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Recensione Il nome del figlio

Il nome del figlio è un esempio felice di collaborazione e intesa fra sceneggiatura di qualità, regia coraggiosa e cast di livello; Non è però un film perfetto.

Dopo una pausa lunga diversi anni, Francesca Archibugi torna dietro la macchina da presa per dirigere Il nome del figlio, commedia corale ispirata alla pièce teatrale Le prénome (di Alexandre de La Patellière e Matthieu Delaporte) che aveva a sua volta già ispirato il film francese di successo Cena tra amici (2012).

Paolo e Simona aspettano un bambino. In occasione di una cena in cui sono coinvolti la sorella di Paolo e gli amici di una vita, la scelta del nome del nascituro porterà ad un'accesa ed articolata discussione che riporterà a galla vecchi rancori, vecchie gioie e segreti mai svelati prima.

I fondamenti della trama sono molto semplici, ma Il nome del figlio non si presenta come un semplice remake del lungometraggio francese, questo perché la storia si sviluppa partendo dalle basi minime della pièce teatrale evolvendosi, però, in maniera più originale: sfruttando tempi, temi e comicità molto diverse. Il risultato è sorprendente, ed è dovuto (oltre che alla regia) sia alla raffinatissima sceneggiatura di un mostro sacro come Francesco Piccolo, sia alla complicità venutasi a creare fra attori molto diversi. Francesca Archibugi insiste sul fatto che quattro degli interpreti siano anche registi (Alessandro Gassman, Rocco Papaleo, Luigi Lo Cascio e Valeria Golino) e su come questo abbia influito molto sulla buona riuscita del film. Ognuno di loro crea un mondo attorno a sé capace di aprirsi e chiudersi agli altri a seconda delle situazioni senza mai sembrare artificiali o artificiosi, gestiti dalla mano registica, pur essendo stati lasciati in libertà a seguire una sceneggiatura impeccabile ma ricca di spunti e occasioni di arricchimento da parte degli attori. Deliziosa intrusa in un cast di attori/registi è Micaela Ramazzotti, interprete di una ragazza di periferia dai valori semplici ma che, nel giro di una cena, si evolve, si svela, sorprende.

Ne Il nome del figlio troviamo un umorismo più raffinato e amaro di quello presente nell'omologo francese e un ritmo instancabile. A molti potrebbe quasi ricordare il Carnage di Polansky, ma le discussioni fra i personaggi sono meno "selvagge" e più costruttive e la location molto meno soffocante.
La parte finale del film potrebbe far storcere il naso ad alcuni, ma è innegabile che rappresenti una chiusa autoriale, cruda (positivamente) e originale che dona al film un grado di spontaneità ancora maggiore.

Il nome del figlio è un esempio felice di collaborazione e intesa fra una sceneggiatura di qualità, una regia coraggiosa e un cast di livello, sfruttato nel pieno delle proprie potenzialità. Non è sicuramente un film perfetto, ma è un tipo di commedia che si distacca dalla dozzinalità purtroppo ancora molto comune nelle commedie nostrane e che riesce a coinvolgere e far ridere in maniera intelligente.

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