fare per i cacciatori di tempeste: abbiamo la madre single, pronta ad essere salvata dall'eroe di cui sopra; il giovane spaventato dalla nuova avventura e, infine, persino lo scapolo incallito che nella vita non ha altri interessi se non quelli legati alla propria professione. Ogni personaggio, in altre parole, risponde alla caratteristiche di una tipologia prestabilita di essere umano, senza che però gli sia concessa la profondità dell'umanità.
La sufficienza, tuttavia, Into The Storm la raggiunge grazie a degli ottimi effetti visivi che, in una o due occasioni, fanno veramente venire i brividi a chi guarda. Da una parte con le riprese devastanti dei vari tornado e dall'altra con una sorta di soggettiva divina, tra sole e cielo, in un'oasi di pace circondata dalla morte e dalla violenza. Inoltre Into the storm ha il merito di divertire il pubblico. D'accordo, magari l'intento era quello di creare una forte tensione – e, in una scena all'interno della scuola, l'intento viene centrato -, ma l'ora e mezza di durata della pellicola fila via senza troppa fatica.