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Giovani ribelli – Kill Your Darlings

Giovani ribelli - Kill Your Darlings è un film bello, che ci porta a conoscere un nuovo Daniel Radcliffe, un ragazzo che cerca di dar sfogo alle proprie velleità poetiche e narrative. E' interessante, divertente e con un cast azzeccato.

Ossessionato dal ruolo di Harry Potter – che l'ha reso famoso e che per buona misura lo inseguirà per gran parte della sua carriera – il giovane attore britannico Daniel Radcliffe presta questa volta la propria individualità ad un altro tipo di eroe. Abbandonata la bacchetta e i fasti della scuola di magia e stregoneria di Hogwarts, l'attore è il protagonista di Kill your darlingsil film di John Krokidas presentato in anteprima alla 70esima Mostra Internazionale d'Arte Cinematografica di Venezia. Al centro della storia ci sono i primi, ruggenti anni di quella che poi sarebbe divenuta la Beat Generation, una vera e propria vena sotterranea che ha percorso la storia e la cultura non solo degli Stati Uniti d'America, ma del mondo intero.

Radcliffe è Allen Ginsberg, un giovane ragazzo appena iscritto alla Columbia University di New York, dove spera di dar sfogo alle proprie velleità poetiche e narrative, ereditate dal padre poeta. L'anno è il 1944 e mentre la Seconda Guerra Mondiale rimanda solo un labile eco nella vita del giovane, Allen è tutto preso da un nuovo ambiente che sente carico di prospettive. Questo grazie soprattutto a Lucien (Dane DeHaan), uno studente che sogna di rivoluzionare il mondo della prosa e della poesia con un nuovo movimento, denominato A new vision, in omaggio ad una poesia di Yeats. Lucien cattura subito l'attenzione di Allen che se ne innamora, senza però avere il coraggio di fare il primo passo. Questo non solo perchè Lucien si mostra piuttosto ambiguo, ma anche e soprattutto a causa della presenza di David Kammerer (uno strepitoso Michael C. Hall), un ex insegnante di inglese che ora fa il bidello, "rovinato" dal suo amore ossessivo per Lucien. Intanto, intorno ad Allen fioriscono i maggiori talenti dell'epoca: da William Burroughs (Ben Foster), al più conosciuto Jack Kerouac (Jack Houston). Quasi senza accorgersene, Allen entra a far parte di questo gruppo in quella che poi diventerà una sorta di danse macabre, dove omicidi e viltà la fanno da padrone.

Lo diciamo senza mezzi termini: Kill your darlings è un film bello. Un'operazione riuscita sia dal punto di vista contenutistico che da quello formale. John Krokidas ripercorre le impennate ruggenti degli anni 'Quaranta e lo fa con uno stile particolare. Il regista colora il proprio mondo diegetico con pennellate quasi schizofreniche, dove le droghe e i fumi dell'alcol diventano espedienti narrativi per permettere alla macchina da presa di diventare una sorta di cantastore, un trovatore che gioca con passato e presente per costruire un mondo fatto di cose dette ma andate perdute nel marasma dell'esperienza umana. Colori accesi e una colonna sonora imponente cooperano alla costruzione di un racconto da cui è difficile distogliere lo sguardo, specie quando si realizza che quanto portato in scena è tratto da un'incredibile storia vera.

Pur scegliendo tematiche tutt'altro che leggere – si va dall'omosessualità alla guerra, passando per la pazzia e la persecuzione – John Krokidas riesce a creare un universo pulp e multiforme, cangiante come gli animi ribelli messi in scena, che riesce a strappare più di una risata, risvegliando l'interesse dello spettatore e arpionando la sua attenzione, senza nessun calo di ritmo. Tutto questo, naturalmente, reso possibile dall'azzecata scelta del cast. Daniel Radcliffe si lancia in scene d'amore e di sesso, scendendo a patti con il suo personaggio; la macchina da presa allora diventa una sorta di occhio aggiunto, una protesi che si impossessa della visuale del personaggio e si impegna a sviscerare il mondo circostante. Ma il plauso maggiore va fatto senz'altro a Michael C. Hall che, dismessi per sempre i panni del serial killer Dexter Morgan, tratteggia con delicatezza il ritratto di un uomo devastato, distrutto fin dentro l'anima, che commuove per il suo patetismo lampante e che porta lo spettatore a provare una forte empatia, mentre si lascia guardare, vulnerabile e disarmato, nascondendosi dietro una barba incolta e gli occhi velati di chi sa che sta assistendo alla fine del mondo quale lo si è sempre conosciuto. Perchè Kill your Darling parla essenzialmente di questo: non può esserci nessun inizio senza la parola fine.

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