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Il Diritto di Contare, Recensione

Il Diritto di Contare è un film che racconta, in modo semplice e con un buon equilibrio tra dramma e commedia, la straordinaria storia di tre grandi donne, che nell'America degli anni '60 hanno combattuto con determinazione contro le discriminazioni, riuscendo a realizzare i loro sogni.

Virginia, 1961. Tre donne di colore, Katherine Johnson (Taraji P. Henson), Mary Jackson (Janelle Monàe) e Dorothy Vaughan (Octavia Spencer) cercano di combattere i pregiudizi della società e di far valere il loro grande talento nella matematica e nella scienza, lavorando alla NASA. Sarà infatti proprio una di loro, grazie alla sua bravura con la matematica, che riuscirà nell'impresa di far diventare l'astronauta americano John Glenn, il primo a fare un'orbita completa della Terra.

Diretto da Theodore Melfi e basato sul libro Hidden Figures di Margot Lee Shetterly, Il Diritto di Contare è un film ben riuscito che tratta una questione importante e complessa come quella della discriminazione delle persone di colore nell' America degli anni '60. Se dal punto di vista tecnico il film appare come molto semplice e non particolarmente complesso, tuttavia il suo punto di forza, sta soprattutto nella bellezza storia che ci viene narrata, ed il modo in cui viene narrata. Il regista riesce infatti a raccontarci le vicende delle tre protagoniste con la giusta leggerezza ma anche in modo molto diretto e realistico, puntando poco sui sentimenti e molto sulla veridicità dei fatti, senza nascondere quindi anche quelle problematiche che a volte possono sembrare secondarie, ma che non lo sono. 

Quello che ci viene mostrato è la dura realtà, e ciò non viene nascosto facendo credere che tutto può risolversi in modo semplice ma facendoci vedere che Katherine, Mary, e Dorothy hanno dovuto lottare duramente, in quanto di colore, ma soprattutto in quanto donne, per ottenere quei riconoscimenti che tanto meritavano, e che qualsiasi altra persona non avrebbe invece avuto problemi ad ottenere. L'importanza della missione spaziale è in questo caso messa quasi in secondo piano, per far vedere invece il grande valore delle persone che hanno lavorato perchè tutto funzionasse al meglio.

La riuscita del film non è dovuta però solo alla storia, ma anche alla grande bravura delle attrici protagoniste, ognuna delle quali riesce a rendere unica e particolare la propria performance. Altri personaggi secondari avrebbero forse meritato uno spazio più ampio, come quelli di Kirsten Dunst e di Jim Parsons, che in questo caso appaiono anche un po' sottotono. Come sempre bravissimo invece Kevin Costner, con un ruolo, quello di Al Harrison, che gli calza alla perfezione.

Da menzionare positivamente sono inoltre i costumi e le bellissime musiche, con sonorità jazz, che ci coinvolgono e ci riportano indietro nel tempo.

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