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Her, la recensione

Her di Spike Jonze è una storia d'amore anticonvenzionale fra un uomo e un sistema opearativo, un film sulla difficoltà di comunicazione e sui rapporti umani e non umani.

Presentato già al 51esimo New York Film Festival, dove era stato selezionato come evento di chiusura, arriva finalmente anche al Festival di Roma Her, uno dei film in concorso più attesi sia per le recensioni entusiaste ricevute oltreoceano sia per l'importanza del cast fra cui una Scarlett Johansson protagonista di uno dei red carpet più affollati della manifestazione. Anche Joaquin Phoenix non è stato da meno, in conferenza stampa l'attore ha raccontato che se non fosse stato per la sua agente (e sorella) probabilmente non avrebbe mai visionato la sceneggiatura giuntagli durante la lavorazione di The Master che, ricordiamo, nel 2012 gli fruttò la Coppa Volpi alla Mostra di Venezia.

Her è ambientato a Los Angeles in un futuro abbastanza prossimo e racconta di Theodore (Joaquin Phoenix) uomo che per mestiere scrive lettere per conto di altri e che intesse una strana relazione con Samantha (Scarlett Johansson) ultimo ritrovato della tecnologia, un sistema operativo avanzato in grado di sviluppare empatia e di provare emozioni ma soprattutto di evolversi accumulando esperienza. Una storia nata da una serie di riflessioni fatte dal regista Spike Jonze sulla comunicazione e lo sviluppo dei rapporti sociali in una contemporaneità sempre più pervasa dalla presenza imperante ed essenziale della tecnologia. Her narra un amore anticonvenzionale ricordando per alcuni versi il Rick Deckarth e la Rachel di Blade Runner, cult movie del genere fantascientifico in cui il protagonista si innamorava di un replicante ovvero una specie di macchina umanoide che con il tempo aveva sviluppato la capacità di provare sensazioni ed emozioni soffrendo conseguentemente per il suo essere artificiale.

A parte il citazionismo Her riprende la tematica del rapporto uomo – macchina, lo fa trasferendola dal fantascientifico al prossimamente realizzabile, elabora cioè un'ipotesi probabilmente possibile. Con in sottofondo i magnifici Arcade Fire Jonze costruisce una parabola sui rapporti umani, sulla difficoltà di comunicazione, sulla solitudine distruttiva che attanaglia Theodore per la separazione dalla moglie (Rooney Mara), una solitudine colmata da una virtualità tecnologica che finisce per divenire quasi reale (o forse lo è?). Grazie ad un'ottima sceneggiatura, a volte di una sensibilità disarmante, il film riesce nel difficile intento di portare avanti un intreccio basato sull'evoluzione di una relazione che si sviluppa esclusivamente attraverso il  dialogo rendendo pienamente la presenza incorporea della Johansoon che di fatto non vediamo mai. Delicato, profondo, con dei grandissimi interpreti e mai pretenzioso Her si conferma come una delle migliori pellicole viste fino ad ora al festival.

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