Recensione: Ho ucciso Napoleone
Micaela Ramazzotti protagonista di una black comedy nei panni di una vendicatrice pronta a tutto per ottenere quello che vuole.
di Matilde Capozio / 26.03.2015 Voto: 6/10
"Nella vendetta e nell'amore la donna è più barbarica dell'uomo" affermava Nietzsche qualche tempo fa.
Ed è proprio di amore e vendetta al femminile che si occupa Ho ucciso Napoleone, di Giorgia Farina.
Protagonista del film è Anita (Micaela Ramazzotti) che, dopo un'infanzia difficile in una stravagante famiglia, ha deciso di mettere da parte sentimenti ed emozioni, come "un sofficino congelato" dice lei, e votarsi anima e corpo alla carriera. La sua vita, però, subisce una svolta imprevista quando rimane incinta in seguito a una relazione clandestina con il suo capo (Adriano Giannini), già sposato e padre, e subito dopo, Anita viene licenziata. La donna decide allora di mettere in atto un piano per riprendersi il suo posto di lavoro, con l'aiuto di un gruppo di persone, tra cui un timido collega (Libero De Rienzo), e delle nuove amiche conosciute al parco.
Ho ucciso Napoleone è il secondo film della giovane regista Giorgia Farina, che aveva esordito due anni fa con la black comedy tutta al femminile Amiche da morire; anche qui lo sguardo dell'autrice si concentra sul gentil sesso in versione anarchica e controcorrente: la protagonista rappresenta infatti la donna moderna, non più (o non solo) dipendente da un uomo, ma ambiziosa, cinica e calcolatrice, pronta a lottare senza piangersi addosso. Non sono meno importanti i personaggi maschili, in una storia dove nessuno è quello che sembra, e di ciascuno si evidenziano soprattutto difetti, fragilità e doppiezza.
Se il registro principale della pellicola è ancora quello della commedia nera, il film gioca con diversi generi cinematografici, dal thriller al noir, fino al pulp, con echi tarantiniani e un gusto per l'immagine che si esplicita nelle atmosfere, nei colori e in certi dettagli (l'acconciatura di Anita che rimanda a un paio di corna diavolesche).
Nel cast, oltre a una divertita Micaela Ramazzotti che gioca a ribaltare lo stereotipo della femme fatale, troviamo una serie di azzeccati co-protagonisti, da Adriano Giannini a Libero De Rienzo, fino a Elena Sofia Ricci, ognuno alle prese con personaggi ambigui, spesso anche sgradevoli; ed è con queste ambiguità che gioca la trama del film, che si snoda tra un colpo di scena e l'altro, in una vicenda che si fa sempre più ingarbugliata, quasi fin troppo, in certi momenti. Rimane comunque l'apprezzabile tentativo dell'autrice di realizzare un cinema con uno sguardo al femminile, con al centro della storia una protagonista non convenzionale, in un'opera che cerca di uscire dai generi proponendo un umorismo più cinico e tagliente rispetto alla commedia italiana più classica.